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Si chiama cyberbullismo e, purtroppo, è un fenomeno noto già da tempo. È l’espressione dell’aggressività, lo scherno, la frustrazione e l’inadeguatezza di parte delle nuove generazioni, figlie della tecnologia, che costituisce il mezzo per assoggettare i coetanei più deboli. I bulli in questo modo trovano i mezzi per aggredire gli altri ragazzi, spesso rimanendo anonimi. Il computer, il telefonino o il tablet diventano gli scudi con i quali compiere una battaglia contro i più fragili, mentre le spade e le frecce sono sms, foto compromettenti, insulti e minacce. Secondo la Polizia Postale, nella metà delle scuole italiane ci sono stati episodi di cyberbullismo.
Più forti dietro al pc
I nuovi bulli, gli adepti del cyberbullismo, si nascondono dietro ai mezzi tecnologici. Colpire di nascosto è la loro prerogativa. Lo conferma il Censis che, in collaborazione con la Polizia Postale, ha presentato i risultati dell’indagine “Uso consapevole dei media digitali”, svolta attraverso questionari inviati nelle scuole, cui hanno risposto 1.727 presidi delle medie e delle superiori. Il 77% di essi ritiene, infatti, che Internet sia l’ambiente dove avvengono più frequentemente i fenomeni di bullismo, più che nei luoghi di aggregazione dei giovani (47%), nel tragitto tra casa e scuola (35%) o all’interno della scuola stessa (24%).
Chi sono i cyberbulli
Minacce, vessazioni, foto compromettenti, insulti: sono tanti i modi in cui il cyberbullo attacca i coetanei ritenuti più deboli. Nel 10% dei casi lo fa con il sexting, l’invio di foto o video sessualmente espliciti, e nel 3% con l’adescamento online (a volte perpetrato da un adulto). I cyberbulli sono sia maschi sia femmine, secondo il 70% dei presidi, per il 19% invece sono in prevalenza ragazze e per l’11% soprattutto ragazzi. Un ragazzo su due (il 52,7%) nell’ultimo anno è stato preso di mira almeno una volta dai bulli.
I genitori minimizzano
I genitori sembrano avere poca percezione del problema, etichettando gli episodi a dispetti tra ragazzi. L’81% dei dirigenti scolastici, infatti, ha osservato che tendono a minimizzare il fenomeno, ritenendo il bullismo digitale una sorta di scherzo tra ragazzi. Il 20% dei presidi ha denunciato una grande difficoltà da parte delle famiglie a capire esattamente le conseguenze di questo fenomeno.
Arginare il problema
“I sondaggi confermano l’importanza degli effetti della prevenzione nelle aule – ha detto il direttore della Polizia Postale, Roberto Di Legami -, ma il sistema scolastico ha grande difficoltà a dare continuità all’azione di prevenzione ed educazione. All’intervento episodico segue di rado una riflessione più stabile nelle classi”. Il 39% delle scuole ha già attuato alcune azioni mirate contro il cyberbullismo, previste dalle linee di orientamento del ministero dell’Istruzione e il 63% intende farlo nel corso di questo anno scolastico. Purtroppo però, nel 36% degli istituti, la partecipazione non va oltre la metà dei genitori e nel 59% dei casi solo pochi si presentano.