Musica in gravidanza

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La musica, quella che piace, quella che trasmette emozioni, legata a ricordi positivi o semplicemente a sensazioni, fa bene in tutte le fasi della vita e tanto più in gravidanza, un periodo particolarmente ricco di sensazioni, in cui si cercano i comportamenti che regalano i maggiori benefici a se stesse e al bimbo in arrivo.
Ascoltare la musica preferita è sempre piacevole, ma oggi questa certezza ha anche una base scientifica. Sono infatti stati condotti diversi studi che provano come i benefici siano oggettivi e non si limitino a una percezione della donna in attesa.
Il bebè nel pancione è influenzato dai suoni
Da tempo è certo che a 14 settimane il piccolo riconosce la voce della propria madre. Alla ventottesima settimana di gravidanza (ossia, all’incirca al settimo mese) la frequenza cardiaca del feto, normalmente rapida, rallenta leggermente quando la mamma ascolta brani musicali piacevoli: segnale di benessere e di rilassamento.
A 35 settimane, inoltre, i movimenti del bambino sarebbero addirittura influenzati dalla musica che proviene dall’esterno e, per quanto ovattata, raggiunge l’apparato uditivo del bambino all’interno del ventre materno.
La melodia preferita abbassa la pressione
Di recente però si è scoperto ancora di più. Alcuni ricercatori del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia, in Germania, hanno condotto una serie di esperimenti su donne in dolce attesa, a seguito dei quali sono giunti alla conclusione che la musica preferita può avere un effetto benefico sulla pressione sanguigna della mamma, facendola leggermente abbassare.
Sono necessarie altre conferme per capire il meccanismo che sta alla base di questo effetto, ma la diminuzione della pressione arteriosa è un fattore protettivo verso malattie che si possono presentare in gravidanza, come la gestosi.
Gli effetti, insomma, ci sarebbero sia sulla mamma sia sul bambino, anche se il mondo scientifico al momento è ancora diviso in proposito. Il Nichd (The Eunice Kennedy Shriver National Institute of Child Health and Human Development, uno dei National Institutes of Health del Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti), sostiene infatti che il feto nella placenta si troverebbe in una sorta di isolamento acustico che ostacolerebbe la corretta percezione dei suoni.
Contro questa teoria si sono schierati però vari esperimenti, condotti su bimbi già nati da donne che avevano l’abitudine di ascoltare la musica, che hanno mostrato come i bebè reagissero ascoltando le melodie che la mamma preferiva ascoltare in attesa.
Un’eco del benessere materno
Insomma, il feto è effettivamente protetto dal liquido amniotico, dai tessuti muscolari e cutanei della madre, ma un’eco lontana di musiche, ritmi e suoni gli arriva di certo, tanto da mostrare di riconoscerli. Inoltre il bambino beneficia del benessere vissuto dalla mamma.
Quando infatti una donna in attesa ascolta una bella musica, il suo sistema nervoso centrale stimola la produzione di endorfine, i cosiddetti “ormoni della serenità” che conferiscono una sensazione di relax e benessere. Tutto questo va anche a vantaggio del bimbo che, mentre cresce nel pancione, avverte le emozioni e le sensazioni della mamma.
Melodie classiche e ritmi lenti
Ascoltare della buona musica insomma fa bene: ma solo se piace e la si ascolta volentieri. Non si deve vivere questo momento come una sorta di “terapia”: in questo caso non si proverebbe piacere, ma solo noia e tutti i benefici per il bambino e per se stesse verrebbero meno.
Anche il tipo di melodia scelta è importante: solitamente sono consigliate la musica classica o i suoni new age, ma se questi generi non piacciono si possono scegliere altri tipo, in base ai propri gusti. In generale si consigliano ritmi piuttosto lenti, che contribuiscano a creare un’atmosfera di serena tranquillità.

Fonti / Bibliografia

La musicoterapia in gravidanza aiuta a prevenire la dislessia

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29/10/2013 Musica in gravidanza di “La Redazione”

I suoni percepiti dal feto possono plasmare lo sviluppo del cervello e influenzare l’apprendimento del linguaggio in modo da prevenire la dislessia   »