Prima settimana post parto

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 13/01/2015 Aggiornato il 13/01/2015

Una volta tornata a casa, la mamma deve riprendersi dalle fatiche del parto e, parallelamente, deve occuparsi del bebè a tempo pieno. Il piccolo, infatti, necessita di cure massime

Parto in casa: è meglio se la futura mamma sta bene

Tra riposo e bebè

A tutto questo si aggiungono le quotidiane faccende domestiche da sbrigare, come la spesa e la pulizia della casa, le commissioni e gli impegni di routine. La mamma deve evitare di caricarsi di troppe responsabilità, perché è necessario che si riposi quando le è possibile farlo. La cosa migliore è chiedere ed accettare l’aiuto di qualcuno. Per esempio, ci si può far aiutare dalla nonna o da una colf nelle pulizie di casa, il papà può occuparsi di fare la spesa e sbrigare alcune commissioni. L’importante è che la mamma non esiti a chiedere aiuto se ne sente la necessità.

Tanti dubbi sull’allattamento. Bisogna alternare le mammelle?

Sì, perché entrambe i seni vanno svuotati completamente per facilitarne il successivo riempimento. Le poppate dovrebbero durare circa 20-30 minuti, alternando i seni. Bisogna ricordarsi quale mammella si è offerta per ultima al bebè ed offrirla per prima alla poppata successiva, in modo da svuotarla completamente. Il latte rimasto all’interno della mammella può provocare, infatti, ingorghi dolorosi e sfociare nella mastite, un disturbo più serio.

È normale avere le ghiandole sotto le ascelle gonfie?

Si, è un problema molto diffuso nelle mamme che allattano, dovuto al prolungamento ascellare della ghiandola mammaria. Negli ultimi mesi della gravidanza e per tutto il periodo in cui il piccolo viene nutrito al seno, si verifica un aumento del numero delle ghiandole mammarie, cioè di quelle preposte alla produzione di latte. Inoltre, anche lo strato di grasso intorno al seno, tende a prolungarsi fino alle ascelle, determinando il rigonfiamento. Il disturbo scompare con la fine dell’allattamento. È comunque opportuna una visita dal ginecologo per escludere altre cause possibili del rigonfiamento, come ad esempio un’infezione in corso.

Devo svegliare il bimbo per la poppata?

No, perché in genere il piccolo si sveglia da solo per richiedere il latte e di solito comunica questa sua esigenza con il pianto. Se al momento della poppata il piccolo dorme ancora, significa che è sazio e che si sveglierà con lo stimolo della fame. Diventa invece opportuno svegliare il bebè o attaccarlo al seno mentre dorme, se il neonato mangia poco ed è pigro. In linea di massima durante le prime settimane di vita il piccolo deve essere attaccato al seno 8/9 volte al giorno.

Se il bimbo mangia poco è perché il mio latte non è buono?

No, questa paura è del tutto infondata. Se il piccolo mangia poco ed è, quindi, sottopeso o cresce poco, si tratta più probabilmente di problemi di suzione del bebè o di disturbi di salute che il pediatra dovrebbe individuare al più presto. Il latte della mamma non è sgradito al bambino ed è il nutrimento ideale per la sua crescita sana.

Devo sospendere l’allattamento in presenza di ingorgo o di ragadi?

No, poiché in caso di ingorgo mammario la suzione del piccolo favorisce lo svuotamento dei dotti galattofori intasati di latte, che sono la causa di tale disturbo. Quindi proseguire con l’allattamento è la soluzione ideale. Anche in presenza di ragadi, sebbene la suzione del bebè provochi dolore alla mamma, non bisogna smettere di allattare, poiché potrebbero insorgere disturbi some l’ingorgo mammario o la mastite. La mamma se non riesce ad attaccare il piccolo al seno a causa del dolore provocato dalle ragadi, può provare ad indossare i paracapezzoli in silicone oppure estrarre il latte con il tiralatte ed offrirlo al bebè con il biberon, nell’attesa che i capezzoli guariscano dalle ragadi.

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