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Il fumo uccide, è stampato pure sui pacchetti di sigarette. Tuttavia, questo monito non basta a disincentivare la diffusione di questa cattiva abitudine, soprattutto tra i più giovani. Secondo il rapporto 2016 dell’Osservatorio fumo, alcol e droga (Ossfad) dell’Istituto Superiore di Sanità la fascia di età più a rischio sarebbe quella tra i 15 e i 20 anni, mentre sarebbero 11 milioni i fumatori italiani.
Perché si inizia a fumare così presto
Le ragioni della popolarità delle “bionde” sta nel potere di aggregazione della sigaretta: molti giovani hanno dichiarato infatti di aver iniziato a fumare in gruppo, emulando gli amici fumatori. Parlando di numeri, secondo il rapporto Ossfad-Doxa, il 14% dei ragazzi intervistati inizia a fumare già prima dei 15 anni, più del 71% inizia a fumare tra i 15 e i 20 anni e l’82% fuma almeno 15 sigarette al giorno.
La dipendenza diventa inevitabile
“I giovani si avvicinano a questo prodotto pensando di poterlo gestire e invece non lo gestiranno più – spiega Roberta Pacifici, esperta dell’Iss -. Questa popolazione diventerà assolutamente dipendente e passerà ai consumi tipici riscontrabili nelle altre fasce d’età”.
Intervenire prima nelle scuole
Per cercare di vincere la battaglia contro il fumo è importante il coinvolgimento delle istituzioni, a 360 gradi. Già nel 2005 con la legge Sirchia è stato imposto il divieto di fumare nei luoghi pubblici. Tuttavia, per scongiurare che le sigarette entrino a far parte della quotidianità dei più giovani, è necessaria un’efficace campagna di prevenzione nelle scuole. A questo proposito, nel 2008 è nato il progetto “No smoking be happy”, promosso dalla Fondazione Veronesi e sostenuto da quest’anno dal Ministero dell’istruzione e dell’università: in occasione della giornata mondiale senza tabacco (fissata il 31 maggio) i docenti delle scuole primarie e secondarie hanno tenuto delle lezioni sui gravi danni del fumo, promuovendo uno stile di vita sano.
Educazione fra pari
Un’altra iniziativa interessante per contrastare la diffusione del tabagismo tra i ragazzi è la cosiddetta “peer education”, ovvero educazione tra pari, che prevede la formazione di un educatore che possa essere considerato credibile dai ragazzi, con il quale interloquire in modo più diretto, poiché riconosciuto come membro del gruppo.