Il bambino e le sue capacità a 3 anni

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 13/01/2015 Aggiornato il 26/01/2015

Parla, canta, balla... Ha ormai anche la capacità di memorizzare e si diverte un mondo a ripetere le filastrocche che sente dire dalla mamma o al nido. È molto orgoglioso delle sue capacità e vuole fare da solo

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Dice brevi frasi

Il bambino di questa età ha acquisito una buona padronanza di linguaggio e non si limita più ad associare due o tre termini tra loro. Ora è in grado di produrre e pronunciare frasi un po’ più lunghe, anche se non riesce ancora a fare discorsi più complessi. Può dire piccole frasi come “mamma voglio la pasta” oppure “giochiamo con la palla colorata”. Non sa, però, ancora coniugare perfettamente i verbi e utilizzare correttamente le congiunzioni, anche se i suoi esperimenti linguistici si fanno ogni giorno più audaci. È bene ricordare, comunque, che il processo di apprendimento e sviluppo del linguaggio varia molto da bambino a bambino, per cui può succedere che alcuni parlino già molto, anche utilizzando un vocabolario ampio, mentre altri esprimano solo l’essenziale.

Ricorda le filastrocche

A questa età il piccolo, in genere, frequenta la scuola materna: qui le maestre, spesso, gli fanno imparare brevi poesie o filastrocche, magari in occasione del Natale, della festa della mamma o di festicciole organizzate dalla scuola. I bimbi non hanno difficoltà a memorizzare le cantilene apprese e amano ripeterle spesso, anche a casa davanti ai genitori, orgogliosi della propria performance. Può capitare che in certi passaggi si inceppino, saltando qualche parola o inventandosene qualcuna nuova, ma, in genere, si ricordano gran parte della filastrocche. Inoltre è sufficiente che qualcuno (come la mamma, il papà, la maestra o il fratellino) ripeta insieme a lui il testo, perché il bambino lo dica con maggiore sicurezza e con pochissime esitazioni.

Sa svestirsi da solo

Il piccolo ora è in grado di togliersi i vestiti da solo: sa alzare le braccia per sfilare il maglione, slacciarsi i pantaloni, togliersi i calzini. Ancora, però, non riesce a vestirsi senza l’aiuto di mamma o papà: cerca di infilare la maglia, ma difficilmente riesce a coordinare bene i movimenti di braccia e testa, e quando cerca di calzare i pantaloni fa fatica a mantenersi in equilibrio. Ma niente sembra scoraggiarlo. Dai tre anni in avanti, infatti, i bambini amano particolarmente sentirsi grandi e comportarsi come tali: vogliono, quindi, imitare gli adulti anche per quanto riguarda la vestizione. Ecco perché non vogliono che siano i genitori a svestirli e pretendono di farlo da soli anche quando sono stanchi.

È abile con le mani

I bambini, spinti dalla curiosità e dalla voglia di esplorazione, amano pasticciare e lavorare con le mani. Del resto, a questa età, sono molto precisi e abili in tutti i giochi manuali. Così, per esempio, amano giocare con le diverse paste da modellare, creando oggetti e animali. Ma non solo: alla scuola materna, e poi a casa, si dilettano con i collage, non solo con pezzi di carta colorata o con tessuti, ma anche con foglie, piume, nastri, batuffoli di cotone o fili di lana colorata. In genere, i piccoli adorano anche la pittura a dita (tuffare le dita nelle tempere e creare i disegni più improbabili) e i giochi con gli incastri (per esempio, con una tavola di legno dalle sagome scavate, in cui i piccoli devono mettere le forme giuste). In particolare, poi, i maschietti si dilettano a montare e smontare i vari pezzi con le costruzioni.

Sa mettere in ordine

Il bambino, anche se ancora piccolo, è già in grado di assumersi le sue prime responsabilità, come quella di riordinare la sua cameretta. Non si tratta solo di una cosa utile, ma anche necessaria: essere ordinati non significa, infatti, solo trovare un posto per ogni cosa, ma soprattutto avere delle regole che scandiscono i ritmi della giornata e trasmettono sicurezza (così come il neonato aveva bisogno di ordine e abitudinarietà, il bambino più grande ha bisogno di avere dei punti di riferimento). Ecco perché è importante insegnare al piccolo questa buona abitudine. Naturalmente non si può pretendere troppo: si può trasformare il riordino in un gioco da fare insieme, lasciando che il piccolo butti i giochi allegramente in un cestone. È bene non aspettare l’ultimo momento, quando è stravolto dal gioco, ed evitare promesse o minacce, come “se non metti a posto non usciamo”, in quanto servono solo ad aumentare l’antipatia per l’ordine. Nemmeno i premi sono una buona idea perché fanno perdere di vista i motivi per cui si mette in ordine (trovare i giochi l’indomani, poter andare a salutare papà quando torna senza calpestare e rompere la macchinina preferita).

Sa usare lo spazzolino da denti

In realtà, i bambini acquistano il coordinamento necessario per cominciare a usare lo spazzolino da soli, intorno ai due anni di vita. Ma è solo dai tre anni in poi che riescono a compiere i movimenti più difficili e a sputare il dentifricio (che quindi non va introdotto prima di questa età). Per trasformare l’appuntamento con l’igiene orale in un’occasione di gioco si può poi ricorrere a uno spazzolino-giocattolo, tutto colorato o a forma di pupazzetto che abbia le setole morbide, la testina piccola e un’impugnatura adatta alle manine del piccolo. Oppure si può proporre una gara davanti allo specchio: vince chi spazzola i denti più a lungo. I bambini amano le sfide, molto più delle regole. Se però il bambino si rifiuta di usare lo spazzolino, può essere utile puntare sul suo desiderio di sentirsi grande: spiegargli che imparare a lavarsi i denti li rende più adulti può essere più utile che ricorrere a punizioni o ricatti. Intorno ai tre anni e mezzo, poi, (prima i bambini non sono in grado di compiere i movimenti corretti), i genitori dovrebbero insegnare la tecnica giusta per la pulizia: occorre spazzolare sia la facciata esterna dei denti sia la superficie masticatoria. In seguito impareranno a pulire anche la parte interna dei denti (quella rivolta verso la lingua e il palato): questa zona è la più difficile da raggiungere con lo spazzolino, ecco perché sono in grado di farlo solo i più grandi (intorno ai quattro-cinque anni d’età).

Sa mangiare da solo

  • È importante che un bambino di tre anni sappia destreggiarsi con forchetta e cucchiaio: a questa età, infatti, ha inizio la scuola materna, dove in genere il bambino si trattiene per il pranzo di mezzogiorno. A scuola, le educatrici hanno il compito di controllare molti bambini, quindi è impossibile che riescano a dedicarsi solo a quelli che hanno difficoltà ad alimentarsi in modo autonomo. È indispensabile, quindi, che al bambino venga insegnato quanto prima a gestire da solo il meccanismo di portare il cibo da solo dal piatto alla bocca.
  • In questo, non tutti i bambini si comportano allo stesso modo: alcuni piccoli, già verso l’anno e mezzo, pretendono di usare il cucchiaio e, aiutandosi con le mani, poco per volta imparano ad alimentarsi da soli. A comportarsi così sono, in genere, i bambini più sperimentatori oppure quelli che hanno un appetito più robusto.
  • Ci sono però bambini più inappetenti o pigri che non sembrano interessati a questo “cammino verso l’indipendenza” e pretendono di essere ancora imboccati dalla mamma, servendosi del classico ricatto: “Se non mi imbocchi, non mangio”. Si tratta di un meccanismo messo in atto per costringere il genitore, preoccupato che il bambino vada incontro a carenze, ad assecondarlo in questa richiesta.
  • È importante, invece, resistere all’impulso di imboccarlo, in modo che il piccolo si renda il più possibile autonomo: dato che a scuola sarà “obbligato” ad arrangiarsi, è bene che già a casa inizi a prendere confidenza con gli strumenti che occorrono per nutrirsi. Quindi, anche se per una volta o due lascerà parte del cibo nel piatto perché mamma e papà non lo imboccano, non ne risentirà. Al contrario, il bambino capirà che è il momento di imparare a cavarsela da solo e nel giro di poco tempo non avrà più problemi.
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