Disturbi e malattie tipiche a 5 anni

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 13/01/2015 Aggiornato il 11/12/2015

Il ritmo di crescita sostenuto dal bambino può essere la causa di alcuni dolori, definiti appunto della crescita. Compaiono soprattutto di sera o di notte. Ecco come riconoscerli

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I dolori della crescita

I dolori della crescita corrispondono a un disturbo del tutto innocuo e molto frequente tra i bambini in età scolare (sembra colpirne circa il 10-20 per cento), in particolare tra i 5 e i 7 anni di età. Le cause che li determinano in realtà non sono ancora del tutto chiare anche se, di solito, si tende ad attribuirli alla velocità del ritmo di crescita articolare caratteristico di questa fase dello sviluppo: esso determinerebbe lo stiramento della membrana che riveste l’osso (il periostio) producendo una sensazione di dolore in particolare in corrispondenza degli arti inferiori. Più precisamente si tratta di dolori di tipo muscolare, simili ai campi che interessano quasi esclusivamente gli arti inferiori (solo molto di rado possono estendersi anche alla braccia) e in particolare le cosce (in profondità), i polpacci e i piedi. Spesso il bimbo li percepisce senza una localizzazione definita e più generalmente lamenta “male alle gambe”. In alcuni casi questo genere di dolore viene determinato da un’eccesso di attività fisica, una circostanza abbastanza comune nei bambini di 5-6 anni: a quest’età infatti sono dotati di una carica apparentemente inesauribile di energia che solo correndo, saltando e stando sempre in movimento sembra riuscire a ridursi un po’ al termine della giornata.

È possibile che durante le ore serali e notturne, tutto questo sforzo fisico provochi dolore in corrispondenza delle gambe: ciò dipende dal fatto che i muscoli, quando lavorano, producono l’acido lattico, una sostanza che ha bisogno di qualche ora prima di venire smaltita. Durante tale processo di eliminazione la sensazione di indolenzimento muscolare è del tutto naturale e, laddove l’acido lattico risulti particolarmente abbondante, anche i crampi. Ciò vale anche per i bambini che hanno appena cominciato a praticare una disciplina sportiva: nel corso delle prime settimane, fase in cui i muscoli devono abituarsi a questa nuova attività, i dolori muscolari si evidenziano con particolare intensità dopo gli allenamenti. Nel caso dovessero persistere per qualche mese, invece, è consigliabile consultare il pediatra per accertarsi che la disciplina sportiva scelta sia effettivamente adatta alle caratteristiche fisiche del bambino.

È importante, però, non confondere i dolori della crescita con l’indolenzimento muscolare che si prova quando è in corso un’infezione sia di origine virale (come una banale influenza) sia batterica (per esempio una tonsillite o una bronchite). In questo caso i dolori alle gambe si accompagnano ad altre manifestazioni quali stanchezza e svogliatezza, mancanza di appetito, mal di testa, mal di gola (soprattutto in caso di infezioni batteriche), febbre (pur se la temperatura sale in genere con qualche ora di ritardo rispetto agli altri sintomi). Una volta consultato il pediatra, il bambino verrà sottoposto alle cure più indicate a seconda del tipo di disturbo.

Ecco le caratteristiche più comuni di questi dolori:

  • sono intermittenti;
  • risultano bilaterali (cioè interessano entrambe le gambe);
  • compaiono nelle ore notturne (per lo più nella fase di addormentamento ma a volte anche provocando il risveglio del bambino);
  • durano da una decina di minuti a qualche ora;
  • non producono gonfiore o arrossamento o alcuna particolare alterazione;
  • la loro intensità risulta piuttosto elevata infatti spesso i bambini piangono per il male che provano.

Che cosa fare

  • I dolori della crescita sono del tutto innocui e non devono, quindi, destare la preoccupazione dei genitori: nel giro di qualche mese e, più raramente di qualche anno, si risolveranno in modo spontaneo senza bisogno di ricorrere ad alcun particolare trattamento.
  • Tuttavia, quando tendono a risultare piuttosto forti o se compaiono con una certa frequenza, possono comportare un notevole disagio al bambino: in questi casi il pediatra potrebbe prescrivere un analgesico a base di paracetamolo per attenuarne gli effetti e a fronte di sintomi particolarmente intensi consigliare la visita da un pediatra reumatologo.
  • Comunque, nel momento in cui si verifica l’episodio doloroso, è consigliabile effettuare dei massaggi manuali al bambino: agendo sulla struttura dei muscoli e delle articolazione tale pratica ne induce il rilassamento e la distensione favorendo l’attenuazione del dolore. Può rivelarsi efficace anche l’applicazione locale di calore.

Le orecchie a sventola

Le orecchie ad ansa (dette comunemente “a sventola”) sono uno dei difetti estetici più diffusi: i padiglioni auricolari sono un po’ troppo sporgenti e distanti dalla nuca. La causa è la mancata formazione dell’antelice, la piega che permette all’orecchio di restare più attaccato alla testa. Può però esserne responsabile anche l’eccessivo sviluppo della conca, la cavità a forma di imbuto che si trova nella parte media del padiglione auricolare. Si tratta di un difetto estetico che, in genere, però nei bambini di circa cinque anni non crea ancora particolari problemi. È più tardi infatti che le orecchie a sventola possono costituire un complesso, sia per le bambine sia per i maschi.

Che cosa fare

  • Nell’infanzia non è il caso di ricorrere a un intervento di chirurgia plastica per correggere il difetto. Se, infatti, il bambino non vi presta attenzione, anzi è portato a scherzare su questo inestetismo, non è opportuno che i genitori lo spingano a viverlo come un complesso.
  • Se, durante l’adolescenza, le orecchie sporgenti diventeranno causa di insicurezza e frustrazione, si potrà ricorrere a un intervento chirurgico di otoplastica, che, in ogni caso, non va mai eseguito prima dei sette-otto anni, quando il padiglione auricolare è sufficientemente formato.
  • L’intervento si esegue in genere in anestesia locale, senza ricovero, ma per i bambini e i ragazzi è meglio effettuare l’anestesia generale con un di ricovero nella struttura ospedaliera. La tecnica operatoria più in uso consiste nel praticare una piccola incisione nel solco dietro l’orecchio, asportando una piccola losanga di pelle e ricreando l’antelice che mantiene l’orecchio aderente al capo. La nuova forma viene quindi stabilizzata con alcuni punti di sutura. L’intervento è risolutivo una volta per sempre e l’unico rischio è un leggero sanguinamento, che però dura poche ore. Anche le cicatrici residue sono praticamente invisibili.
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