Quanto tempo ci vuole per togliere il ciuccio al bambino?

Paola Risi A cura di Paola Risi Pubblicato il 06/02/2023 Aggiornato il 06/02/2023

Molto più di un oggetto consolatorio, il ciuccio è vissuto dal bambino come un inseparabile compagno e dai genitori come un magico strumento “scaccia-lacrime”. E quando viene il momento di abbandonarlo possono sorgere non pochi problemi… Ecco i trucchi per togliere il ciuccio al bambino in modo soft

Entro i tre anni di età il ciuccio va tolto al bambino per evitare problemi a denti e palato

Se una volta il ciuccio veniva considerato solo un rimedio utile per consolare velocemente il bambino, nonché una brutta abitudine da fargli abbandonare al più presto, ormai sono sempre più numerosi i pediatri e gli esperti di psicologia infantile che riconoscono all’uso del ciuccio un ruolo più significativo e rilevante nell’arco della prima infanzia, in quanto ha a che fare con un istinto chiave, quello della suzione.

 

Perché il bambino si rilassa con il ciuccio?

 

L’impulso innato della suzione esprime un bisogno primario del neonato e gli consente di soddisfare:

 

  •  le sue esigenze nutritive, succhiando il latte dal capezzolo della mamma;
  •  il suo bisogno di conforto: nel corso della poppata il bimbo ristabilisce, infatti, con la madre un contatto diretto che è in grado di trasmettergli sicurezza e serenità, elementi preziosi per il suo sviluppo emotivo.

 

Prima il ditino e poi il ciuccio vanno quindi in qualche modo ritenuti dei sostituti del seno materno: succhiandoli il piccolo riproduce la sensazione vissuta mentre sta poppando ricavandone un beneficio psicologico che risulta utile in particolare nei momenti caratterizzati da ansia o tensione.

Come va dato il ciuccio al bambino nel modo giusto?

 
Proprio per evitare di trasformare questo istinto naturale in un “vizio” difficile da superare, sin dall’inizio è importante fare in modo che il bambino usi il ciuccio nel modo giusto.

Fondamentale, in particolare, è non ricorrere al ciuccio come a una sorta di “tappo”  con cui “chiudere” la bocca del bimbo non appena inizia a piangere o lamentarsi.

Prima di ricorrere al succhietto, bisognerebbe cercare di superare questi momenti di disagio in modi diversi: si può provare a distrarre il bebè interagendo con lui, coccolarlo oppure tentare di capire qual è la ragione della sua irritazione (in alcuni casi, per esempio, ha semplicemente fame o sete, oppure è sporco e va cambiato).

Viceversa, può essere consigliabile offrirlo al bimbo nelle occasioni in cui esprime una più profonda tensione emotiva come nel momento di andare a letto, quando la mamma si allontana o nel corso dell’inserimento alla scuola materna. In questi casi il ciuccio svolge un’importante funzione consolatoria e offre al bimbo un sistema per superare un momento critico “da solo”.

Come togliere il ciuccio entro i 3 anni?

In base a numerosi studi un utilizzo costante del succhietto dopo questa età aumenta il rischio di comparsa di alcuni problemi, tra i quali:

  • deformazione del palato;
  •  malocclusione  o morso aperto (si evidenzia quando il bimbo non riesce a chiudere in maniera corretta la bocca che rimane semiaperta);
  • crescita anomala dell’osso premascellare;
  • denti da coniglio (che sporgono all’esterno).

 

Di frequente, del resto, il bambino non sembra intenzionato a rinunciare all’amato ciuccio molto facilmente. Per questo è consigliabile seguire alcuni suggerimenti.

un abbandono graduale

È innanzi tutto importante rendere questa rinuncia graduale: sarebbe sbagliato pretendere che il piccolo si privi di questo importante strumento di consolazione da un giorno all’altro. Del tutto sconsigliato, quindi, è fare sparire il succhietto o raccontargli la storia che è stato portato via da qualche folletto o fatina.

Così facendo si rischia, infatti, che il piccolo, incapace di abituarsi a questo improvviso cambiamento, ricorra al ditino per ottenere conforto, un “vizio” che risulta ben più difficile fargli abbandonare.

Meglio, invece, diradare progressivamente le occasioni in cui concederglielo, cercando di raggiungere una completa eliminazione nel giro di circa un mese.

Come togliere il ciuccio al bambino senza traumi?

Uno dei modi per riuscirci più facilmente consiste nel coinvolgere il bambino in questa decisione: vivere l’abbandono del ciuccio come una propria conquista potrebbe, infatti, rendergli meno faticosa questa rinuncia.

A tal proposito, uno dei temi su cui fare leva consiste nell’identificazione del ciuccio con “una cosa da piccoli”.

Intorno ai 3 anni il bimbo ha già conquistato alcune delle tappe importanti del suo sviluppo (parla con una certa dimestichezza, cammina e si muove in modo autonomo e sempre più disinvolto, può iniziare a mangiare ed a vestirsi da solo) e il sentire mamma e papà sottolineare come sia diventato “grande” rappresenta per lui una preziosa fonte di gratificazione.

Stimolarlo su questo aspetto (ovviamente senza eccedere) può spingere il bambino a iniziare a fare a meno del ciuccio perlomeno in alcune delle tipiche occasioni in cui prima tendeva ad usarlo sempre.

Una di queste dovrebbe essere l’asilo: in questo spazio anche il confronto diretto con gli altri bambini e la preoccupazione di poter essere preso in giro per quell’abitudine, rappresentano spesso una forte spinta ad abbandonarla.

 

 

 

 
 
 

In sintesi

Come togliere il ciuccio al bambino in modo soft?

Per favorire il graduale abbandono del ciuccio può, inoltre, essere utile:

1. Mettersi d’accordo col bambino sulle occasioni in cui cominciare a non usarlo (dalla scuola ai giochi pubblici per esempio);

2. Trovare insieme un posto speciale dove mettere il ciuccio quando non serve;

3. Utilizzare la strategia dei rinforzi positivi in corrispondenza delle prime rinunce, complimentandosi col piccolo od offrendogli un piccolo premio le volte in cui riesce a rinunciare al succhietto.

 

 

Fonti / Bibliografia

Le informazioni contenute in questo sito non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto fra professionisti della salute e l’utente. È pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o specialisti.

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