Crollano le vaccinazioni per il morbillo: cosa può succedere?

Miriam Cesta A cura di Miriam Cesta Pubblicato il 05/05/2022 Aggiornato il 05/05/2022

Si calcola che ben 22 milioni di bambini nel mondo non siano stati vaccinati contro questa malattia a causa della pandemia. Calo anche nel nostro Paese. Ma i rischi non mancano. Cosa può succedere se ci si ammala a seguito del calo delle vaccinazioni per il morbillo

Crollano le vaccinazioni per il morbillo: cosa può succedere?

Ventidue milioni di bambini nel mondo nel 2020 non hanno ricevuto la prima dose di vaccino contro il morbillo, tre milioni in più rispetto all’anno precedente, e solo il 70% ha ricevuto entrambe le dosi, percentuale molto al di sotto della soglia del 95% necessaria per proteggere le comunità da eventuali focolai d’infezione. I dati arrivano da una nota congiunta diramata dall’Organizzazione mondiale della sanità e dai Centers for Disease Control and Prevention statunitensi, che spiegano che il calo a livello globale nelle vaccinazioni per il morbillo è da imputare alla pandemia da Covid-19, che ha disincentivato la frequentazione di ospedali e ambulatori. Oltre a registrare un calo nelle vaccinazioni per il morbillo, le due organizzazioni fanno sapere che si è ridotto il numero di campioni biologici inviati in laboratorio per confermare l’infezione, a riprova di un deterioramento della capacità di sorveglianza della diffusione del virus, e che in 26 Paesi si sono verificati importanti focolai. La dottoressa Laura Lancella, pediatra infettivologa, Responsabile dell’Unità operativa semplice Malattie infettive ad alta complessità, ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, risponde alle domande sul morbillo.

Cosa colpisce il morbillo?

Se non si interverrà tempestivamente, c’è il rischio che il morbillo possa tornare a colpire. Un virus tutt’altro che da sottovalutare, e che attualmente si può sconfiggere solo con la vaccinazione. Il morbillo è una malattia esantematica, ovvero si caratterizza per la comparsa di bollicine sulla pelle, causata da un virus del genere morbillivirus (famiglia Paramyxovirus). Colpisce soprattutto i bambini di età compresa tra 1 e 3 anni, motivo per il quale viene detta “infantile” come altre patologie, come la rosolia, la parotite e la varicella. Un’infezione tipica dei primi anni di vita, ma che può interessare anche soggetti adulti, e che sebbene abbia un’evoluzione perlopiù benigna non è esente da complicanze anche gravi.

Come si trasmette il morbillo?

L’elevata trasmissibilità del morbillo dipende anche, oltre che dalla facilità di diffusione delle particelle del virus veicolate dalla saliva, dal fatto che il paziente con morbillo risulta contagioso per diversi giorni, e in particolare da tre giorni prima che compaiano i primi sintomi e fino a dopo 5-7 giorni dalla comparsa dell’esantema. Il morbillo, infatti, si trasmette per via aerea attraverso le goccioline di saliva infette diffuse nell’ambiente dai colpi di tosse e dagli starnuti che l’individuo malato immette nell’aria. È una malattia altamente contagiosa poiché le particelle del virus, essendo molto piccole e leggere, prima di cadere a terra rimangono sospese nell’aria e arrivano facilmente a coprire più di un metro di distanza da chi le emette, propagandosi su oggetti e persone.

Come si manifesta il morbillo?

Il periodo che intercorre tra quando il virus si insinua nel soggetto e quando si manifestano i sintomi è di 10-15 giorni. Nei due-tre giorni che precedono la comparsa dell’esantema, possono manifestarsi mal di testa, malessere generalizzato e indebolimento fisico che lasciano poi spazio a raffreddore, tosse stizzosa, congiuntivite con lacrimazione, arrossamento del palato e febbre, solitamente elevata.

Come sono le macchie del morbillo?

Il periodo esantematico – caratterizzato da febbre elevata, debolezza, malessere, insonnia, tremori – ha una durata di circa tre giorni: le bollicine, piccole e rosse, compaiono inizialmente dietro le orecchie, per poi propagarsi sul volto, sul tronco e sulle gambe (“a nevicata”). L’esantema scompare solitamente dopo 5-6 giorni dall’inizio della malattia, lasciando una desquamazione cutanea finissima su tutto il corpo che persiste per alcuni giorni (desquamazione furfuracea). La tosse, la febbre e la debolezza possono persistere. Dai primi sintomi alla guarigione trascorrono tra i 10 e i 20 giorni.
La diagnosi solitamente viene effettuata dal pediatra tramite la sola osservazione clinica. In caso di dubbio, trascorsi 3 o 4 giorni dalla comparsa delle bollicine, è possibile sottoporre il bambino a un semplice esame del sangue alla ricerca degli anticorpi specifici diretti contro il virus del morbillo.

Perché il morbillo è pericoloso?

Il morbillo può presentarsi con diversi livelli di gravità, a seconda dello stato immunitario del bambino colpito. Sebbene sia una malattia che il più delle volte si risolve senza particolari complicanze, è necessario però tenere conto che possono in alcuni casi esserci sequele anche importanti.

Le complicanze possono insorgere nel 20-30% dei casi: questo significa che su 100 casi di morbillo, 20-30 bambini possono avere altri problemi oltre la malattia stessa. Si manifestano con maggiore frequenza nei bambini sotto i 5 anni e nei giovani adulti, e le più frequenti sono quelle respiratorie, come le otiti (nel 9% dei casi) e le polmoniti (nel 6% dei casi), che possono essere innescate proprio dal virus del morbillo (polmoniti virali), ma che possono essere dovute anche a sovra-infezioni batteriche (polmoniti batteriche).

Anche l’apparato gastrointestinale può essere coinvolto, con lo sviluppo di epatite (infiammazione del fegato) e diarrea (8% dei casi).  

Più rare e a prognosi riservata sono le complicanze neurologiche come l’encefalite (infiammazione del cervello) acuta (1 caso su 1000) e la panencefalite sclerosante subacuta (PESS) – malattia degenerativa del cervello che insorge a distanza di 7-10 anni dopo la guarigione dal morbillo e può determinare a livello cerebrale un danno irreversibile e fatale – che può manifestarsi in un soggetto ogni 100 mila casi di morbillo – sebbene il rischio possa essere molto più elevato se l’infezione viene acquisita nei primi anni di vita.

In generale si stima che gli esiti mortali causati dalle complicanze del morbillo riguardino un numero compreso tra le 3 e le 10 morti ogni 10 mila persone colpite. I soggetti più a rischio sono i neonati, i bambini malnutriti e le persone col sistema immunitario compromesso.

Per trattare il morbillo non esiste una terapia mirata. Tutto ciò che si può fare è cercare di tenere sotto controllo i sintomi attraverso la somministrazione di antipiretici contro la febbre, sedativi se la tosse diventa difficilmente sopportabile, analgesici per trattare il mal di testa e il malessere generalizzato, gocce per alleviare il fastidio agli occhi.

Come agisce il vaccino del morbillo?

Poiché non esiste una cura contro il morbillo, l’unica arma a disposizione è il vaccinao: viene somministrata in un preparato contenente, oltre che il vaccino contro il morbillo, anche quello contro la parotite e contro la rosolia (per questo è noto come vaccino MPR, dalle iniziali delle patologie che lo compongono). È un vaccino trivalente ottenuto con virus vivi ma resi inoffensivi (virus vivi attenuati). Viene inoculato per via sottocutanea e può essere somministrato contemporaneamente a qualunque altro vaccino.

Un’altra tipologia di vaccino che al suo interno comprende anche quello contro il morbillo è il vaccino MPRV, che contiene sia il vaccino contro il morbillo, la parotite e la rosolia che il vaccino contro la varicella, e può essere somministrato al posto dei due singoli vaccini.
 In Italia il calendario vaccinale prevede due dosi di vaccino MPR: la prima tra i 12 e i 15 mesi di vita e la seconda intorno ai 5-6 anni o agli 11-12 anni di età. Il vaccino può inoltre essere effettuato entro tre-quattro giorni dal contatto con una persona con morbillo nei soggetti cosiddetti suscettibili, ovvero che non hanno ancora avuto la malattia o non sono stati vaccinati. In caso di contatto sospetto o in caso di epidemia possono essere sottoposti a vaccinazione anche i bambini dai 6 ai 12 mesi, ma in questa eventualità la dose somministrata non viene conteggiata e la prima dose valida ai fini della certificazione vaccinale dovrà essere somministrata comunque dopo i 12 mesi di età.

 

 

 

 
 
 

In sintesi

Quali sono i più comuni effetti collaterali della vaccinazione MPR?

Fare il vaccino conviene sempre, perché gli effetti collaterali che possono dare le vaccinazioni per il morbillo sono contenuti rispetto ai benefici che apportano. Non dobbiamo dimenticare che tutti i farmaci che assumiamo, anche i più comuni come il paracetamolo e l’acido acetilsalicilico (la comune aspirina) che si possono acquistare in farmacia senza prescrizione medica, possono dare effetti avversi anche gravi. Eppure li assumiamo, perché i benefici che ne ricaviamo sono di gran lunga superiori ai rischi: ecco, con il vaccino contro il morbillo il ragionamento da fare è lo stesso.

Le reazioni più comuni cui possono dar vita le vaccinazioni per il morbillo sono il gonfiore, l’arrossamento e il dolore nel punto in cui è stata effettuata l’iniezione, e si manifestano solitamente a ridosso dell’inoculazione. A distanza di una o due settimane dalla somministrazione possono verificarsi febbre (piuttosto frequentemente, fino a 1 caso su 6); comparsa di puntini rossi sul corpo (lieve esantema non infettivo, in 1 caso su 20 circa); gonfiore al viso o dietro al collo (in circa l’1-2% dei casi). È comunque bene ricordare che la maggior parte dei bambini che ricevono il vaccino MPR non presenta alcun problema grave e che le reazioni avverse sono ancor meno frequenti dopo la seconda dose.

Quando non fare il vaccino?

Le vaccinazioni per il morbillo, essendo  a base di virus vivo attenuato, non possono essere somministrate a tutti. Non possono riceverle, per esempio, i soggetti immunodepressi (con deficit immunitario o sotto terapia immunosoppressiva), così come, per precauzione, è preferibile non somministrare le vaccinazioni per il morbillo alle donne in gravidanza poiché non ci sono studi sufficienti per sostenere che siano sicure sul nascituro.

 

Fonti / Bibliografia

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