I fiori della piccola Ida – Andersen

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 22/08/2019 Aggiornato il 12/09/2024

Questa fiaba di Hans Christian Andersen è un inno alla fantasia e all'immaginazione dei bambini, che riesce a trasformare una frustrazione, come l'appassire dei fiori, in un evento magnifico. Per tutti, grandi e piccoli

I fiori della piccola Ida – Andersen

I fiori della piccola Ida

Poveri fiori! Sono tutti appassiti. Eppure ieri erano tanto belli! – esclamò con rammarico la piccola Ida, guardando il suo mazzo dai petali raggrinziti. – Che cosa è success, dunque? – proseguì rivolta allo studente seduto sul divano.
Voleva bene allo studente, perché sapeva raccontare tante storie e ritagliava file di pupazzetti di carta che si tenevano per mano e si potevano far ballare e fabbricava persino castelli con le porte che si aprivano. Ero proprio bravo e il tempo con lui passava in un attimo.
– Te lo dico io, che cosa è successo – rispose lo studente.
– Oh, ti prego racconta – disse la bambina.
– I tuoi fiori questa notte sono andati al ballo e per questo ora sono così stanchi e sfiniti.
– Ma i fiori non sanno ballare! – esclamò la piccola Ida.
– E invece si. Quando noi andiamo a letto e ci addormentiamo, i fiori incominciano a far salti e si danno alla pazza gioia.
– E i bambini possono andare al ballo? – chiese la piccola Ida
– Soltanto i bambini dei fiori, cioè i fiorellini piccoli, come le margherite, i mughetti e i non ti scordar di me.
– E dove vanno a ballare?
– Nel castello del re, quello che sorge fuori la porta e che è circondato da un immenso giardino. Il re vi abita soltanto d’estate, lo sai.

– Ma sono andata ieri con la mamma, in quel giardino – replicò la piccola Ida – non c’era un solo fiore sulle aiuole e nemmeno una foglia sugli alberi. Dov’erano, dunque?
– Nel castello. Quando il re torna in città seguito da tutti i suoi cortigiani, i fiori lasciano il giardino ed entrano nelle sale. Sul trono siedono le due rose più belle, e sono il re e la regina; le creste di gallo si allineano ai due lati e fanno da guardie d’onore, e tutti gli altri fiori sono invitati al ballo. Le violette azzurre rappresentano gli ufficiali di marina, i giacinti sono damigelle, i tulipani le dame incaricate di sorvegliare l’andamento della festa.
– Ma chi ha dato ai fiori il permesso di danzare nel castello del re?
– Oh, non c’è bisogno di permesso, perché quasi nessuno lo sa. È vero che qualche volta, di notte, arriva il vecchio sorvegliante a fare una ispezione, ma ha un grosso mazzo di chiavi il cui tintinnio si sente a distanza.
– E i fiori quando lo sentono non hanno paura?
– Non appena se ne accorgono si mettono fermi fermi, oppure si nascondono dietro le tende sporgendo solo la testa.
– E il sorvegliante non sente il loro profumo?
– Si, avverte che c’è qualcosa di insolito nell’aria, ma non riesce a capire che cosa sia.
– Come mi piacerebbe vedere danzare i fiori! – esclamò la piccola Ida battendo le mani. – Sarebbe una cosa stupenda!

– Chissà che tu non ci riesca – rispose lo studente. – Quando tornerai nel giardino del re, prova a guardare attentamente attraverso le finestre e vedrai uno strano movimento.
– E i fiori del giardino pubblico vanno anche loro al ballo? Come possono arrivare fino a là? Il castello infatti è molto lontano dalla città.
– Volando – spiegò lo studente – non hai visto le farfalle? Non sembrano fiori? Ebbene, appunto sono la stessa cosa: i fiori hanno lasciato il loro gambo per levarsi nell’aria; poi hanno incominciato ad agitare i petali come piccole ali e così sono riusciti a volare.
– Ma perché soltanto alcuni fiori si sono mutati in farfalle mentre gli altri sono rimasti semplici fiori? – chiese la bambina. – Deve essere molto difficili sapere quali sono i fiori bravi.
– Non è vero – le spiegò lo studente – i fiori bravi sono quelli che profumano nell’aria e offrono il loro nettare alle api affinché il miele diventi migliore.
– Ma la mia amica è andata la primavera scorsa al giardino pubblico e c’erano tanti fiori. Tu pensi che non siano stati invitati alla festa del castello perché erano cattivi?
– Non credo – disse lo studente – può darsi che nessuno abbia parlato loro del castello del re e della festa dei fiori e quindi non ne sappiano niente. Anzi, voglio proporti un esperimento. Tu sai che il nostro vicino di casa è professore di botanica e ha un giardino tutto pieno di fiori. Prova ad entrare in quel giardino e racconta a un fiore di quella festa da ballo. Il fiore lo dirà a tutti gli altri e così potranno partecipare alla festa e se ne andranno nel castello del re. Pensa come rimarrà di stucco il professore di botanica quando scenderà nel suo giardino per innaffiare e potare i fiori e non ne troverà più neppure uno!

– Ma come un fiore potrà dirlo agli altri? I fiori non sanno parlare – obbiettò la piccola Ida.
– È vero, ma riescono a comunicare ugualmente fra di loro. Non hai mai visto come si piegano e muovono la testa, quando c’è il vento? E’ la loro maniera di parlare. Anche le foglie chiacchierano fra loro, quando si agitano tanto.
– E il professore capisce il loro linguaggio?- chiese Ida.
– Certamente. Anzi, una volta si sdegnò moltissimo perché vide una ruvida e ispida ortica cercare di stringere amicizia con uno splendido garofano rosso. “Come sei bello! Come ti voglio bene” diceva l’ortica facendo l’occhiolino. E il garofano ascoltava, tutto lusingato. Il professore allora picchiò l’ortica e si punse le dita. Da quel giorno detesta le ortiche e quando ne vede qualcuna cerca di girare al largo. – È divertente – disse la piccola Ida.
Nel frattempo un noioso consigliere era entrato e si era seduto sul divano. E, udendo quei discorsi, fece un gesto di disapprovazione.
– Come si possono mettere idee simili in testa a una bambina? – brontolò.
Il consigliere era un vecchietto dalla faccia gialla e portava sempre un largo cappello nero e rotondo. Non provava simpatia per lo studente e continuò a brontolare. Ripeteva fra i denti:
– Come si possono mettere idee simili nella testa di una bambina? Sono solo inutili fantasie!
Ma la piccola Ida non provava, invece, il minimo dubbio e quando lo studente se ne fu andato, si avvicinò al suo mazzo di fiori. Tutto era spiegato, adesso: i fiori avevano la testa china perché si sentivano stanchi, dopo aver ballato tutta la notte; bisognava dunque metterli a letto e farli riposare. In un angolo del salotto c’era un tavolino destinato ai giocattoli della piccola Ida, col cassetto pieno di cianfrusaglie; sul tavolino c’era il letto della bambola Sofia, in legno rosa con la coperta e il velo azzurro. Sofia dormiva profondamente, ma la piccola Ida la prese in braccio senza riguardi.

– Bisogna alzarsi! – le disse; – per questa notte potrai dormire nel cassetto. I poveri fiori sono ammalati e hanno bisogno di riposare!
La bambola aveva un’espressione molto contrariata e non rispose nemmeno una parola, tanto si sentiva offesa; ma la piccola Ida la depose nel cassetto, poi mise i fiori nel lettino e li coprì bene con la coperta azzurra. Chiuse anche le cortine di seta celeste affinché la luce non desse loro fastidio, quindi si allontanò in punta di piedi. Ma per tutta la sera non fece che pensare a quanto lo studente le aveva raccontato e, prima di andare a dormire, volle fare una visitina anche ai fiori della mamma, stupendi giacinti e tulipani, freschi e belli nei vasi di cristallo.
– So che andrete al ballo, questa notte – bisbigliò la piccola Ida con aria d’intesa; ma i fiori non mossero una foglia, come se non avessero capito.

Poi Ida andò a letto e, prima di addormentarsi, pensò a lungo alla festa da ballo nel castello del re. “I miei fiori saranno andati di certo” pensava.
Si risvegliò durante la notte dopo un sogno confuso, in cui aveva veduto i fiori, lo studente e anche il consigliere dal largo cappello nero. Tutto era silenzioso nella casa; il lumino da notte spandeva una diafana luce; il babbo e la mamma dormivano profondamente. “Chissà se i miei fiori sono ancora nel lettino di Sofia?” pensò la piccola Ida “Come mi piacerebbe saperlo”. Sedette sul letto e tese l’orecchio. Le pareva che dal salotto giungesse un suono di pianoforte, ma così leggero, come non le era mai capitato di udire.
– Sono certo i miei fiori che ballano – concluse – Oh, come mi piacerebbe vederli! Oh, se entrassero qui!.
Ma i fiori non vennero e il suono del pianoforte continuava dolce e leggero. Infine la piccola Ida non poté più resistere: scivolò dal lettino e, piano piano, si avvicinò in punta di piedi verso la porta socchiusa del salotto. Come era meraviglioso ciò che vide! Le lampade erano spente, è vero, ma i raggi della luna entravano dalla finestra e ogni cose sembrava illuminata a giorno. I giacinti e i tulipani della mamma stavano allineati su due file: tutti i vasi erano vuoti. Poi i tulipani si inchinarono davanti ai giacinti e li presero per mano; quindi incominciarono un allegro girotondo interrompendolo spesso con variazioni e figure graziosissime. Al pianoforte era seduto un grosso giglio giallo che la piccola Ida aveva veduto in giardino durante l’estate. Anzi, ricordava che lo studente aveva commentato: “Guarda come quel giglio assomiglia alla signorina Carolina”. Tutti si erano burlati d lui, ma la piccola Ida aveva notato che il giglio assomigliava davvero in modo sorprendente a quella signorina.

Anche adesso, mentre suonava il pianoforte, aveva proprio il suo modo di fare: chinava il lungo viso giallo un po’ da una parte e un po’ dall’altra e batteva il tempo con la testa.
Nessun fiore si era accorto della piccola Ida. Un grande croco blu saltò sul tavolino dove stavano i giocattoli ed andò ad aprire le cortine del letto dove riposavano i fiori ammalati. I fiori si misero a sedere e dichiararono di sentirsi bene e di voler ballare come tutti gli altri.
Scesero subito dal letto, tanto freschi e belli che il flaconcino di profumo fatto come un vecchio ometto fece loro i complimenti. Poi il ballo divenne generale.
A un tratto qualche cosa di rumoroso cadde dal tavolo: era il frustino che saltava a terra; anche lui voleva prendere parte alla festa dei fiori. Al suo manico era appoggiata, per caso, una bambolina di cera, che aveva un largo cappello nero e rotondo, molto simile a quello del consigliere. Il frustino saltò in mezzo ai fiori sui tre trampoli rossi e si mise a battere il tacco ballando una marzurka. Non c’era che lui che ne fosse capace: i fiori erano troppo leggeri e non avrebbero mai potuto fare tanto rumore con i tacchi. A un tratto la bambolina di cera che stava aggrappata al manico del frustino diventò lunga lunga, volse verso gli altri fiori la testa coperta dal grande cappello nero e rotondo e disse ad alta voce:
– Come si possono mettere idee simili nella testa di una bambina? Sono soltanto scocche e inutili fantasie.
La bambola di cera in quel momento assomigliava davvero al vecchio consigliere; aveva lo stesso colorito giallo e la stessa aria arcigna e brontolona. Allora i fiori, indignati, incominciarono a picchiarla ed ella subito rimpicciolì e ridiventò la bambolina di prima.

Ida non poté trattenersi dal ridere. Il frustino continuava a battere i tacchi saltellando come un matto e il consigliere, cioè la bambolina, che gli stava aggrappata addosso, era costretta a ballare con lui, sbatacchiando in tutte le direzioni il gran cappello nero. Infine gli altri fiori intercedettero per lei, specialmente quelli che avevano dormito nel lettino della bambola e finalmente il frustino si fermò e si ritirò tranquillo in un angolo.
In quel momento si sentì qualcuno che, chiuso nel cassetto, batteva colpi contro la parete di legno per farsi aprire. L’omino fatto col flaconcino di profumo riuscì a sdraiarsi sul tavolo e a schiudere il cassetto; dalla fessura sbucò la bambola Sofia che si guardò intorno tutta sorpresa.
– C’è dunque un ballo, qui? – esclamò risentita. – Perché nessuno mi ha invitato? Ci sarei venuta volentieri!
– Vuoi ballare con me? – chiese l’omino del profumo.

– Ma guarda un po’ che razza di ballerino!- commentò la bambola con disprezzo: e gli voltò le spalle.
Sperava che un fiore l’invitasse, ma nessuno sembrava accorgersi di lei. Tossì, fece um.!..um!.con la voce,ma inutilmente. Intanto l’omino si era messo a ballare da solo e vi riusciva benissimo.
Allora Sofia, decisa a richiamare a tutti i costi l’attenzione generale, si lasciò cadere con gran fracasso dal cassetto sul pavimento. Tutti i fiori accorsero per rialzarla e domandarle se si era fatta male; ma Sofia stava benissimo: voleva soltanto ballare. Allora i fiori che avevano dormito nel suo lettino la presero per mano e incominciarono a danzare con lei proprio nel mezzo della stanza, dove più chiara cadeva la luce della luna. Tutti gli altri fiori fecero circolo battendo il tempo con le mani. Sofia era tanto felice che offerse ai fiori il suo lettino per sempre, dichiarando che sarebbe stata contentissima di dormire nel cassetto. I fiori risposero:
– Ti ringraziamo tanto, ma noi non possiamo vivere a lungo. Domani saremo morti. Devi dire alla piccola Ida di seppellirci nell’angolo del giardino dove poco tempo fa ha sepolto il suo canarino. In estate resusciteremo e saremo più belli ancora di oggi.

– No, non dovete morire! – esclamò Sofia.

In quel momento la porta del salotto si spalancò e una folla di splendidi fiori entrò danzando. In testa al corteo camminavano due belle rose che portavano due corone d’oro: erano il re e la regina. Dietro di loro veniva una fanfara, formata da papaveri e peonie. Le trombe erano baccelli di piselli e i fiori vi soffiavano con tanta forza da averne il viso tutto rosso: i giacinti azzurri e i bucaneve suonavano a distesa i loro campanellini come se fossero campanelli veri. La musica era deliziosa. Poi tutti i fiori si unirono alla compagnia e zinnie, pratoline margherite e gli altri si abbracciarono e incominciarono a ballare. Era uno spettacolo davvero meraviglioso. Quindi tutti si augurarono la buona notte e la piccola Ida ritornò a letto, dove rimase sveglia a lungo ripensando a tutto ciò che aveva visto. L’indomani, appena alzata, corse al tavolino dei giocattoli per vedere i se i fiori c’erano ancora nel lettino di Sofia. C’erano, ma molto più avvizziti dl giorno prima. Sofia era coricata nel cassetto e sembrava avere molto sonno.

– Ti ricordi ciò che dovevi dirmi – domandò Ida.
Sofia non rispose nemmeno una parola.
– Non sei gentile – disse Ida. – Eppure i fiori hanno ballato con te!
Sofia non rispose nemmeno questa volta, ma la piccola Ida sapeva che cosa doveva fare. Prese una scatola e vi collocò delicatamente i fiori morti.
– Ecco la vostra piccola bara, o meglio, il vostro nuovo lettino – disse – quando verranno i miei cugini oggi, mi aiuteranno a seppellirvi.

I cugini della piccola Ida erano due allegri ragazzi che si chiamavano Giovanni e Adolfo. Giunsero nel pomeriggio indossando una maglietta gialla e calzoncini blu. Volevano mostrare a Ida l’ultimo regalo del babbo, una balestra nuova nuova, che funzionava come quelle degli antichi balestrieri.
Ida narrò loro la morte dei fiori e li invitò a partecipare al funerale.
I due ragazzi camminavano davanti, la balestra in spalla e la piccola Ida li seguì con i fiori morti nella graziosa bara. Scavarono una fossa in fondo al giardino e Ida, dopo aver baciato i fiori, depose la cassettina nella terra, mentre Giovanni e Adolfo tiravano un colpo di balestra in segno di onore.

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