L’elfo della rosa – Andersen

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 29/04/2017 Aggiornato il 12/09/2024

L'elfo della rosa è una fiaba realizzata dallo scrittore danese Hans Christian Andersen. È molto forte per cui da raccontare solo ai bambini meno impressionabili.

L’elfo della rosa – Andersen

L’elfo della rosa

In mezzo a un giardino cresceva un albero di rose, il quale era piuttosto pieno di rose, e in una di esse, la più bella di tutte, viveva un elfo; era così piccolo che nessun occhio umano era capace di vederlo; dietro ognuno dei petali della rosa aveva una stanza da letto; era benfatto e delizioso come nessun occhio umano poteva esserlo e aveva le ali dalle spalle fino giù ai piedi. Oh, com’erano profumate le sue stanze e com’erano nitide e belle le loro pareti! Erano infatti i delicati petali rosso pallido. Si sollazzava l’intera giornata nei caldi raggi del sole, svolazzando da un fiore all’altro, ballando sulle ali della farfalla in volo, e contava i passi che doveva fare per percorrere tutte le strade maestre e i viottoli che c’erano su un’unica foglia di tiglio. Erano ciò che noi chiamiamo le nervature della foglia che egli considerava come strade maestre e viottoli; eh sì, per lui erano strade senza fine! Prima che egli terminasse il sole era tramontato; aveva anche iniziato molto tardi. Si fece tanto freddo, la rugiada cadde e il vento soffiò; ora era meglio tornare a casa; si affrettò più che poté, ma la rosa si era chiusa, non vi poté entrare – non una sola rosa era rimasta aperta; il povero piccolo elfo fu così spaventato, non aveva mai passato la notte fuori fino ad allora, aveva sempre dormito dolcemente dietro ai tiepidi petali della rosa, oh, sarebbe probabilmente stata la sua morte!

Dall’altro lato del giardino sapeva che c’era una capanna di fronde con dei bei caprifogli, i fiori sembravano corni dipinti: sarebbe sceso in uno di questi per dormire fino a domani. Volò laggiù. Silenzio! All’interno vi erano due persone; un bel giovanotto e una meravigliosa fanciulla; erano seduti l’uno accanto all’altra e con la speranza di non doversi mai separare per l’eternità; si amavano tanto, molto più di quanto un bambino affettuosissimo possa amare sua madre o suo padre. “Eppure ci dobbiamo dividere!” disse il giovanotto; “tuo fratello non ci vuole bene e perciò mi manda a fare questa commissione tanto lontano oltre i monti e oltre i mari! Addio mia cara sposa, perché questo sei tu per me nonostante tutto!” E poi si baciarono e la giovane ragazza pianse e gli diede una rosa; ma prima di dargliela vi impresse un bacio così deciso e così sincero che il fiore si aprì: ed ecco che il piccolo elfo prese il volo e vi entrò e posò la testa contro le delicate pareti profumate; però sentì bene che si dissero ‘ Addio, Addio! ‘ e sentì che la rosa venne posata contro il petto del giovanotto – oh, come il cuore vi batteva all’interno! Il piccolo elfo non riuscì per niente a dormire, per quanto batteva.

La rosa non rimase a lungo tranquilla contro il petto, il ragazzo la prese e mentre attraversava da solo il bosco tenebroso, baciava il fiore, oh, così spesso e con così tanta forza che il piccolo elfo stava per morire schiacciato: poté sentire attraverso il petalo il bruciore delle labbra dell’uomo e la rosa stessa si era aperta come al sole fortissimo di mezzogiorno.

Venne allora un altro signore, scuro e corrucciato, era il fratello cattivo della bella ragazza; tirò fuori un coltello tanto affilato e tanto grande e mentre l’altro baciava la rosa, il signore cattivo lo accoltellò a morte, tagliò la sua testa e la seppellì insieme al corpo nella terra morbida sotto il tiglio. ‘ Eccolo sparito e dimenticato ‘, pensò il fratello cattivo; ‘ non sarà mai più di ritorno. Doveva fare un lungo viaggio, oltre i monti e oltre i mari, vi si può facilmente perdere la vita e così è stato per lui. Egli non verrà mai più e a me mia sorella non oserà mai chiedere di lui. ‘ Poi con i piedi ammucchiò un pò di foglie secche sulla terra scavata e se ne ritornò a casa nella notte oscura; ma non procedeva da solo come egli pensava: il piccolo elfo lo seguì, stava in una foglia di tiglio secca e arrotolata che era caduta nei capelli dell’uomo cattivo quando stava scavando la fossa. Poi sopra era stato messo il cappello, faceva tanto buio lì dentro, e l’elfo tremava dalla paura e dalla rabbia per un’azione così vile. Nell’ora mattutina l’uomo cattivo tornò a casa; si tolse il cappello e andò nella stanza da letto della sorella; lì stava sdraiata la bella ragazza fiorente che sognava colui che lei amava tanto e che lei pensava camminasse ora sulle montagne e attraverso i boschi; il fratello cattivo si chinò su di lei e rise vilmente come può ridere un demonio; ecco che la foglia secca cadde dai suoi capelli giù sul letto, ma egli non se ne accorse e uscì per dormire anche un pò nelle ore mattutine. Ma l’elfo saltò dalla foglia secca ed entrò nell’orecchio della ragazza che dormiva per raccontarle, come in un sogno, l’atroce omicidio; egli le descrisse il luogo dove il fratello l’aveva ucciso e aveva depositato il suo corpo, le raccontò del tiglio in fiore lì accanto dicendo: “Perché tu non creda che sia semplicemente un sogno ciò che ti ho raccontato, troverai sul tuo letto una foglia di tiglio secca!” ed ella svegliandosi la trovò.

Oh come ella pianse a calde lacrime! E non osava raccontare a nessuno il suo dolore. La finestra rimase aperta tutto il giorno, il piccolo elfo poté uscire in giardino senza difficoltà per raggiungere le rose e tutti gli altri fiori, ma non ebbe il coraggio di lasciare la sconsolata. Sulla finestra vi era un albero di rosa che fioriva ogni mese, egli si mise in uno dei fiori e guardò la povera ragazza. Suo fratello veniva spesso nella stanza ed era tanto allegro e cattivo ma ella non osava dire una parola sul suo cuore affranto. Appena venne la notte, ella uscì alla chetichella dalla casa, andò nel bosco fino al posto in cui c’era il tiglio, tirò via le foglie dalla terra, scavò in essa e trovò immediatamente colui che era stato ucciso. Oh come pianse! E pregò il Signore di poter morire anche lei ben presto. Avrebbe volentieri portato il cadavere a casa ma non poteva; allora prese la pallida testa con gli occhi chiusi, baciò la fredda bocca e scosse i bei capelli per toglierne la terra. “Questa la voglio possedere!” disse, e dopo aver coperto il corpo senza vita di terra e di foglie prese la testa e se la portò a casa con un ramicello di quell’albero di gelsomino che fioriva nel bosco lì dove egli era stato ucciso.

Appena ella fu nella sua stanza, andò a prendere il più grande vaso da fiori che poté trovare e in esso depose la testa del morto con sopra la terra e poi piantò il ramo di gelsomino nel vaso. “Addio! Addio!” sussurrò il piccolo elfo, non potendo più sopportare la vista di tanto dolore, e se ne andò via volando fuori nel giardino per raggiungere la sua rosa; ma essa era appassita, lungo la coccola verde pendevano soltanto alcuni petali pallidi. “Ahimè! Come sta per finire tutto ciò che è bello e tutto ciò che è buono!” sospirò l’elfo. Alla fine ritrovò una rosa che diventò la sua casa, dietro ai suoi delicati petali profumati poteva costruire e vivere. Ogni mattina volava alla finestra della povera ragazza ed ella stava sempre al vaso piangendo; le lacrime amare cadevano sul ramo di gelsomino e come lei ogni giorno diventava sempre più pallida, il ramo si faceva sempre più fresco e più verde, venivano fuori un germoglio dopo l’altro, apparivano i piccoli boccioli bianchi dei fiori ed ella li baciava, ma il fratello cattivo brontolava chiedendo se fosse diventata folle? Non gli piaceva e non poteva capire perché ella piangesse sempre sopra quel vaso coi fiori. Egli infatti non sapeva quali occhi erano stati chiusi e quali labbra rosse erano state trasformate lì in terra; ed ella chinò la testa appoggiandola al vaso coi fiori e il piccolo elfo della rosa la trovò così sonnecchiando; allora penetrò nel suo orecchio, le raccontò della sera nella capanna di fronde, del profumo della rosa e dell’amore degli elfi; ella fece un dolcissimo sogno e mentre sognava la vita svanì; era morta di una dolce morte, era nel cielo insieme a colui che le era caro.

E i fiori del gelsomino aprirono le loro grandi campanelle, erano profumate in maniera tanto deliziosa: non avevano altri modi per piangere la morta. Ma il fratello cattivo guardava il bell’albero in fiore, se lo prese come una eredità e se lo mise in camera da letto, vicinissimo al letto poiché era bello da vedere e il suo profumo era dolce e soave. Il piccolo elfo della rosa lo accompagnò volando da un fiore all’altro, in ciascuno di essi infatti vi era una piccola anima e a questa egli raccontò del giovane ragazzo ucciso, la cui testa ora era terra sotto la terra, raccontò del fratello cattivo e della povera sorella. “Lo sappiamo!” dissero tutte le anime dentro ai fiori, “lo sappiamo! Non siamo noi cresciute dagli occhi e dalle labbra del ragazzo ucciso! Lo sappiamo! Lo sappiamo!” e poi fecero con la testa un cenno tanto strano. L’elfo della rosa non fu capace di intendere come potevano rimanere tanto tranquille e se ne andò volando a trovare le api che stavano raccogliendo il miele, raccontò loro la storia del fratello cattivo e le api la dissero alla loro regina, la quale comandò che l’indomani mattina tutte quante avrebbero dovuto uccidere l’assassino. Ma la notte precedente, fu la prima notte dopo la morte della sorella, quando il fratello dormiva nel suo letto vicinissimo all’albero di gelsomino profumato, ognuno dei calici dei fiori si aprì e le anime dei fiori uscirono, invisibili ma con lance velenose, e si posero prima vicino al suo orecchio raccontandogli sogni cattivi, poi passarono a volo sulle sue labbra pungendo la sua lingua con le lance velenose. “Ora abbiamo vendicato la morta!” dissero e tornarono indietro nelle campanelle bianche del gelsomino.

Quando la mattina arrivò e la finestra della camera da letto venne aperta bruscamente, l’elfo della rosa con l’ape regina e tutto lo sciame delle api si precipitarono all’interno per ucciderlo. Ma egli era già morto; c’era gente in piedi intorno al letto che diceva: “Il profumo del gelsomino l’ha ucciso!”. L’elfo della rosa intuì allora la vendetta dei fiori e lo raccontò all’ape regina, la quale con tutto il suo sciame ronzò intorno al vaso coi fiori; fu impossibile cacciare via le api; allora un signore portò via il vaso coi fiori e una delle api punse la sua mano sicché egli fece cadere il vaso che si ruppe. Videro allora la testa bianca del morto e capirono che il morto nel letto era un assassino. E l’ape regina ronzava nell’aria e col suo canto raccontava la vendetta dei fiori e dell’elfo della rosa e diceva che anche dietro al petalo più piccolo c’è qualcuno capace di raccontare e di vendicare la cattiveria!

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