L’insalata magica – Fiaba

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 27/03/2015 Aggiornato il 27/03/2015

La fiaba "L'insalata magica" è un'opera scritta o rivista dai fratelli Grimm. Leggi questa fantastica storia con i tuoi bambini e tutta la famiglia

L’insalata magica – Fiaba

L’insalata magica

C’era una volta un giovane cacciatore dall’indole allegra e vivace. Un giorno si recò nel bosco e, mentre camminava fischiettando e facendo suonare una foglia, incontrò una vecchietta proprio brutta, che gli rivolse la parola e disse: “Buongiorno, cacciatore! Tu sei di buon umore, ma io soffro la fame e la sete: fammi la carità”. Il cacciatore ebbe pietà della povera vecchina, così mise la mano in tasca e le diede quello che aveva. Poi fece per proseguire, ma la vecchia lo trattenne e disse: “Caro cacciatore, ascolta quello che ti dico; voglio farti un regalo per il tuo buon cuore: continua dritto per la tua strada, dopo un po’ arriverai a un albero, sul quale ci saranno nove uccelli che si azzufferanno per un mantello. Allora prendi la mira e spara nel mucchio: lasceranno cadere il mantello, ma anche uno degli uccelli sarà colpito e cadrà a terra. Prendi il mantello, è magico: se te lo metti sulle spalle e desideri di trovarti in qualche luogo, in un attimo ci sarai. L’uccello morto, invece, devi aprirlo, togliergli il cuore e ingoiarlo intero; ogni mattina, alzandoti, troverai una moneta d’oro sotto il cuscino, e ciò grazie all’uccello”. Il cacciatore ringraziò l’indovina e pensò fra sé‚: “Belle cose, se solo si avverassero!”. Ma dopo aver fatto cento passi, udì delle strida e dei cinguettii fra i rami, sopra la sua testa; alzò gli occhi e vide un mucchio d’uccelli che si disputavano un panno con i becchi e con le zampe, e strillavano, tiravano e si azzuffavano, come se ciascuno lo volesse solo per sé. “Che strano!- disse il cacciatore -è proprio come ha detto la nonnina”. Si tolse di spalla il fucile, prese la mira e sparò nel mucchio, facendo volare le piume tutto intorno. Subito gli uccelli presero la fuga levando alte strida, uno però cadde a terra morto, e scese pure il mantello. Allora il cacciatore fece quello che gli aveva ordinato la vecchia, aprì l’uccello, cercò il cuore, lo ingoiò e si portò a casa il mantello. Il mattino dopo, quando si svegliò, gli venne in mente la promessa, e volle vedere se si era avverata. Alzò il cuscino ed ecco una moneta d’oro sfavillante; il mattino dopo ne trovò un’altra, e così via ogni giorno, al risveglio. Raccolse un bel gruzzolo d’oro e alla fine pensò: “A che mi serve tutto quest’oro, se resto a casa? Me ne andrò a girare il mondo”. Prese congedo dai suoi genitori, si mise a tracolla la borsa da caccia e il fucile, e se ne andò. Un giorno gli accadde di attraversare un fitto bosco e quando terminò, ecco davanti a lui, in una pianura, uno splendido castello. A una finestra era affacciata una vecchia con una bellissima fanciulla e guardava giù. La vecchia però era una strega e disse alla fanciulla: “Dal bosco sta arrivando uno che ha in corpo un gran tesoro; perciò dobbiamo abbindolarlo, mia cara, quella è roba che si addice più a noi che a lui. Ha nel corpo un cuore d’uccello, e per questo ogni mattina c’è una moneta d’oro sotto il suo guanciale”. E le raccontò tutta la faccenda e che parte ella dovesse fare; poi alla fine le disse, facendole gli occhiacci: “Se non mi ubbidisci, guai a te!”. Il cacciatore avvicinandosi, scorse la fanciulla e pensò: “Ho girato tanto che voglio riposarmi in questo bel castello; denaro ne ho in abbondanza.” Ma, in realtà, egli voleva stare vicino a quella bellezza. Entrò nella casa e fu accolto con cordialità e gentilmente ospitato. Non tardò molto a innamorarsi della figlia della strega, tanto che non pensava più ad altro, vedeva soltanto i suoi occhi e faceva tutto ciò ch’ella desiderava. Allora la vecchia disse: “Adesso dobbiamo prendere il cuore dell’uccello, non si accorgerà neppure che gli manca”. Preparò un decotto e, quando fu pronto, lo mise in un bicchiere e lo diede alla fanciulla, che dovette portarlo al cacciatore. Ella disse: “Orsù, mio caro, bevi alla mia salute!”. Egli prese il bicchiere e, non appena ebbe ingoiato il decotto, vomitò il cuore dell’uccello. La fanciulla dovette portarlo via di nascosto e inghiottirlo lei stessa, poiché‚ la vecchia lo voleva. Da quel giorno egli non trovò più sotto il guanciale la moneta d’oro, che si trovava invece sotto il cuscino della fanciulla, dove la vecchia la prendeva ogni mattina. Ma egli era così follemente innamorato, che pensava solo a passare il suo tempo con lei. Allora la vecchia strega disse: “Il cuore d’uccello l’abbiamo, ma dobbiamo ancora prendergli il mantello magico”. La fanciulla rispose: “Quello lasciamoglielo! Ha già perso la sua ricchezza”. La vecchia s’infuriò e disse: “Un mantello come quello è una cosa straordinaria, che si trova raramente a questo mondo: perciò devo assolutamente averlo”. Disse alla fanciulla quel che doveva fare e aggiunse che se non avesse obbedito, sarebbe stata punita. Allora la fanciulla, assecondando la vecchia, si mise alla finestra e guardò lontano, fingendo una gran tristezza. Il cacciatore le domandò: “Perché‚ sei così triste?”. “Ah, tesoro mio!- ella rispose -là di fronte c’è il monte dei granati, dove crescono le pietre più preziose. Le desidero tanto che, se ci penso, divento tutta triste. Ma chi può andare a prenderle? Soltanto gli uccelli che volano possono arrivarci, non certo un uomo”. “Se il tuo dolore è tutto qui- disse il cacciatore -si fa in fretta a scacciarlo”. La prese sotto il suo mantello e desiderò di essere sul monte dei granati; e all’istante vi si trovarono tutti e due. Le pietre preziose brillavano da ogni parte, ch’era una gioia vederle, ed essi raccolsero le più belle e le più preziose. Ma la vecchia, con le sue arti, aveva fatto in modo che al cacciatore si appesantissero le palpebre, sicché‚ questi disse alla fanciulla: “Sediamoci un poco a riposare, sono così stanco che non mi reggo più in piedi”. Si sedettero ed egli le posò la testa in grembo e si addormentò. Quando fu addormentato, ella gli tolse il mantello dalle spalle, se lo mise, raccolse i granati e le gemme e desiderò di essere a casa. Ma quando il cacciatore si svegliò, vide che la sua diletta lo aveva ingannato e lo aveva abbandonato su quel monte selvaggio. “Ah!- esclamò -quanta perfidia c’è a questo mondo!” e se ne stette là triste e addolorato senza sapere che fare. Ma la montagna apparteneva a dei feroci, terribili giganti, che abitavano lassù, facendone di tutti i colori. Mentre il cacciatore se ne stava seduto là, ne vide tre avvicinarsi a grandi passi. Allora pensò: “L’unico modo per salvarmi è fingere di dormire” e, in fretta, si sdraiò per terra, come se fosse immerso in un sonno profondo. I giganti si avvicinarono, e il primo gli diede una pedata e disse: “Che razza di vermiciattolo se ne sta qui a guardarsi la pancia?”. Il secondo disse: “Calpestalo!”. Ma il terzo disse, superbamente: “Non ne vale la pena! Lasciatelo stare, tanto se sale in cima al monte le nubi lo afferrano e lo portano via”. Così dicendo se ne andarono, ma il cacciatore aveva prestato attenzione alle loro parole e, come si furono allontanati, si arrampicò sulla cima del monte. Poco dopo, si avvicinò una nube, librandosi nell’aria, lo afferrò, lo portò via, vagò qua e là per il cielo, poi si abbassò su un grande orto circondato da mura, sicché‚ egli si posò dolcemente fra i cavoli e gli ortaggi. Il cacciatore si guardò attorno e disse: “Se solo avessi qualcosa da mangiare! Ho tanta fame che sarà difficile proseguire; ma qui non vedo mele‚ pere, o altri frutti: non vi sono che ortaggi”. Alla fine pensò: “In mancanza d’altro, mangerò dell’insalata: mi rinfrescherà e mi irrobustirà”. Si cercò un bel cespo d’insalata e si mise a mangiare, ma non appena ebbe inghiottito un paio di bocconi, si sentì molto strano, gli pareva di essere cambiato, e vide con spavento che si era trasformato in un asino. Tuttavia, poiché‚ aveva ancora tanta fame, e l’insalata fresca gli piaceva tanto, continuò a mangiarla avidamente, finché‚ giunse a un’altra specie d’insalata, e come ne ebbe mangiata qualche foglia, sentì un nuovo mutamento e riacquistò fortunatamente il suo aspetto umano. Allora il cacciatore si sdraiò e fece una bella dormita. Il mattino dopo, al risveglio, colse un cespo di insalata cattiva e uno di quella buona e pensò: “Mi serviranno a tornare in possesso di ciò che era mio e a punire l’infedeltà.” Li mise nella borsa, scavalcò il muro e si avviò alla ricerca del castello della sua amata. Dopo aver girato un paio di giorni, ebbe la fortuna di trovarlo. Si scurì in fretta il viso, che neanche sua madre lo avrebbe riconosciuto, entrò nel castello e chiese ospitalità. “Sono così stanco- disse -che non posso proseguire”. La strega gli domandò: “Campagnolo, chi siete, e che mestiere fate?”. Egli rispose: “Sono un messaggero del re, che mi ha mandato a cercare l’insalata migliore che vi sia al mondo. Ho avuto la fortuna di trovarla e ce l’ho con me; il sole però scotta troppo e rischia di farmi appassire le foglie più tenere, perciò non so se la porterò più lontano”. La vecchia, sentendo parlare dell’insalata tanto buona, ebbe voglia di assaggiarla e disse: “Caro campagnolo, lasciatemi mangiare un po’ di quell’insalata straordinaria”. “Perché‚ no?- rispose egli -ne ho presi due cespi, ve ne darò uno”. Aprì la borsa e le porse quello cattivo. La vecchia non pensò a un tranello, e la nuova pietanza le faceva venire l’acquolina in bocca, tanto che andò di persona in cucina a prepararla. Quando fu pronta, non poté aspettare che fosse in tavola, ma ne prese subito qualche foglia, e se la mise in bocca. Ma non appena l’ebbe inghiottita, perse l’aspetto umano e corse giù in cortile, trasformata in asina. In cucina, intanto, arrivò la serva, vide l’insalata pronta e volle portarla in tavola, ma per strada, secondo la sua vecchia abitudine, fu presa dalla voglia di assaggiarla e ne mangiò due foglie. Quelle mostrarono all’istante il loro potere magico: diventò un’asina anche la serva e corse fuori dalla vecchia, mentre il piatto d’insalata cadde a terra. Nel frattempo il messaggero se ne stava con la bella fanciulla e, siccome non veniva mai nessuno con l’insalata, e anche lei ne aveva voglia, ella disse: “Chissà che fine ha fatto l’insalata!”. Il cacciatore pensò: “Avrà già prodotto il suo effetto!” e disse: “Andrò in cucina a vedere”. Quando scese, vide le due asine che correvano in cortile e l’insalata per terra. “Bene, bene- disse -quelle due hanno avuto ciò che meritavano!”. Raccolse le foglie avanzate, le mise nel piatto e le portò alla fanciulla. “Vi porto io stesso questa delizia- disse -perché non dobbiate aspettare ancora.- Ella ne mangiò e subito perse il suo aspetto umano come le altre due, e corse in cortile, trasformata in asina. Poi il cacciatore si lavò la faccia, perché‚ le trasformate potessero riconoscerlo, scese in cortile e disse: “Adesso riceverete la ricompensa per la vostra infedeltà”. Le legò tutte e tre a una corda e le condusse via, finché‚ giunse a un mulino, e bussò alla finestra del mugnaio. “Che cosa c’è?” domandò il mugnaio. Egli rispose: “Ho qui tre bestiacce. Se volete prenderle voi, procurar loro lo strame e il foraggio, e trattarle come vi dico io, vi pagherò quel che volete”. “Perché‚ no?- disse il mugnaio. -Ma come devo trattarle?”. Allora il cacciatore disse che l’asina vecchia, cioè la strega, doveva bastonarla tre volte al giorno e non darle mai da mangiare; quella un po’ più giovane, cioè la serva, doveva bastonarla una volta al giorno e darle tre razioni di foraggio; quella più giovane di tutte, cioè la fanciulla, non doveva bastonarla mai e doveva darle tre razioni di foraggio al giorno, perché‚ non poteva sopportare che la bastonassero. Poi tornò al castello e trovò tutto ciò che gli occorreva. Dopo qualche giorno arrivò il mugnaio e disse che, a ricevere solo bastonate e neanche una razione di foraggio, la vecchia asina era morta. “Le altre due- proseguì -non sono morte, e ricevono ogni giorno da mangiare, ma sono così tristi, che non andranno avanti per molto”. Allora il cacciatore s’impietosì, scordò la sua collera e disse al mugnaio di riportarle indietro. Quando giunsero al castello, diede loro da mangiare l’insalata buona, sicché‚ ridiventarono esseri umani. La bella fanciulla cadde allora in ginocchio davanti a lui e disse: “Ah, amor mio! Perdonatemi il male che vi ho fatto: mia madre mi ci ha costretta, ma l’ho fatto contro la mia volontà, perché io vi amo con tutto il cuore. Il vostro mantello magico è appeso in un armadio e prenderò qualcosa per vomitare il cuore d’uccello”. Allora egli cambiò idea e disse: “Tienilo pure, è lo stesso, perché‚ diventerai la mia sposa fedele”. Così furono celebrate le nozze ed essi vissero insieme felici e contenti.

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