A soffrirne nel mondo è una persona su cento. Chi ne è affetto è perennemente alle prese con sintomi incontenibili tra smorfie, tic e frasi scurrili. Grazie a un gruppo di ricercatori dell’University of California San Francisco, Rutgers University, Massachusetts General Hospital, University of Florida e Yale School of Medicine, per la prima volta sono stati identificati 4 geni che potrebbero essere coinvolti nello sviluppo della sindrome di Tourette, posizionando un primo tassello nel puzzle della comprensione di questa patologia dalle origini misteriose. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Neuron.
Varianti non ereditarie
I ricercatori hanno confrontato le regioni di codifica delle proteine dei genomi di bambini con la sindrome di Tourette e quelli dei loro genitori per identificare le cosiddette varianti “de novo”, rare mutazioni genetiche non ereditarie che si verificano spontaneamente al momento del concepimento e che, come spiegano gli studiosi, possono avere effetti biologici anche più forti di quelle ereditarie.
Dati incrociati
Secondo il gruppo di ricerca sono quattro i geni danneggiati che potrebbero alterare il normale sviluppo del cervello nei soggetti con sindrome di Tourette. Gli studiosi hanno analizzato i dati genomici provenienti da 311 terne di soggetti composte da bambino-madre-padre e li hanno poi confrontati con quelli di altre 173 terne, rilevando gli stessi risultati. Incrociando i dati, i ricercatori sono riusciti a stringere il cerchio e a identificare 4 geni espressi nel cervello in cui le varianti “de novo” risultavano essere significativamente associate al disturbo: in particolare, uno ad “alta confidenza” e altri tre “probabili”.
In breve
LE AREE DEL CERVELLO INTERESSATE
Secondo i ricercatori sono coinvolte nello sviluppo della sindrome di Tourette le varianti del gene WWC1 o KIBRA, che gioca un ruolo nello sviluppo del cervello, nella memoria e nella risposta cerebrale all’ormone estrogeno; dei geni FN1 e CELSR3, noti per essere coinvolti nello sviluppo del circuito cerebrale, e del gene NIPBL o Delangin, che risulta associato ad ansia, disturbi ossessivo-compulsivi e al disturbo da deficit di attenzione/iperattività (Adhd).