Natalità in calo: il rapporto ONU incolpa il costo della vita e il lavoro precario

Alberta Mascherpa A cura di Alberta Mascherpa Pubblicato il 19/06/2025 Aggiornato il 19/06/2025

Si fanno sempre meno figli. Non tanto perché non li si desideri quanto perché le condizioni economiche e lavorative non lo permettono. L’analisi 2025 del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione e la situazione italiana.

calo natalità

Il report 2025 dell’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, dal titolo “La vera crisi della fertilità: la ricerca dell’autonomia riproduttiva in un mondo in cambiamento” rivela come la crisi della natalità che si registra oggi a livello mondiale sia da attribuirsi non tanto a una scelta volontaria bensì a una necessità legata a condizioni lavorative precarie e a situazioni di generale instabilità.

In sostanza la libertà di avere un figlio verrebbe attualmente negata da fattori di ordine economico e lavorativo che aprono uno scenario di incertezza sul futuro tale da spingere alla non procreazione. Da qui il calo della natalità che interessa tutti i paesi a livello mondiale, Italia compresa: secondo gli indicatori Istat, infatti, il numero di nati nel 2024 è sceso del -2,6% rispetto all’anno precedente. Numeri che, sottolinea il rapporto UNFPA, oltre a preoccupare, devono far riflettere: il fallimento del welfare è tra le cause del calo della natalità e solo cambiamenti strutturali nelle politiche familiari possono invertire la rotta.

Cosa dice il rapporto UNFPA

Il report sulla popolazione mondiale 2025 dell’UNFPA, il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, si basa su un sondaggio condotto in 14 Paesi e riporta un dato estremamente preoccupante a spiegazione dell’attuale crisi demografica: molte persone vorrebbero avere un figlio o anche più di uno ma questa libertà viene loro negata dal fatto che il costo economico per la crescita dei figli risulta troppo gravoso.

Questo nuovo dato sfata un mito comune: chi non ha figli prende questa decisione non tanto perché non li desideri ma perché non si trova nelle condizioni migliori per averli. Secondo il rapporto UNFPA un quinto della popolazione mondiale in sostanza non è genitore quando invece vorrebbe esserlo. Le ragioni sono innanzitutto di natura economica, ma non solo come rivela il report:

  • il 39% degli intervistati nel sondaggio indica come causa principale della rinuncia alla natalità le difficoltà economiche e il costo della vita sempre in crescita, due fattori che fanno temere di non essere in grado di offrire ai figli il giusto sostentamento, sotto molti punti di vista e non solo quelli di ordine materiale.
  • per il 21% degli intervistati la ragione che porta ad escludere la possibilità di avere un figlio risiede in fattori di ordine lavorativo, soprattutto in una condizione di precarietà che, in un circolo vizioso, riconduce alla prima delle cause addotte per la decisione di non procreare: le preoccupazioni di ordine economico.
  • il 19% degli intervistati allarga l’orizzonte passando da cause strettamente personali a condizioni più generali. Indica infatti in un contesto difficile come quello attuale la ragione per decidere di non avere figli: guerre, pandemie, cambiamento climatico, atteggiamenti sempre meno propositivi della politica determinano una forte preoccupazione per il futuro che pesa notevolmente sulla scelta di procreare.

Dalla parte delle donne

Se le cause sopra indicate che portano a non avere un figlio interessano entrambi i sessi, quando si affronta la questione dal lato femminile emerge un ulteriore aspetto da tenere in considerazione parlando di calo della natalità e che riguarda nello specifico il carico che le donne devono sostenere per la crescita dei figli.

Carico che molto spesso ancora oggi grava in prevalenza sulla madre e che spinge un considerevole numero di donne a ponderare molto attentamente la scelta di avere un figlio, arrivando il più delle volte a rinunciare al progetto visto l’impegno, spesso molto condizionante soprattutto dal punto di vista lavorativo, che questo comporterebbe.

La situazione italiana

La fotografia del rapporto UNFPA rispecchia in pieno la situazione italiana. Secondo l’ultimo rapporto Istat nel 2024 con 1,18 figli per donna è stato superato il dato minimo di 1,19 registrato nel 1995. In quell’anno erano nati 526mila bambini a fronte dei 370mila del 2024, un numero che segna un -2,6% rispetto al 2023. Una curva della natalità in continua decrescita, quindi, che riconferma l’Italia come uno dei paesi dove si fanno meno figli in Europa.

Al dato sulla fertilità, nel contesto dell’analisi del calo demografico, va affiancato quello che riguarda l’età media del primo figlio che si attesta a 32,6 anni, con una differenza praticamente nulla rispetto al 2023. Va da sé, infatti, che più cresce l’età in cui si decide di avere un figlio, maggiori possono essere le difficoltà che si incontrano nel procreare. Da ultimo nel novero delle ragioni della crisi demografica va aggiunta anche la diminuzione nel numero di matrimoni che non rappresentano più come un tempo il momento di passaggio preliminare alla decisione di avere un figlio.

In ogni caso le motivazioni più significative riportate dal rapporto UNFPA che portano a non progettare l’arrivo di un figlio valgono anche per la situazione italiana dove oggettive difficoltà economiche e lavorative, pesante carico di responsabilità che ricade sulle donne, incertezza per il futuro personale e insieme mondiale spingono alla decisione di non allargare la famiglia. Una decisione che non è frutto di un mancato desiderio bensì di un impedimento come ha affermato la dottoressa Natalia Kanem, direttrice esecutiva dell’UNFPA «Il problema è la mancanza di scelta, non la mancanza di desiderio: la risposta risiede nel garantire congedi parentali retribuiti, cure della fertilità a prezzi accessibili e partner collaborativi».

Il fallimento del Welfare

Un sistema di welfare molto fragile viene indicato dal rapporto UNPFA come una delle cause che spingono verso la decisione di non avere un figlio. E anche in questo caso la situazione italiana risulta in linea con quanto affermato dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione. Nonostante i bonus, i supporti economici e le facilitazioni introdotte dai vari governi, sussistono ostacoli reali al diventare genitori.

Primo fra tutti la mancanza di strutture, dai nidi fino alle scuole che rimangono chiuse per una lunga pausa estiva, che costringono le famiglie a sobbarcarsi oneri economici elevati, spesso insostenibili, per l’accudimento dei figli. E’ proprio la mancanza di una rete di supporto che non sia solo quella parentale, sulla quale non tutti e non sempre possono contare, a mettere molte donne di fronte alla scelta forzata tra l’avere un figlio e il continuare a lavorare.

Le differenze che persistono a livello di servizi dedicati all’infanzia tra Nord e Sud sono un ulteriore fattore che può comportare una rinuncia alla paternità e alla maternità in Italia.

Cosa si può fare per incrementare la natalità

Per invertire la tendenza ormai consolidata alla decrescita della natalità servono secondo l’UNFPA cambiamenti significativi nelle politiche per la famiglia che possano mettere tutti nella condizione di decidere liberamente di avere un figlio. È lo stesso rapporto UNFPA a segnalare che misure occasionali come i bonus bebè non possono essere sufficienti a fronteggiare il calo delle nascite.

Occorre impegnarsi sul fronte del lavoro perché sia il più possibile stabile e con un livello retributivo tale da consentire di rispondere adeguatamente alle necessità di un figlio, servono investimenti nell’edilizia popolare e la possibilità di congedi parentali retribuiti, già presenti in alcuni stati come l’Italia ma comunque da potenziare.

E serve inoltre, sempre come riportato nel report, estendere il supporto familiare, compresi i servizi dedicati alla fertilità, alla riproduzione e all’adozione, a persone che oggi ne sono escluse perché single, appartenenti alla comunità LGBTQIA+, oppure considerate troppo in là con gli anni per diventare madri.

Ma resta fondamentale, in prospettiva di mettere un freno alla crisi demografica, lavorare per un cambiamento culturale, già a partire dalla scuola, che porti a un sempre maggior coinvolgimento della popolazione maschile nelle cure familiari, così da alleggerire un carico che oggi pesa, spesso in maniera quasi esclusiva, sulle donne.

 
 
 

In breve

Nel mondo si fanno sempre meno figli. Non perché non li si voglia, ma perché una serie di fattori, soprattutto di ordine economico e lavorativo, spingono verso questa decisione che resta per molti non tanto una scelta quanto una vera e propria rinuncia. E’ quanto riportato dal report annuale del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione che delinea un quadro preoccupante nel quale la crisi della natalità viene imputata a una mancanza di interventi strutturali a favore della famiglia. 

 

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