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L’anemia in gravidanza è una condizione abbastanza diffusa. Consiste nella diminuzione, nel sangue della gestante, della quantità di emoglobina, la proteina che assicura il trasporto di ossigeno a tutto il corpo.
“L’anemia in gravidanza è solitamente dovuta a modificazioni fisiologiche dell’organismo della donna nei nove mesi e all’aumentato fabbisogno di questa proteina per soddisfare le esigenze del feto in crescita” spiega la ginecologa Stefania Piloni. “È però importante escludere alcune condizioni serie, legate ad anomalie del sangue ed affrontare il problema con una corretta alimentazione ed eventualmente l’assunzione di un’integrazione di ferro”.
Di cosa si tratta
La condizione più diffusa di anemia in gravidanza è quella sideropenica o da carenza di ferro. Compare quando, nell’organismo della donna in attesa, si verifica una condizione di insufficienza del numero dei globuli rossi o della loro capacità di trasportare ossigeno agli organi, in modo da soddisfare le esigenze del fisico della gestante, aumentate per la presenza del feto in crescita. Proprio nei globuli rossi è infatti presente l’emoglobina, una proteina che è sintetizzata a partire dal ferro circolante nell’organismo.
Si parla di anemia in gravidanza quando l’emoglobina scende al di sotto di determinati valori. Il livello ideale di emoglobina in gravidanza dovrebbe essere superiore a 12 grammi per decilitro di sangue. In particolare si considera una condizione di anemia se il valore dell’emoglobina è inferiore a 11 gr/dl nel primo trimestre, a 10.5 gr/dl nel secondo trimestre e a 11 gr/dl nel terzo trimestre. L’anemia in gravidanza, secondo gli esperti, riguarda circa il 20% delle gestanti in Occidente, ma oltre la metà delle future mamme nei Paesi in via di sviluppo, a causa della povertà e delle inadeguate condizioni alimentari.
Anemia megaloblastica in gravidanza
Esistono anche le anemie da acido folico e da vitamina B12. L’acido folico è una sostanza fondamentale per la salute dell’organismo, anche al di fuori della gravidanza. Infatti, è importante per la formazione dei globuli rossi, per la sintesi degli aminoacidi (elementi costitutivi delle proteine), per il midollo osseo e per il sistema nervoso. Durante la gestazione, il fabbisogno di questa vitamina aumenta, passando da 50 a 400 microgrammi al giorno, per coprire anche il fabbisogno del feto.
La vitamina B12 è necessaria per la formazione di globuli rossi maturi e in grado di trasportare una adeguata quantità di emoglobina.
L’anemia da carenza di acido folico e da vitamina B12 è chiamata megaloblastica, perché i globuli rossi sono più grandi rispetto alla norma.
Come si scopre l’anemia in gravidanza
L’anemia in gravidanza si scopre con l’emocromo, un controllo su tutti i componenti del sangue attraverso un prelievo di sangue venoso che viene prescritto durante la prima visita ginecologica. In quest’occasione, il medico prescrive anche il dosaggio di altre frazioni dell’emoglobina, come l’emoglobina fetale, l’emoglobina A2 e altre forme.
Inoltre si effettua anche il dosaggio dell’ematocrito, ossia della componente solida del sangue. Questo controllo è importante per escludere condizioni di anemia che sono legate all’ematocrito basso in gravidanza. I parametri di riferimento in questo caso sono ematocrito inferiore al 33% nel primo trimestre, inferiore al 32% nel secondo e nuovamente inferiore al 33% nel terzo trimestre.
Questi controlli sul sangue avvengono attorno alla 13a settimana, a meno che non siano stati effettuati prima della gravidanza stessa, per escludere condizioni come anemia mediterranea, anemia falciforme, talassemie e altre anomalie delle cellule del sangue.
Inoltre si esegue il dosaggio della ferritina, che valuta le “scorte” di ferro nell’organismo della donna. Questi controlli si possono eseguire nuovamente dopo che sono state aumentate le dosi di ferro con l’alimentazione, con gli integratori oppure con i farmaci. Si eseguono inoltre alla 28a settimana di gravidanza e alla 33a settimana, per monitorare la situazione e intervenire se necessario con ulteriori somministrazioni di ferro. Questi esami fanno parte dei Livelli essenziali di assistenza per il controllo della gravidanza fisiologica, quindi sono gratuiti per tutte le gestanti.
Sintomi
Se la gestante ha problemi di anemia da carenza di ferro, compaiono i classici sintomi che denotano i bassi livelli di di questa sostanza, ossia:
- debolezza, pallore della pelle e delle mucose
- mal di testa
- vertigini
- calo della pressione arteriosa
- alterazione del battito cardiaco.
Si tratta di sintomi abbastanza vaghi, che possono essere confusi con molti dei disturbi tipici della gestazione. Per questo, è importante parlarne con il ginecologo per escludere una condizione di anemia in gravidanza. Questo problema infatti può causare problemi molto seri, predisponendo a parto pretermine, rottura delle membrane e pre-eclampsia.
Rischi per il feto
È importante affrontare l’anemia in gravidanza perché questa condizione può causare disturbi al bambino che sta crescendo. In particolare possono comparire:
- aumentata incidenza di anomalie del tubo neurale, come la spina bifida, soprattutto se all’anemia da carenza di ferro si associa anche a quella dell’acido folico
- deficit dell’apprendimento e della memoria, che persistono anche in età adulta, in modo particolare se c’è anche carenza di vitamina B12
- disturbi metabolici come scarsa resistenza all’insulina, eccesso di tessuto adiposo e carenza di massa muscolare.
Anche per questa ragione, è importante segnalare al ginecologo qualsiasi disturbo ed eseguire gli esami e i controlli della gravidanza fisiologica.
Le cause dell’anemia in gravidanza
Durante la gravidanza il livello di emoglobina diminuisce spontaneamente, perché aumenta il volume del plasma (la parte liquida del sangue) in modo molto più rapido rispetto alla produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo.
Questo fenomeno del tutto normale si chiama emodiluizione ed è il motivo per cui l’anemia viene spesso riscontrata nei primi mesi, quando l’organismo del feto non ha ancora iniziato ad assorbire ferro dal sangue materno.
“Il rischio di anemia in gravidanza è più alto soprattutto se la donna aveva già problemi di anemia prima, per esempio per mestruazioni abbondanti, emorroidi sanguinanti, problemi di malassorbimento come la celiachia, alimentazione scorretta” avverte la professoressa Piloni.
Le cure per l’anemia in gravidanza
Per risolvere il problema dell’anemia è necessario, prima di tutto, seguire una dieta ricca di alimenti che contengano ferro, acido folico e vitamina B12. Nei casi più seri, dietro consiglio del ginecologo, possono servire farmaci o integratori con ferro. Alimenti come carne rossa e bianca, uova, pesce, ostriche sono ricchi di ferro e di vitamina B12.
I vegetali a foglia verde, come gli spinaci e i broccoli, contengono molto acido folico e ferro, questo in una forma che l’organismo riesce ad assimilare solo in parte rispetto a quella contenuta, per esempio, nella carne. Per aumentarne la biodisponibilità, è consigliabile abbinare il consumo di questi ortaggi con la vitamina C, che ne facilita l’assorbimento, per esempio condendo gli spinaci con succo di limone o bevendo spremuta di agrumi dopo aver consumato broccoli.
È importante non esagerare con il consumo di fibre: è vero che facilitano la regolarità intestinale, frequente in gravidanza, ma possono ridurre l’assorbimento del ferro e anche dell’acido folico. Altra precauzione da adottare è quella di non pasteggiare con il tè o bere il caffè a ridosso dei pasti ricchi di ferro. È scientificamente dimostrato, infatti, che queste bevande riducono l’assorbimento di ferro a causa della presenza di sostanze antinutrienti come i tannini e alcuni polifenoli che, legando il ferro, non lo rendono disponibile all’assorbimento.
In gravidanza è raccomandabile l’uso delle erbe aromatiche che, oltre ad insaporire carne e pesce e ad essere particolarmente ricche di ferro, permettono di renderlo maggiormente biodisponibile.
“Se si desidera seguire una cura naturale ed efficace contro l’anemia, la pianta utile per apportare ferro in gravidanza è la Medicago Sativa, anche detta Erba Medica, ricca di sali minerali e in particolare di ferro” suggerisce la ginecologa. Può essere assunta in compresse, dopo il pasto principale”.
Quando serve l’integrazione
Se non è possibile compensare la carenza di ferro con la sola alimentazione si ricorre a farmaci oppure a integratori a base di ferro, in compresse o fiale. “L’assunzione di ferro in gravidanza è preferibile dopo il pasto, per ottenere un assorbimento completo. Talvolta le feci materne assumono una colorazione più scura, ma questo non deve preoccupare, dal momento che è un fattore comune nella terapia con il ferro” rassicura la ginecologa.
Questi prodotti, tuttavia, in alcuni casi possono provocare stitichezza alternata a episodi di diarrea e mal di stomaco. Inoltre, dal momento che vanno assunti dopo i pasti, possono disturbare la digestione. Se compaiono questi spiacevoli episodi, è bene avvisare subito il medico, che provvederà a cambiare tipo di cura.
“La supplementazione di ferro viene spesso iniziata dopo il 5° mese e portata avanti per tutta la gestazione fino alla nascita del bambino. Poi, se la mamma sta bene e gli esami non riscontrano altri problemi di anemia, la cura si conclude. Infatti, è preferibile evitare l’assunzione di ferro in allattamento, poiché questa sostanza modifica il sapore del latte che potrebbe essere sgradito al neonato. Inoltre potrebbe causare coliche intestinali”.
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In breve
L’anemia in gravidanza, soprattutto da carenza di ferro, è una condizione frequente nei nove mesi. Si scopre con le analisi del sangue come l’emocromo e si affronta prima di tutto con una alimentazione sufficientemente ricca di ferro oltre che di acido folico e di vitamina B12