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Il buon funzionamento della placenta, l’organo che collega il nascituro alla mamma per fornirgli nutrimento e ossigeno, rappresenta una condizione prioritaria per il regolare procedere della gestazione e per evitare problemi di “sofferenza fetale”. In alcuni casi, però, possono verificarsi dei problemi che la coinvolgono e tra questi rientra appunto la cosiddetta “placenta previa” o bassa. Ecco cosa fare in caso di placenta previa con i consigli della dottoressa Daniela Fantini, ginecologa presso il consultorio Cemp di Milano.
Perché viene la placenta previa?
In questo modo si definisce una placenta che si sviluppa troppo in basso all’interno dell’utero (più propriamente a livello del “segmento uterino inferiore”) fino a ricoprirne il collo, in parte o completamente.
A differenza della parte medio-superiore della cavità uterina (o corpo dell’utero), dove di norma la placenta risulta posizionata, il segmento uterino inferiore tende a espandersi progressivamente durante il terzo trimestre di gravidanza e, in particolare, durante il travaglio di parto. In caso di placenta previa ciò si associa al progressivo distacco della sua area di inserzione il che determina perdite di sangue.
Come si scopre la placenta previa?
Il sanguinamento rappresenta l’unico sintomo di questo disturbo e tende a verificarsi a partire dalla 20a settimana di gestazione, nel corso dell’ultimo trimestre di attesa e/o durante il parto. Le perdite di sangue si contraddistinguono per un colore rosso vivo e non si associano a dolori.
La loro entità risulta variabile a seconda del tipo di placenta previa e possono essere piuttosto leggere o corrispondere a vere e proprie emorragie. Più precisamente si distinguono tre diverse tipologie del disturbo:
– marginale, quando la placenta tocca solo marginalmente l’orifizio;
– parziale se la placenta ostruisce parzialmente l’orifizio;
– totale quando la placenta ricopre l’orifizio totalmente. È la forma più grave.
Cosa fare in caso di placenta previa?
Il ginecologo ha modo di verificare chiaramente la presenza della placenta previa attraverso l’ecografia: in particolare, il sospetto tende a emergere nel corso della seconda ecografia (morfologica) e la conferma si ottiene attraverso l’esecuzione di un’ecografia transvaginale.
Riguardo al trattamento, dopo il primo episodio di sanguinamento vaginale, è previsto il ricovero ospedaliero, il riposo forzato (in particolare va evitata qualsiasi attività che aumenti la pressione intra-addominale e la posizione più consigliata è quella sdraiata) e l’astinenza da rapporti sessuali che potrebbero provocare ulteriori perdite ematiche inducendo l’inizio delle contrazioni o causare un trauma diretto.
Se il sanguinamento si ferma, di solito, si può tornare a casa: laddove si dovesse verificare un secondo episodio emorragico, la futura mamma verrà invece ricoverata nuovamente e tenuta in osservazione fino al parto.
Fonti / Bibliografia
- Screening Prenatale nel secondo trimestre - Ospedale Pediatrico Bambino GesùSono test utili per valutare la forma e la struttura degli organi fetali, oltre che per individuare le donne a rischio di sviluppare successive complicanze