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La gestosi in gravidanza, anche detta preeclampsia, è una complicanza della gravidanza piuttosto diffusa, che può essere trattata adeguatamente solo se viene individuata in tempo. In caso contrario, può avere serie conseguenze sia sulla mamma sia sul bambino. Si manifesta con aumento della pressione arteriosa della gestante, proteine nelle urine e altri segnali. “Non esiste una prevenzione che riduca a zero il rischio di questa malattia” avverte la dottoressa Elisabetta Colonese, ginecologa. “Tuttavia è possibile identificare i casi a rischio e attuare su questi una sorveglianza più intesa, con controlli specifici. Questo riduce in modo significativo le possibili conseguenze”.
Di cosa si tratta
La preeclampsia è nota fin dai tempi antichi: Ippocrate, il padre della medicina occidentale, ne parla già nei suoi trattati del IV secolo a.C. come di una condizione molto seria. Consiste in un’alterazione dello sviluppo dei vasi sanguigni che irrorano la placenta, per cause non ancora del tutto chiare.
Secondo le stime, attualmente interessa fino a una futura mamma su otto. La gestosi di solito compare dalla 20a settimana di gestazione fino a sei settimane prima del parto. Gli esperti la classificano in due tipi:
- preeclampsia placentare o a esordio precoce, che compare entro la 34a settimana di gravidanza
- preeclampsia tardiva o materna, che compare dall’8 mese in poi.
“Nelle fasi iniziali, la preeclampsia può essere asintomatica, ma spesso con il tempo porta a un peggioramento del quadro di salute generale” continua la ginecologa. “Proprio il fatto di non dare sintomi evidenti può causare un ritardo della diagnosi e, quindi, del controllo della malattia. Se non correttamente diagnosticata e trattata, la gestosi causa serie conseguenze per la madre, come aumento del rischio di eventi cardiovascolari e ischemici. Il bambino può avere basso peso alla nascita, oltre che un rischio aumentato di necessità di cure intensive neonatali”.
Diagnosi di gestosi
Poiché la preeclampsia può non dare sintomi, è importante effettuare controlli regolari sulla gestante, basandosi su alcuni valori del sangue e delle urine oltre che su esami strumentali.
Si monitora regolarmente la pressione arteriosa in gravidanza, sempre nel corso delle visite ginecologiche di routine. Se i valori di pressione arteriosa sono superiori a 140/90 mmHg, si effettua una successiva misurazione a distanza di 4 ore e se i valori si confermano elevati si pone il sospetto di gestosi.
Inoltre, nel corso della gravidanza si effettua l’analisi delle urine, nelle quali si analizza l’eventuale presenza di proteine, in particolare dell’albumina. Queste devono essere assenti oppure presenti in quantità ridotte. In particolare, per fare diagnosi di preeclampsia la proteinuria deve essere uguale o superiore a 2+ nelle urine. Un campione di urine delle 24 ore deve contenere almeno 300 mg di proteine, oppure il rapporto proteine/creatinina è pari o superiore a 0,3.
Si controlla la trombocitopenia o conta delle piastrine, che in caso di preeclampsia è inferiore a 100 K/mm3 e si effettua un controllo metabolico completo per valutare la funzionalità del fegato, che può risultare compromessa.
Infine si effettuano i controlli per l’insufficienza renale (concentrazione della creatinina sierica ≥ 1,1 mg/dl).
“È anche opportuno effettuare un’ecografia per controllare lo stato di salute della placenta e le condizioni generali del feto e la flussimetria delle arterie uterine” aggiunge la dottoressa Colonese. “Il controllo di biomarcatori specifici infine, in aggiunta alle verifiche già elencate prima, riduce significativamente il rischio che la gestosi provochi complicanze perché permette una diagnosi precoce”. È infatti disponibile un test di screening, di solito a pagamento ma che in alcune Regioni è gratuito, per individuare chi è più a rischio di incorrere in preeclampsia. Si esegue solo in alcuni casi tra l’11a e la 13a settimana di gestazione.
Consiste nella valutazione della presenza di fattori di rischio materni, misurazione della pressione arteriosa, valutazione della velocimetria Doppler delle arterie uterine e dosaggio di Placental like Growth Factor (PlGF, biomarcatore sierico materno prodotto dalla placenta). Alla fine della valutazione clinica ed ecografica si esegue il calcolo del rischio con uno specifico software.
Le cause
Non è ancora noto il meccanismo responsabile dell’insorgenza di questa condizione. Questa condizione potrebbe essere dovuta a un’alterazione nel patrimonio genetico del feto, un difetto dei vasi sanguigni materni (che anziché dilatarsi per consentire l’afflusso di sangue agli organi del bambino, subiscono una vasocostrizione) o una risposta immunitaria anomala della donna alla gravidanza.
Secondo gli studi più recenti, comunque, le cause della gestosi sono da ricercarsi in una vascolarizzazione difettosa della placenta che si svilupperebbe durante la gravidanza per motivi ancora non del tutto noti. La placenta “danneggiata” libererebbe sostanze “tossiche” (per esempio, la profibrina) che determinerebbero le alterazioni tipiche della gestosi, innescando nell’organismo materno una sorta di ‘non adattamento alla gravidanza’.
Come prevenirla
Come spiegato, sono già noti alcuni fattori che permettono di individuare i casi più a rischio di gestosi e, quindi, attuare una forma di prevenzione mirata. Di recente, un gruppo di ricercatori del Cedars-Sinai Medical Center, negli Usa, ha scoperto che uno squilibrio specifico di due proteine della placenta, la tirosin chinasi 1 fms-like solubile (sFlt-1) e il fattore di crescita placentale (PlGF) può indicare quali donne in gravidanza sono a rischio di sviluppare forme serie di preeclampsia.
Lo studio prospettico ha coinvolto 1.014 donne ricoverare per ipertensione in 18 diversi centri e i risultati sono stati pubblicati in uno studio sul New England Journal of Medicine Evidence. L’analisi ha provato che un rapporto tra sFlt-1 e PlGF uguale o superiore a 40 è indicativo dello sviluppo di preeclampsia grave e possibilità di andare incontro a parto pretermine entro due settimane, due volte su tre. Se il rapporto tra le due sostanze è sotto 40, il rischio che la preeclampsia progredisca con caratteristiche preoccupanti entro due settimane è inferiore al 5%.
La speranza in una biopsia liquida
La novità più recente arriva dal 41esimo Congresso annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia – Eshre, svoltosi a Parigi tra fine giugno e i primi di luglio 2025.
Gli esperti della Fondazione Carlos Simon e di iPremom hanno messo a punto una “biopsia liquida” che si effettua attraverso un esame del sangue da eseguire nel primo trimestre di gravidanza, che riuscirebbe a intercettare con precisione il rischio di preeclampsia 5 mesi prima che compaia. I ricercatori hanno coinvolto oltre 9.500 donne in gravidanza in 14 ospedali spagnoli tra settembre 2021 e giugno 2024, effettuando prelievi di sangue venoso in diversi momenti della gestazione.
In questi campioni di sangue, grazie ad avanzate tecniche di sequenziamento dell’Rna libero, sono stati individuate varianti che costituiscono una sorta di ‘firma molecolare’ di gestosi presenti in tessuti materni, tra i quali utero e placenta, mesi prima della comparsa dei sintomi, che segnalavano il futuro sviluppo di preeclampsia.
L’esame permette di individuare sia la gestosi a esordio precoce, sia quella a esordio tardivo. Questa biopsia liquida permette di identificare le gravidanze ad alto rischio in fase precoce permette un trattamento preventivo e un monitoraggio più attento per proteggere donna e bambino. Per questo gli scienziati sperano che possa entrare a breve nella pratica clinica come esame di screening.
Attenzione a questi segnali
La gestosi può essere diagnosticata precocemente grazie alle visite di controllo prenatali, agli esami elencati sopra ma è importante prestare attenzione a eventuali campanelli d’allarme come:
- disturbi che coinvolgono il sistema nervoso centrale, come crisi convulsive, cefalea persistente (che non risponde ai comuni antidolorifici) e problemi della vista (visione sfuocata, effetto “mosche volanti”)
- presenza di edema (gonfiore) alle gambe, alle caviglie, alle mani (non entrano più gli anelli) e al viso
- rapido aumento del peso corporeo, non giustificato dall’alimentazione, con ritenzione di liquidi e scarsa produzione di pipì
- nausea e vomito
- dolore nella parte alta dell’addome (dolore epigastrico, ossia nella zona dello stomaco, sotto le costole)
- eccessivo sanguinamento nei punti dove vengono eseguite iniezioni o prelievi del sangue e possibile comparsa di emolisi (ossia un’importante distruzione dei globuli rossi), che si manifesta con debolezza, vertigini, malessere, pallore
- malessere generale, affanno, battito cardiaco alterato (tachicardia).
Questi disturbi vanno immediatamente segnalati al medico.
Rischi e cure
La preeclampsia non individuata per tempo può avere serie conseguenze sia sulla gestante, sia sul feto. In particolare nella donna può causare:
- problemi della coagulazione del sangue con rischio di trombi
- danni a fegato e a reni
- eclampsia, una condizione caratterizzata da convulsioni simili a crisi epilettiche, dalla quale deriva appunto la definizione di preeclampsia.
Il bambino può rischiare:
- parto prematuro
- problemi respiratori dovuti appunto alla nascita pretermine e quindi all’incompleto sviluppo dei polmoni
- crescita rallentata e problemi di sviluppo.
Cure per la preeclampsia in gravidanza
Nella maggioranza dei casi, per tenere sotto controllo la gestosi sono sufficienti il riposo a letto (poiché gli sforzi fisici fanno aumentare la pressione arteriosa), una alimentazione povera di sale (perché il sale trattiene acqua nei tessuti favorendo i gonfiori e l’aumento di peso) e un attento monitoraggio della pressione arteriosa e della salute del feto.
- In alcune situazioni, però, può essere necessario il ricovero in ospedale (dotato di reparto di terapia intensiva neonatale), per la somministrazione di magnesio solfato per via endovenosa, utile per prevenire la comparsa di eclampsia
- Altri farmaci per bocca possono essere associati nel trattamento della pre eclampsia: metildopa, beta-bloccanti (soprattutto labetalolo) e calcio-antagonisti per abbassare la pressione, diuretici per favorire la funzionalità renale ed evitare la ritenzione idrica e i gonfiori, anticoagulanti, come l’Aspirina, per favorire la fluidità del sangue
- I farmaci anti-ipertensivi vanno assunti dalla donna con ipertensione cronica già dalle prime settimane di gravidanza o prima ancora. Si può utilizzare il solfato di magnesio per infusione come protezione per il neonato prematuro e per l’azione stabilizzante sulla pressione arteriosa della mamma che riduce il rischio di eventi convulsivi.
- Le donne più a rischio spesso hanno crisi anche dopo il parto e vanno quindi controllate per un certo periodo dopo la nascita del bebè.
Una volta che la gestosi è conclamata, l’unica cura è l’induzione del parto per evitare conseguenze su donna e bambino. Ecco perché è essenziale una diagnosi precoce.
Le donne più a rischio
È essenziale affrontare la preeclampsia per tempo, ma per farlo occorre individuare i casi a rischio e concentrare su quelli un monitoraggio più attento. Corrono un rischio più elevato di gestosi gravidica le donne che:
- hanno un’età avanzata, soprattutto dopo i 40 anni
- sono in attesa di gemelli
- soffrivano di ipertensione arteriosa già prima della gravidanza
- hanno problemi di diabete gestazionale
- sono sovrappeso oppure obese
- hanno una storia famigliare di preeclampsia
“Infine, corrono un rischio più elevato le donne che hanno sofferto di questo problema in una gravidanza precedente” conclude la ginecologa.
In breve
La preeclampsia o gestosi è caratterizzata da aumento della pressione arteriosa, proteine nelle urine e altri segnali. Va controllata con modifiche allo stile di vita e assunzione di aspirina.
Fonti / Bibliografia
- Preeclampsia: quali sono i sintomi e le cause? - Humanitas Medical CareLa preeclampsia è una condizione caratterizzata da ipertensione di nuova insorgenza dopo la 20a settimana di gravidanza.
- ESHRE 41st Annual Meeting of ESHRE, ESHRE 2025 | Official Website