Listeria in gravidanza: sintomi, conseguenze e cure

Roberta Raviolo A cura di Roberta Raviolo, con la consulenza di Fabrizio Pregliasco - Dottore specialista in Infettivologia Pubblicato il 02/10/2025 Aggiornato il 02/10/2025

Può causare seri problemi di salute e anche aborto, se contratta in gravidanza attraverso il consumo di cibi crudi come formaggi a pasta molle, carne e pesce crudo, uova non pastorizzate.

Listeria in gravidanza: sintomi, conseguenze e cure

La listeria in gravidanza può provocare seri problemi alla mamma e al feto. Questo batterio, infatti, provoca la listeriosi, un’infezione che durante i nove mesi spesso ha un decorso serio, causando problemi neurologici e muscolari alla donna.

Inoltre può passare al bambino attraverso la placenta e causare una nascita pretermine, oppure può contagiare il neonato al momento del parto provocando conseguenze neurologiche. Il microrganismo è presente in alcuni cibi e la donna si contagia attraverso il loro consumo. Ecco perché la listeria, in gravidanza soprattutto, va combattuta con una corretta igiene degli alimenti.

Sintomi

La listeria in gravidanza, inizialmente, provoca sintomi piuttosto vaghi, che possono a volte essere confusi con disturbi della gestazione stessa. A distanza di giorni o anche di settimane dal contagio con il batterio, possono comparire:

  • malessere generalizzato
  • febbre
  • dolori muscolari
  • brividi
  • dolori addominali
  • diarrea
  • vomito.

In questa fase, è difficile fare la diagnosi proprio perché è complesso collegare i sintomi con l’infezione da Listeria. Se questa si diffonde, raggiunge il sistema nervoso attraverso il sangue provocando malesseri come:

  • mal di testa intenso
  • rigidità del collo
  • vertigini
  • confusione mentale
  • convulsioni
  • coma, nei casi più seri.

La listeria in gravidanza può causare danni molto seri perché l’organismo della gestante ha difese poco attive, come succede per esempio nel caso di bambini piccoli, anziani e persone con malattie croniche o oncologiche.

L’infezione può condurre anche al decesso.

Come si prende

La listeriosi non si diffonde da persona a persona, ma attraverso i cibi che contengono il batterio. “È una malattia a trasmissione alimentare dovuta a un batterio chiamato Listeria monocytogenes, che si trova praticamente ovunque nel terreno e nelle acque” spiega Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene generale e direttore Scuola di specializzazione in Igiene e medicina preventiva Università degli studi di Milano.

“Può contaminare molti prodotti alimentari, in modo particolare le uova, gli insaccati, i formaggi a pasta molle, le carni e il pesce crudo. La cottura elimina il batterio, quindi il consumo delle uova cotte mette al riparo da rischi”. Ingerire, invece, insaccati e formaggi non stagionati (perché il processo di stagionatura uccide il batterio) può trasmettere l’infezione. Nelle persone giovani e in buone condizioni di salute il contagio non crea disturbi preoccupanti.

Secondo e terzo mese di gravidanza

La donna in attesa, a causa del sistema di difese meno efficiente, ha la possibilità di contrarre un’infezione da listeria fino a 30 volte in più rispetto ai soggetti sani. La listeriosi provoca serie conseguenze se contratta soprattutto nel primo trimestre di gravidanza.

Il batterio, infatti, riesce ad arrivare alla placenta e provoca un’infiammazione generalizzata, chiamata placentite. In questa fase, durante il secondo e il terzo mese, il feto è nei primi stadi del suo sviluppo e il contagio causato dalla Listeria può interrompere la sua evoluzione e provocare una situazione così compromessa all’interno dell’utero da causare un aborto spontaneo.

A volte può capitare che una donna nel secondo e nel terzo mese di gravidanza abbia un aborto perché, senza saperlo, potrebbe essere stata contagiata da listeria, anche in assenza di sintomi. Il bambino contagiato alla nascita può avere problemi respiratori e sviluppare meningite.

Cure

Se si sospetta che una donna abbia contratto la listeria in gravidanza, è opportuno effettuare l’analisi batteriologica del sangue e del liquido cerebrospinale, per individuare l’eventuale presenza del batterio.

In caso di risultato positivo, è necessario effettuare un trattamento con antibiotici, in particolare con eritromicina. Questo farmaco, in gravidanza, deve essere assunto solo se strettamente necessario e dopo aver valutato con i medici il rapporto rischio-beneficio.

“Per questo, sarebbe importante non arrivare a contrarre la Listeria in gravidanza e questo è possibile con alcune regole di prevenzione” aggiunge l’esperto. “Andrebbero seguite non solo nei nove mesi ma anche da anziani, bambini piccoli e persone con problemi di salute. Difendono da altre infezioni alimentari importanti, come quelle dovute a Salmonella ed Escherichia coli“. 

  • Evitare di consumare formaggi a pasta molle o semi-molle, o erborinati e in generale preparati con latte non pastorizzato, salmone affumicato, maionese preparata con uova crude, insaccati
  • Lavare con cura le superfici e gli strumenti utilizzati per la preparazione del cibo, igienizzando bene le mai prima e dopo aver manipolato i prodotti
  • Utilizzare sempre acqua sicura e materie prime di qualità
  • Non porre a diretto contatto cibi cotti con prodotti crudi
  • Cuocere i cibi ad alte temperature, facendo in modo che nelle parti interne si raggiungano almeno i 70 gradi per uccidere la Listeria e anche altri batteri
  • Far raffreddare le preparazioni e riporle in frigorifero, riscaldandole bene prima di consumarle.

Per qualsiasi dubbio sulla preparazione dei cibi in gravidanza e per segnalare malesseri è bene confrontarsi con il ginecologo.

Photo by Matilda Wormwood for pexels

 
 
 

In breve

La Listeria in gravidanza causa sintomi vaghi, simili a quelli di una forma influenzale, ma può causare aborto oppure passare al bambino con serie conseguenze. Per questo è bene evitare tutti i cibi crudi che possono contenere il batterio e lavare con cura le mani e gli strumenti entrati a contatto con i prodotti crudi.

 

Le informazioni contenute in questo sito non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto fra professionisti della salute e l’utente. È pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o specialisti.

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