Argomenti trattati
In che cosa consiste la toxoplasmosi
La toxoplasmosi è una malattia infettiva molto diffusa e, in genere, innocua: si calcola che circa l’80 cento della popolazione italiana abbia contratto questa infezione prima dei vent’anni d’età, di solito senza nemmeno accorgersene. Infatti, nella maggior parte dei casi (il 90 per cento, secondo le statistiche più recenti), la toxoplasmosi non procura sintomi particolari, ma solo, e non sempre, un leggero mal di gola e qualche linea di febbre, poco più di 37°C. Contratta in gravidanza, però, la toxoplasmosi può diventare una malattia pericolosa per il bebè nel pancione. L’infezione può, infatti, trasmettersi al feto attraverso la placenta (l’organo che ossigena e nutre il nascituro per nove mesi) e provocargli lesioni anche serie. L’infezione da toxoplasma può interferire con il regolare sviluppo dell’embrione e del feto e svolgere un’azione che viene definita “teratogena” (ossia responsabile di malformazioni). Lo stesso effetto possono avere, per esempio, le radiazioni, alcune sostanze chimiche, determinati farmaci, il virus della rosolia e il citomegalovirus.
Come si trasmette
Responsabile dell’infezione è il Toxoplasma gondii, un parassita degli animali, che può trasmettersi all’uomo in vari modi. Il contagio può avvenire:
- attraverso alcuni alimenti come, per esempio, la carne cruda o poco cotta, le uova crude, il salame, le salsicce e il prosciutto crudo;
- mangiando frutta e verdura cruda che sia stata contaminata;
- attraverso il contatto con gli escrementi infetti degli animali, soprattutto del gatto.
Dopo aver contratto la toxoplasmosi, si resta immunizzati per tutta la vita, perché il sistema immunitario (cioè di difesa naturale dell’organismo) in seguito alla malattia produce gli anticorpi antitoxoplasma, impedendo così in futuro un nuovo contagio.
Quando avviene il contagio
La trasmissione dell’infezione dalla mamma al feto (cosiddetta trasmissione verticale) avviene solo durante la fase acuta della malattia (fase parassitemica). I fattori principali che determinano la probabilità di contagio dalla madre al feto sono due: il mese di gestazione al momento in cui avviene il contagio materno la somministrazione o meno di cura di antibiotici specifici, una volta scoperta la malattia. Il rischio di infezione per il nascituro, comunque, è direttamente proporzionale al mese di gestazione in cui avviene il contagio. Il rischio è minore nel primo trimestre di gravidanza: in questo periodo ci sono meno probabilità che l’infezione contratta dalla madre raggiunga il feto. Se, però, dovesse accadere le conseguenze sarebbero più serie. Man mano che la gravidanza progredisce, aumentano le probabilità che il feto venga contagiato. Le conseguenze dell’infezione, però, in questo caso sono meno serie.
Si scopre così
L’infezione viene scoperta attraverso il toxotest, uno degli esami di routine che si effettuano regolarmente per controllare l’andamento della gravidanza. Si tratta di un esame del sangue che, in genere, viene prescritto subito dopo la diagnosi di gravidanza. Il test permette di verificare la presenza nel sangue materno degli anticorpi antitoxoplasma e quindi di accertare se la donna è già immunizzata contro questa infezione. Se il risultato dell’esame è positivo, significa che la mamma è immune perché ha contratto in passato la malattia (magari senza saperlo). In questo caso il feto non corre alcun rischio e non occorre ripetere l’esame. Se il risultato è negativo vuol dire che non v’è traccia degli anticorpi e quindi esiste il rischio potenziale di contrarre l’infezione. Sarà perciò necessario ripetere il toxotest tutti i mesi fino alla fine della gravidanza e osservare una serie di precauzioni che vanno sotto il nome di profilassi. Per effettuare il toxotest è bene rivolgersi agli ospedali o ai laboratori di analisi ben attrezzati, perché si tratta di un esame altamente specialistico. Per ottenere il risultato occorre, infatti, una procedura molto articolata che si basa sull’esecuzione di diversi tipi di test sofisticati. Lo stesso test può anche mostrare una diversa sensibilità a seconda dei vari stadi dell’infezione. Ecco perché è necessario ripeterlo spesso.
Le regole di prevenzione
Contro la toxoplasmosi non esiste alcuna vaccinazione. L’unico rimedio per la futura mamma che non abbia contratto la malattia consiste quindi nell’effettuare controlli periodici, eseguendo, per esempio, il toxo-test ogni mese, e osservando alcune semplici misure precauzionali che riguardano soprattutto l’igiene e l’alimentazione. La futura mamma dovrebbe perciò:
- evitare di consumare carne cruda o al sangue; la carne dovrebbe essere mangiata sempre ben cotta;
- non mangiare uova crude, anche se fresche di giornata;
- eliminare dalla propria dieta gli insaccati, come il salame, le salsicce e il prosciutto crudo;
- lavare accuratamente la frutta e la verdura, specialmente quella da consumare cruda come l’insalata. Frutta e verdura dovranno essere disinfettate con un’apposita soluzione da acquistare in farmacia su consiglio del medico;
- sbucciare ortaggi e frutta, quando è possibile, prima di consumarli. Pelare quindi sempre le zucchine, le melanzane, le carote, i peperoni prima di cuocerli; rinunciare al giardinaggio per tutto il periodo della gravidanza.
Le precauzioni se c’è un gatto in casa
Chi ha in casa animali domestici, il gatto in particolare non deve separarsene durante la gravidanza, anche quando non è immune alla toxoplasmosi. È bene, invece, osservare da subito alcune precauzioni. Innanzitutto occorre sottoporre il gatto a una visita dal veterinario per controllare che sia sano. È indispensabile poi osservare un’igiene scrupolosa per quanto riguarda la cassetta del gatto, che dovrà essere pulita tutti i giorni, rinnovando completamente anche la sabbia. Sarebbe meglio che questa operazione non venisse eseguita dalla futura mamma ma da qualcun altro, per esempio dal compagno. Altrimenti la futura mamma può indossare dei guanti usa-e-getta. La pulizia quotidiana della cassettina è, comunque, una precauzione sufficiente a eliminare il rischio del contagio, perché, anche se il gatto è malato, le sue feci diventano infettive dopo circa 36 ore. In ogni caso sarebbe anche meglio evitare che il gatto dorma sul letto.
Le cure e i controlli
Una volta accertata l’infezione, è necessario prescrivere alla futura mamma una cura di antibiotici a base di spiramicina, che permette di tenere la malattia sotto controllo. Occorre poi prevedere degli accertamenti per verificare se l’infezione si è trasmessa al feto. Nella scelta della cura, il medico tiene comunque in considerazione anche il mese di gravidanza durante il quale è avvenuto il contagio. Nel caso l’infezione si sia trasmessa al feto, può essere prescritta una cura a base di pirimetamina-sulfamidici, in aggiunta alla spiramicina.
È possibile effettuare diversi esami per verificare se il feto abbia o meno contratto l’infezione dalla madre e se ne ha riportato danni. Gli esami si eseguono:
- Sul sangue del feto: si verifica la presenza del parassita nel sangue fetale mediante un prelievo di sangue dal cordone ombelicale (esame che va sotto il nome di cordocentesi o funicolocentesi). Questo test viene eseguito sotto controllo ecografico.
- Sul liquido amniotico: in questo caso si effettua un’amniocentesi (cioè il prelievo del liquido amniotico attraverso un sottolissimo ago). Di recente si preferisce ricorrere a questo esame piuttosto che alla cordocentesi, perché è meno rischioso.
- Tramite ecografia da ripetere tutti i mesi.
4 consigli per la mamma
- Prima del concepimento tutte le donne che desiderano un figlio dovrebbero sottoporsi per tempo al toxotest.
- Non appena accertato lo stato di gravidanza, è bene eseguire subito il toxotest. L’esame è gratuito.
- In caso di risultato negativo (cioè di non immunità al toxoplasma), farsi indicare dal medico le precauzioni da adottare e ripetere tutti i mesi il test e l’ecografia.
- Sottoporsi ai necessari controlli ed effettuare le cure indicate dal medico, nel caso si sia contratta l’infezione. Le cure sono importanti per tenere sotto controllo l’evoluzione della malattia e impedire così che si trasmetta al feto.