Gravidanza post tumore al seno: la speranza aumenta grazie alla ricerca

Roberta Raviolo A cura di Roberta Raviolo Pubblicato il 06/03/2023 Aggiornato il 06/03/2023

La ricerca scientifica e le possibilità offerte dalla procreazione medicalmente assistita rendono possibile per molte donne la gravidanza post tumore al seno

Avere una gravidanza post tumore al seno è un sogno realizzabile grazie ai progressi della medicina

Sapere di avere un tumore al seno è un trauma a qualsiasi età e lo è in misura maggiore quando una donna è giovane. Le cure necessarie per guarire possono infatti interferire con le capacità riproduttive. Oggi però, gli esperti sono rassicuranti: una gravidanza post tumore al seno è possibile grazie ai progressi della medicina e alle procedure offerte dalla procreazione medicalmente assistita.

Le cure contro il tumore possono danneggiare la fertilità?

Quando una donna segue una cura per affrontare un tumore, i trattamenti possono avere ripercussioni sulla fertilità. Il rischio esiste soprattutto quando la malattia coinvolge utero e ovaie, coinvolti direttamente nella riproduzione. L’asportazione di questi organi lascia infatti la donna priva della possibilità di produrre le ovociti destinati a essere fecondati dagli spermatozoi. Inoltre viene a mancare la sede che accoglie l’embrione e gli permette di svilupparsi. Anche la radioterapia nella zona della pelvica, oltre che la chemioterapia sistemica, possono danneggiare i tessuti deputati alla riproduzione, danneggiando le capacità riproduttive della donna.

Quali farmaci contro il tumore al seno si impiegano?

Nel caso la donna abbia avuto un tumore al seno, può essere necessaria l’assunzione di farmaci in grado di interferire con la fertilità. Questi fanno parte della cosiddetta terapia ormonale, utile in almeno un terzo di tutti i casi di neoplasie al seno, ossia in quelle forme che crescono e si diffondono per l’attività degli estrogeni, gli ormoni femminili. In questo caso, assumere determinati farmaci significa anche bloccare la malattia e prevenire eventuali recidive. I farmaci attualmente in uso sono di diversi tipi:

  • gli antiestrogeni che inibiscono la crescita delle cellule tumorali impedendo loro di utilizzare gli estrogeni naturali prodotti dall’organismo della donna;
  • gli inibitori dell’aromatasi che bloccano a monte la produzione degli estrogeni stessi;
  • gli analoghi dell’LH-RH o down-regulator ipofisari che inibiscono la produzione di alcuni ormoni dell’ipofisi a loro volta collegati con la sintesi degli estrogeni.

Che cosa comporta l’assunzione dei farmaci contro il tumore al seno?

I farmaci di tipo ormonale, assunti nella donna ancora in età fertile,  hanno l’effetto di inibire momentaneamente le capacità riproduttive. In alcuni casi questa terapia viene seguita per 5-10 anni, durante i quali la funzionalità ovarica è soppressa e il concepimento non può avvenire. Gli esperti assicurano che la diagnosi di tumore e le successive cure non pregiudicano le possibilità di una gravidanza post tumore al seno. Uno studio controllato e prospettico condotto proprio dall’Istituto Europeo di Oncologia ha dimostrato che la sospensione temporanea della terapia ormonale dopo 18-30 mesi, per poi riprenderla una volta ottenuta la gravidanza, non favorisce la recidiva del tumore. Dati ancora più rassicuranti esistono in merito alla possibilità di avere un bambino una volta concluso l’intero trattamento.

In che modo la procreazione assistita può aiutare la donna?

Una opportunità molto importante, della quale è necessario che le donne siano al corrente, è rappresentata dalle procedure di Procreazione medicalmente assistita. Queste procedure permettono di raccogliere e di crioconservare sia gli ovociti della donna sia gli spermatozoi (nel caso di un tumore dell’uomo ai testicoli, per esempio) e di pianificare la gestazione in seguito. Si tratta di una possibilità importante anche nel caso di gravidanza post tumore al seno, della quale è essenziale informare le donne. “Nessuna donna dovrebbe rinunciare alla maternità a causa del cancro e della mancanza di informazioni” avverte la dottoressa Daniela Galliano specialista in Ostetricia, Ginecologia e Medicina della Riproduzione, responsabile del centro PMA IVI di Roma. “Oggi sono disponibili varie tecniche per cercare di preservare la fertilità nelle donne che devono affrontare le cure contro un tumore. La protezione farmacologica delle ovaie, il congelamento del tessuto ovarico nel caso delle giovanissime che non hanno raggiunto ancora la pubertà, ma soprattutto il congelamento degli ovociti”.

Come si può stabilire la necessità di un intervento di procreazione assistita?

Nel corso della prima visita presso il centro di fertilità, gli specialisti effettuano un’analisi ginecologica completa e illustrano i vari passi della preservazione della fertilità. Dopo l’analisi del rapporto dell’oncologo, si prendono in considerazione diversi fattori tra cui età e tempo di cui si dispone prima di iniziare il trattamento medico. Nel caso della donna, si studierà la funzionalità ovarica e, se il tipo di tumore e le indicazioni dell’oncologo lo permettono, si procede con la stimolazione ovarica e un prelievo per poter ottenere il massimo numero possibile di ovuli da conservare. L’ideale sarebbe ripetere il processo dopo aver mantenuto vari giorni di astinenza dai rapporti sessuali, in modo da garantire che il campione sia di migliore qualità.

 

 

 
 
 

In sintesi

La stimolazione ovarica non è pericolosa per le donne con tumore ormono-dipendente?

Si tratta di un tema molto delicato. Oggi ampi studi non hanno mostrato un aumento di rischio oncologico correlato alle terapie per l’infertilità, considerando anche il fatto che i medicinali utilizzati nei percorsi di PMA sono efficaci e precisi, somministrati secondo protocolli ormai ben conosciuti. Il consiglio per le donne che intraprendono percorsi di procreazione assistita è quello valido per tutte le donne, cioè seguire le indicazioni nazionali per gli screening oncologici, in base all’età e al profilo di rischio.

La preservazione della fertilità per motivi medici a chi è indicata?

È consigliabile per :

  • uomini e donne che devono sottoporsi a un trattamento di chemioterapia o radioterapia, oppure a un trapianto del midollo osseo;
  • donne che si devono sottoporre a un’operazione chirurgica con rischio di perdita totale o parziale delle ovaie, come le donne con diagnosi di endometriosi;
  • uomini che devono sottoporsi a un’operazione chirurgica che potrebbe comprometterne la capacità di generare spermatozoi, come nel caso del tumore del testicolo.

 

Fonti / Bibliografia

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