Bi test in gravidanza: cos’è e quando farlo

Roberta Raviolo A cura di Roberta Raviolo, con la consulenza di Floriana Carbone - Dottoressa specialista in Ginecologia Pubblicato il 23/09/2025 Aggiornato il 23/09/2025

Anche se non è un esame diagnostico, nel senso che non riferisce se il feto ha un'anomalia cromosomica, aiuta a capire se esiste un certo rischio.

bi test gravidanza

Il bi test, o test combinato oppure duo test, è un esame che si può effettuare nel primo trimestre di gravidanza. Viene utilizzato per stimare il rischio che il feto sia affetto da anomalie cromosomiche.

Il bi test è un test di screening del primo trimestre di gravidanza, ossia riferisce solo se la possibilità di problemi a carico del bambino è elevata. Non consente invece una diagnosi di certezza, che invece si può ottenere con procedure invasive come villocentesi e amniocentesi. Il principale vantaggio del bi test, infatti, è che non espone in alcun modo al rischio di aborto, essendo un test non invasivo.

A cosa serve

Si tratta di un esame che permette di calcolare il rischio che il bambino sia soggetto ad alcune malattie cromosomiche, basandosi su tre parametri, indipendenti tra loro: età materna, ecografia ostetrica con misurazione della traslucenza nucale e prelievo di sangue materno per il dosaggio di due sostanze (PAPP-A e free Beta-Hcg).

“L’unione di questi tre parametri per il calcolo del rischio ha aumentato notevolmente la percentuale di rischio per la Sindrome di Down, riuscendo ad identificare circa il 90% dei feti affetti. Il falso positivo, quando dal risultato il feto sembra malato e, invece, è sano, è di appena il 5%” chiarisce la dottoressa Floriana Carbone, ginecologa e responsabile Pelvic Unit Policlinico di Milano. “Prima dell’avvento dell’ecografia e dell’introduzione del prelievo di sangue materno, veniva utilizzato un solo parametro, ovvero l’età materna e la probabilità di individuare che il feto fosse malato era solo del 50%. Grazie alla combinazione di altri parametri, il risultato del test riferisce su base probabilistica il rischio che il feto possa essere affetto da una malattia cromosomica”. Ecco alcune delle anomalie più diffuse che il bi test può aiutare a identificare.

Sindrome di Down o Trisomia 21

È una malattia cromosomica dovuta alla presenza di tre copie del cromosoma 21 anziché due. Colpisce circa 1 neonato su 1.000. Il rischio è maggiore con l’aumentare dell’età materna. Se a 25 anni la possibilità di avere un bambino con questa anomalia è di 1 su 1250, a 35 anni la possibilità è di 1 su 350, passando a 1 su 100 a 40 anni. “La Sindrome di Down ha caratteristiche fisiche tipiche, come statura inferiore alla media, radice del naso piatta e naso piccolo, occhi allungati con palpebre cadenti (la cosiddetta “piega epicantica”), orecchie piccole e a basso impianto, dita corte. Inoltre, sono presenti ritardo nello sviluppo motorio, eventuali malformazioni cardiache e gastrointestinali congenite, disturbi uditivi e visivi” aggiunge la ginecologa. La disabilità cognitiva è variabile, con possibile ritardo dello sviluppo intellettivo e difficoltà nell’apprendimento.

Sindrome di Patau o Trisomia 13

È una malattia cromosomica piuttosto rara, che riguarda un feto su 8-15.000, dovuta alla presenza di una copia in più del cromosoma 13. Provoca una serie di anomalie nella morfologia fetale, soprattutto a livello cardiaco e cerebrale. Le gravidanze con feti con Sindrome di Patau spesso vanno incontro ad aborto spontaneo, per la gravità di tali malformazioni. I bimbi nati con questa anomalia, se arrivano alla nascita, sopravvivono poche settimane e difficilmente raggiungono l’anno di età.

Sindrome di Edwards o Trisomia 18

Questa anomalia genetica coinvolge un bambino su 6-8.000 circa ed è dovuta alla presenza di una copia aggiuntiva del cromosoma 18. La Sindrome di Edwards è molto seria e, nella maggior parte dei casi, incompatibile con la vita. Le malformazioni tipiche colpiscono soprattutto volto e sviluppo dell’encefalo, ma anche cuore, tratto gastrointestinale e apparato scheletrico. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa un bambino su 10 nati vivi sopravvive oltre l’anno, con disabilità fisiche e mentali. La sopravvivenza fino all’età adulta è molto rara.

Quando si fa

Il bi test viene consigliato alle donne che desiderano avere informazioni sulla salute del nascituro, senza ricorrere a esami invasivi come la villocentesi e l’amniocentesi. L’epoca gestazionale ottimale per la sua esecuzione è tra l’11a e la 14a settimana (da 11+0 a 13+6 settimane gestazionali).

Non è un test obbligatorio, quindi la scelta di eseguirlo o meno rimane libera, dopo che la coppia è stata adeguatamente informata dallo specialista. Tale scelta deve prendere in considerazione il fatto che il risultato del test non fornisce una diagnosi certa, bensì una probabilità sotto forma di percentuale. “In caso di risultato dubbio o ad alto rischio, la coppia può decidere se sottoporsi a ulteriori esami come test del Dna fetale o procedure invasive come l’amniocentesi, dopo una consulenza eseguita da specialisti in diagnosi prenatale” aggiunge la dottoressa Carbone.

Come si svolge l’esame

Il bi test è costituito da due esami: un prelievo di sangue materno che permette il dosaggio di due sostanze e un’ecografia ostetrica eseguita dal ginecologo.

Il prelievo del sangue

È un normale prelievo di sangue venoso dall’avambraccio, per il quale non è necessario restare a digiuno. Sono due le sostanze che vengono dosate:

La free Beta-Hcg o subunità libera della gonadotropina corionica umana, prodotta dalla placenta dopo l’impianto dell’embrione. “Il valore misurato nel sangue materno viene trasformato, per il calcolo del rischio nel test, in un valore espresso come “MoM” ossia multiplo della mediana. Si prende come riferimento una gravidanza “fisiologica”, si aggiungono variabili come peso materno, abitudine al fumo, gruppo etnico e metodo di concepimento”. In caso di trisomia 21 il valore di free Beta-Hcg è alto, superiore a 1 MoM, mentre tale valore per la trisomia 13 e 18 risulta basso.

PAPP-A, o proteina plasmatica associata alla gravidanza, una glicoproteina presente nel sangue della donna dalle prime settimane di gestazione. Anche il valore della PAPP-A viene corretto come multiplo della mediana. “Nei feti con trisomia 21, solitamente la MoM è ridotta (inferiore a 1) mentre risulta ancora più bassa in caso di trisomia 13 o 18.”

L’ecografia

Si tratta di un esame ecografico che, come gli altri che si eseguono durante la gravidanza, è assolutamente innocuo per il feto e indolore per la donna. “Nella maggior parte dei casi, l’esame viene condotto per via addominale, ovvero posizionando la sonda ecografica sull’addome della mamma” continua la ginecologa. “L’ecografia permette la visualizzazione della camera gestazionale dentro l’utero e dell’embrione, che deve presentare determinate caratteristiche anatomiche per poter pensare che non è soggetto ad anomali cromosomiche”. Tra queste, la più importante ai fini del test combinato è la misurazione della translucenza nucale, ovvero una sottile raccolta di liquido nella zona della nuca del bambino. Un aumento dello spessore della translucenza nucale misurata durante l’ecografia, può essere indice di anomalie cromosomiche come la trisomia 21, 13 o 18.

Valori di riferimento

I risultati del prelievo del sangue e dell’ecografia vengono confrontati e ricalcolati attraverso algoritmi che permettono di stabilire, anche in base all’età materna, il rischio probabilistico che il feto abbia una anomalia cromosomica. A seconda dei risultati ottenuti dal software di calcolo, si parla di:

  • Alto rischio, con valori tra 1:1 e 1:250
  • Rischio intermedio, con valori tra 1:250 e 1:1000
  • Basso rischio, con valori superiori a 1:1000.

La precisione del bi test è elevata, circa del 90%. Esiste però una piccola percentuale di falsi positivi. Il referto può cioè erroneamente indicare che esiste un elevato rischio di anomalie che, invece, non sono presenti. Per questo motivo, se la donna desidera avere maggiori certezze, può scegliere di effettuare il test del DNA fetale che è però un altro esame di screening con una percentuale di falsi positivi inferiore. Oppure, può ricorrere a un esame invasivo, ossia villocentesi o amniocentesi. Questi permettono una diagnosi di certezza ma hanno un rischio di aborto, seppur molto basso.

Costo

Il bi test è uno screening di primo livello per tutte le donne che desiderano avere una valutazione precoce del rischio di anomalie cromosomiche del feto. “Il bi test deve essere offerto secondo le linee guida italiane a tutte le donne in gravidanza entro 13+6 settimane, indipendentemente dall’età, in assenza di fattori di rischio individuali che espongono a rischio di anomalie cromosomiche, per esempio l’età. In questi specifici casi, lo specialista ginecologo consiglia subito una procedura invasiva” spiega la dottoressa Carbone. 

È gratuito in tutta Italia come previsto dai LEA del 2017 e si prenota presentando un’impegnativa presso gli ambulatori di diagnosi prenatale pubblici della propria Regione. È anche possibile eseguirlo privatamente e, in questo caso, il costo varia tra i 70 e i 200 euro circa.

 
 

In breve

Detto anche test combinato o duo test, il bi test valuta le probabilità che alcune importanti malattie cromosomiche siano presenti nel feto. Non è sicuro al 100% poiché è un esame di screening, ma è assolutamente sicuro

 

Fonti / Bibliografia

Le informazioni contenute in questo sito non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto fra professionisti della salute e l’utente. È pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o specialisti.

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