Il test di Coombs indiretto in gravidanza

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 13/01/2015 Aggiornato il 13/01/2015

È un test che viene offerto di routine e gratuitamente (senza nemmeno dover pagare il ticket) a inizio gravidanza e alla 28a settimana di gravidanza a tutte le donne. Serve per identificare delle incompatibilità tra sangue della mamma e del feto

test coombs sangue

Il test di Coombs

Si tratta di un esame di laboratorio su sangue che viene eseguito in genere per verificare la compatibilità tra sangue della mamma e sangue del feto o per trovare alcune forme di anemia. Il test di Coombs è un esame che in base ai nuovi Lea sulla gravidanza del 2017 è offerto gratuitamente a tutte le donne a inizio gravidanza e alla 28a settimana. Per farlo, non si paga nemmeno il ticket, indipendentemente dal reddito, a patto che si esegua in una struttura pubblica o convenzionata.

Il sangue non è tutto uguale e si differenzia in base all’ereditarietà. Esistono quattro tipi, A, B, AB, 0 con Rh + o -, in base alla presenza o meno di determinate sostanze, chiamate antigeni, presenti sulla superficie dei globuli rossi e in grado di attivare il sistema immunitario. È per questo che quando vengono fatte delle trasfusioni di sangue, occorre controllare sempre il tipo di sangue per evitare di dare il via a pericolosi fenomeni di produzione di anticorpi contro il sangue non riconosciuto come proprio. Il test di Coombs, in particolare, ricerca gli anticorpi contro i globuli rossi del feto, in genere l’antigene Rh+.

Rischio sensibilizzazione

Il problema durante la gravidanza si ha soprattutto quando la madre ha il sangue Rh negativo e il feto Rh positivo: si dice in questo caso che c’è una “incompatibilità” tra i due tipi di sangue. L’organismo della mamma, infatti, potrebbe riconoscere come “nemico” il sangue del bimbo in formazione, iniziando a produrre anticorpi specifici contro i globuli rossi del feto. Questo accade soltanto quando c’è un contatto tra i due tipi di sangue, situazione che può capitare in caso per esempio di aborto, parto o esami invasivi come l’amniocentesi.

Una volta che l’organismo si è “sensibilizzato”, cioè ha iniziato a produrre anticorpi anti Rh+, il problema si fa più serio a una successiva gravidanza. Lo stato di sensibilizzazione della donna, infatti, farà sì che il suo sistema immunitario inizi subito a produrre anticorpi anti-Rh per “distruggere” i globuli rossi del feto. Questo può determinare una malattia gravissima nel feto,  l’anemia emolitica nel feto (MENF).

L’anemia emolitica

L’anemia emolitica nel feto, abbreviata MENF, è una forma di anemia così pericolosa che può portare alla morte del feto in utero. Gli anticorpi della madre attaccano i globuli rossi del feto, arrivando a distruggerli. La bilirubina che consegue alla distruzione si accumula nel sangue, dando vita anche all’ittero neonatale grave. Il midollo osseo, allora, per compensare la distruzione dei globuli rossi ne produce tanti ma immaturi, perché non ha avuto il tempo di farli maturare. E questo provoca gravi conseguenze, come uno scompenso cardiaco con morte fetale intrauterina. È difficile che l’anemia emolitica si manifesti alla prima gravidanza, a meno che la futura mamma non sia già stata sensibilizzata da precedenti trasfusioni o contatti con sangue Rh+.

Il test di Coombs viene eseguito proprio per prevenirla o, nel caso, per iniziare immediatamente una terapia specifica con anticorpi specifici (immunoprofilassi) in grado di “azzerare” gli antibiotici anti Rh+ che possono scatenare la reazione immunitaria che mira a distruggere i globuli rossi del feto. Per sicurezza, ormai, si tende a effettuare le cure per l’immunizzazione come profilassi nella madre dopo ogni gravidanza, anche quelle eventualmente finite con un aborto. Si esegue in genere tramite un’iniezione sulla spalla. Questo test, riuscendo a individuare la presenza di anticorpi anti-Rh nella madre, è un controllo indispensabile per capire quante possibilità ci siano che possa presentarsi l’anemia emolitica nel feto e, soprattutto, consente di mettere in atto le cure per prevenirla.

I risultati del test

Quando il test di Coombs indiretto è positivo, vuol dire che ci sono gli anticorpi e quindi che l’organismo della mamma sta reagendo contro i globuli rossi del piccolo e  bisogna intervenire con le adeguate cure mediche. Occorre innanzitutto capire quali tipi di anticopri si siano formati così da trovare la cura giusta. Da notare che non tutti i feti o i neonati sviluppano per fortuna l’anemia emolitica nella forma più grave, che è in realtà abbastanza poco comune, con rischio di morte perinatale o l’insorgenza di danni neuronali dopo la nascita.

Se, invece, è negativo indica che gli anticorpi non sono presenti e si può stare tranquille. In genere il test è eseguito a inizio gravidanza e poi alla 28a settimana a tutte le donne con qualunque tipo di sangue abbiano, per trovare anche delle incompatibilità tra sangue diverse da quelle tra Rh+ e Rh-, che sono rarissime e molto meno gravi ma che potrebbero comunque verificarsi.

Il test di Coombs può essere eseguito anche sul sangue del cordone ombelicale (in questo caso si parla di test di Coombs diretto). L’esame viene fatto pochi istanti prima della nascita del piccolo o subito dopo per scoprire eventuali anomalie nel sangue del neonato. Si tratta di un’eventualità rarissima.

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