Lutto perinatale: come affrontare la perdita di un figlio

Silvia Finazzi A cura di Silvia Finazzi Pubblicato il 07/07/2025 Aggiornato il 07/07/2025

È un insieme molto complesso di reazioni emotive, fisiche, mentali e comportamentali, che segna i genitori nel profondo. I consigli della psicoterapeuta Claudia Ravaldi per affrontarlo.

Lutto perinatale

Il lutto perinatale è il dolore legato alla perdita di un figlio durante la gravidanza o nelle prime settimane di vita. Si tratta di un’esperienza profondamente traumatica, spesso invisibile e sottostimata a livello sociale, ma che lascia un impatto duraturo nei genitori.

“Affrontarlo ed elaborarlo in modo sano e fisiologico richiede tempo, risorse mentali ed energie” spiega Claudia Ravaldi, medico psichiatra e psicoterapeuta, fondatrice di CiaoLapo, associazione non lucrativa che si occupa di lutto perinatale. Il processo di elaborazione è personale e non esistono soluzioni standard valide per tutti. Tuttavia, può essere d’aiuto parlarne con altre famiglie che hanno vissuto lo stesso trauma, leggere storie simili alle proprie, ricevere un supporto psicologico personalizzato e soprattutto rispettare i propri tempi.

Che cos’è la morte perinatale

Il termine “lutto perinatale” si riferisce alla perdita di un bambino atteso durante la gravidanza o nelle prime fasi dopo la nascita. Dal punto di vista medico, la morte perinatale è definita come la morte che avviene tra la 28a settimana di gestazione e i sette giorni successivi al parto. Tuttavia, in ambito psicologico si considerano lutto perinatale anche le perdite in fasi precedenti (come aborti spontanei o interruzioni terapeutiche) e successive (come morti neonatali nelle prime settimane o mesi di vita).

Si tratta di una forma di lutto profondamente complessa e dolorosa perché colpisce un legame già instaurato tra i genitori e il loro bambino, che le coppie descrivono come profondamente significativo e importante. “Il lutto perinatale è un’esperienza travolgente: coinvolge il corpo, tocca profondamente la dimensione psichica della donna e del partner, la dimensione relazionale, e persino quella identitaria” chiarisce l’esperta. “Infatti, viene a mancare non solo un bambino desiderato, ma anche quello specifico progetto genitoriale, carico di tante aspettative intorno al diventare genitori e al crescere un bambino”. È un lutto socialmente poco riconosciuto, spesso sottovalutato, o peggio sistematicamente negato, e per questo ancor più difficile da elaborare.

Le cause del lutto perinatale

Le principali cause di lutto perinatale includono:

  • anomalie cromosomiche o malformazioni congenite;
  • infezioni contratte in gravidanza;
  • patologie materne preesistenti (diabete, ipertensione);
  • problemi della placenta o del cordone ombelicale;
  • complicazioni improvvise durante il parto.

In realtà, in molti casi, la causa della perdita resta sconosciuta, aumentando nei genitori il senso di impotenza e confusione.

Quali sono i sintomi e come individuare il problema

  • Rabbia
  • Cali di concentrazione
  • Senso di colpa
  • Vergogna
  • Tristezza
  • Sentimento di vuoto
  • Insonnia
  • Stanchezza


Il lutto perinatale è un’esperienza traumatica e in quanto tale richiede tempo, risorse mentali ed emotive, spazi adeguati ed energie per poter essere elaborata in modo sano e fisiologico. Questo complesso lavoro di elaborazione comporta una serie di vissuti, sensazioni e reazioni spesso molto intense e stratificate. “I primi sei-nove mesi dopo il lutto sono un tempo di continui cambiamenti, aggiustamenti, rielaborazioni, in cui i genitori fanno esperienza di una complessa combinazione di emozioni e sintomi, spesso molto intensi e spesso percepiti come disturbanti o sgradevoli” chiarisce Claudia Ravaldi.

Per elaborare un evento traumatico serve un certo lasso di tempo, in cui si alternano momenti di negazione e di incredulità rispetto a quanto accaduto (tipici pensieri come “non è successo davvero a me”), di confusione e di ovattamento. Possono così comparire sintomi come difficoltà a concentrarsi, momenti di profonda rabbia verso se stessi o verso gli altri, tristezza accentuata, perdita di senso, solitamente associati a un grande senso di ingiustizia e a un intenso senso di colpa. Il sentimento di vuoto, fisico, psichico e relazionale è molto spiccato ed estremamente doloroso.

“Il dolore si accompagna spesso anche a reazioni fisiche come insonnia, disturbi dell’appetito, affaticamento estremo, di cui è bene occuparsi per tempo, per evitare ulteriori complicanze” aggiunge la psichiatra. Infine, è frequente il senso di fallimento e di vergogna e la frattura dell’identità personale e genitoriale (con pensieri come “senza il mio bambino, io cosa sono?”). Tanti genitori riferiscono di sentirsi “come sospesi”, con una percezione alterata del tempo e della realtà. Bisogna considerare però che le manifestazioni naturali di un trauma variano da persona a persona perché ciascuno vive questo lutto a modo proprio. Tuttavia, quasi tutti riportano la sensazione di uno spartiacque esistenziale, un “prima” e un “dopo” la perdita.

Quando si vede

Anche le tempistiche in cui si manifesta il lutto perinatale sono personali. In alcuni casi il dolore emerge immediatamente dopo la perdita, in altri in maniera più ritardata, anche a distanza di settimane o mesi. In certe situazioni, riemerge in occasione di una nuova gravidanza, in date significative o durante eventi familiari legati alla nascita. A rendere questo lutto ancora più difficile è il fatto che non sempre è visibile o riconosciuto socialmente.

Come affrontare il lutto

Affrontare il lutto perinatale significa attraversarlo, con rispetto per il proprio tempo e per la propria unicità. “Non esiste un’unica ricetta adatta a tutti e nemmeno una soluzione rapida, perché ogni cervello è unico, ma tutti i cervelli hanno bisogno di un tempo lento per elaborare al meglio un’esperienza traumatica” racconta la psicoterapeuta. “È fondamentale potersi prendere cura del dolore in modo consapevole, accompagnati da persone fidate”. Fra gli interventi utili, ci sono:

  • un’assistenza ospedaliera empatica e rispettosa, che consente anche ai genitori di vedere e salutare il bambino, creare ricordi (foto, impronte, oggetti), e vivere il parto nel modo più umano possibile;
  • avere accesso a informazioni chiare e non giudicanti per compiere scelte consapevoli;
  • la possibilità di condividere il vissuto con altre persone che hanno attraversato esperienze simili, per esempio nei gruppi di auto mutuo aiuto come quelli promossi da CiaoLapo;
  • l’accesso, quando necessario, a un supporto psicologico specializzato, offerto da professionisti esperti in psicologia perinatale o psicotraumatologia.

La narrazione del proprio vissuto, la ritualità (anche minima) e l’elaborazione condivisa del lutto sono risorse preziose per aiutare i genitori a riprendere fiato e senso.

Come superare un lutto perinatale

Raccontare il lutto può favorire l’elaborazione emotiva, la riorganizzazione del senso e l’integrazione del trauma. “È sempre un buon segno quando si è finalmente pronti a parlare apertamente del proprio lutto: significa che il processo di elaborazione è cominciato, la perdita è stata riconosciuta per quel che è dentro di sé e la coppia ha la forza per dire a voce alta ciò che le è accaduto e come si sente” conferma la dottoressa Ravaldi. Se i genitori incontrano le persone giuste che sanno stare in ascolto e nutrire il dialogo, che non li interrompono, che non spiegano loro come dovrebbero fare o come si dovrebbero sentire, che sono davvero interessate alla loro storia e a come si sentono, ecco che loro possono raccontare la loro storia, rimettere insieme i pezzi con cura, dare a questi pezzi la forma giusta per loro. Molte famiglie che partecipano ai gruppi di auto mutuo aiuto riferiscono che il confronto con altri genitori ha rappresentato una svolta nel percorso di lutto.

“Anche leggere le storie delle altre donne e coppie può avere un valore terapeutico: il forum di CiaoLapo, nato nel 2006 e aperto in lettura, rappresenta per molti genitori il primo spazio di riflessione, ascolto e condivisione, che dà l’avvio al processo di elaborazione” dice l’esperta. Come nel caso di Lucia: “I primi tempi non riuscivo a parlare, non riuscivo neanche a pensare che era successo a me, a noi: leggere le storie delle altre, vedere che si poteva comunque sopravvivere e si poteva tornare a sorridere di nuovo, mi ha permesso di non impazzire di dolore”.

Cosa non è d’aiuto

Il lutto perinatale è un tabù ancora particolarmente radicato nella nostra società, per cui molti non sanno stare accanto alle persone che soffrono senza essere travolte da sentimenti di paura, angoscia o impotenza. Tutto questo genera spesso meccanismi di difesa come rifiuto, evitamento, negazione. “Spesso ci si muove nel lutto degli altri come l’elefante in cristalleria, ignorando che molte cose dette o fatte, magari con buone intenzioni, possano, in realtà, ferire” chiarisce la psicoterapeuta.

Generalmente non è d’aiuto:

  • sminuire il significato della perdita con frasi come “era solo un feto“, “sei giovane, ne farai un altro”;
  • evitare l’argomento o cambiare discorso quando le persone in lutto cercano di parlarne.
  • stabilire a priori un tempo o un modo per “superare” il lutto, e aspettarsi un ritorno rapido alla “vita di prima” da parte delle persone in lutto;
  • forzare i genitori a “reagire” o a dare prove di forza quando sono ancora nel pieno dello shock;
  • offrire consigli non richiesti o interpretazioni spirituali non condivise.

Anche nel personale sanitario la mancanza di formazione specifica e sostegno adeguato rappresenta una criticità. Per questo motivo CiaoLapo offre da anni una formazione gratuita a distanza a tutti gli operatori ospedalieri e ai giovani laureandi in area materno infantile, grazie al progetto “Memory Box”. “In tre anni abbiamo formato più di quattromila operatori sanitari ed siamo presenti in 50 reparti ospedalieri: come dico sempre, non è possibile curare la morte, ma è possibile prendersi cura del dolore che resta” conclude Claudia Ravaldi.

 

Foto di copertina di Peggy_Marco via Pixabay

 

 
 
 

In breve

Il lutto perinatale è il dolore legato alla perdita di un figlio in gravidanza o nei primi giorni di vita. Si tratta di un’esperienza spesso silenziosa, ma profondamente traumatica, che coinvolge mente e corpo. Riconoscere i sintomi emotivi e fisici, darsi tempo e se necessario cercare supporto psicologico sono passi fondamentali per affrontare il trauma e iniziare a guarire.

 

Fonti / Bibliografia

  • Claudia Ravaldi – CiaoLapoETSSono una medica, specialista in psichiatra e psicoterapeuta di area cognitivo comportamentale. Ho conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia all'Università di Firenze nel 1999, e nel 2003 mi sono specializzata in Psichiatria. Ho svolto il training come psicoterapeuta cognitivo comportamentale presso gli Studi Cognitivi di Milano fino al 2004. Ho approfondito gli studi nell'ambito dei disturbi dell'umore con un Master Interuniversitario europeo (Università di Maastricht, Bristol, Firenze e Tel Aviv) in Neuroscienze dell'Umore, e nell'ambito dei disturbi alimentari con un Master in disturbi alimentari dell'età evolutiva (Università di Firenze); mi sono occupata a lungo di ricerca nel campo dei disturbi del comportamento alimentare e dei disturbi dell’umore. Nel 2006, dopo la morte in utero di mio figlio Lapo a termine di gravidanza, insieme a mio marito e collega, Alfredo Vannacci ho fondato l’Associazione di Promozione Sociale CiaoLapo ETS (www.ciaolapo.i...
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