Le risposte ai dubbi sul parto

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 14/01/2015 Aggiornato il 23/01/2015

Con l’avvicinarsi della nascita del bebè è normale che nella mente della donna insorgano alcune paure o la curiosità di sapere quello che succederà. Ecco le risposte agli interrogativi più comuni

Le risposte ai dubbi sul parto

  • 1 Saprò riconoscere i primi segnali?

Spesso le donne al primo parto temono di non essere in grado di riconoscere i segnali dell’avvio del travaglio: si tratta di un timore per lo più infondato poiché il momento della nascita del bebè è preannunciato con largo anticipo da alcuni eventi inconfondibili:

LA PERDITA DEL TAPPO MUCOSO: può capitare di notare, sugli slip o mentre si fa pipì, una sostanza gelatinosa e filamentosa, di colore giallognolo o striata di sangue: si tratta del tappo mucoso e ha la funzione di chiudere il collo (cioè la parte inferiore) dell’utero. Quando quest’organo, infatti, in prossimità del parto inizia a modificarsi, dilatandosi e ammorbidendosi, il tappo mucoso si stacca e può venire espulso accompagnato da qualche stria di sangue. La perdita del tappo mucoso indica solo che il collo dell’utero sta cominciando a dilatarsi in preparazione al parto e, quindi, può manifestarsi talvolta anche diversi giorni prima dell’inizio del travaglio vero e proprio. Non bisogna correre in ospedale: possono trascorrere, infatti, ancora molti giorni prima che il travaglio prenda avvio.

LE CONTRAZIONI VERE: quelle che danno avvio al travaglio presentano caratteristiche precise che le rendono perfettamente distinguibili da quelle “false” che a volte si manifestano nelle ultime settimane di gravidanza. Le vere contrazioni sono sempre più regolari (si susseguono a intervalli sempre più ravvicinati, fino a presentarsi ogni 10-5 minuti); aumentano via via di intensità (durano da 30 a 60 secondi l’una); diventano sempre più dolorose e il cambiamento di posizione non provoca miglioramenti rispetto all’intensità del dolore, che interessa tutto l’addome e arriva a espandersi fino al basso ventre.

LA PERDITA DELLE ACQUE: questo evento consiste più propriamente nella rottura delle membrane del sacco amniotico che racchiudono il feto. È facile accorgersene perché si avverte una sensazione improvvisa di bagnato, come un fiotto improvviso o un lento sgocciolamento. Quando le membrane si rompono, infatti, a causa della pressione provocata sull’utero dalle contrazioni, dalla vagina fuoriesce un liquido trasparente e di colore chiaro. Sebbene possano trascorrere diverse ore prima dell’inizio delle contrazioni, in caso di perdita delle acque occorre recarsi subito in ospedale: se dalla visita si conferma la rottura delle acque, alla futura mamma verrà praticata una cura a base di antibiotici per evitare il rischio di infezione del sacco amniotico e di, conseguenza, del feto. Con la perdita delle acque, infatti, viene messa in comunicazione la vagina (dove sono presenti microrganismi) con la cavità amniotica, che è un ambiente sterile, con il rischio di proliferazione di batteri.

  • 2 Quando è il momento di andare in ospedale?

Uno dei timori più diffusi nelle donne che non hanno mai partorito è quello di non riuscire a capire quando è il momento giusto per andare in ospedale. Spesso infatti le primipare si presentano all’accettazione del Pronto soccorso troppo presto, quando il travaglio non si è ancora ben avviato e, quindi, vengono rimandate a casa.

Di solito, si consiglia di muoversi da casa quando le contrazioni sono regolari e costanti, cioè quando si presentano ogni 5 minuti (misurate con l’orologio dall’inizio della prima all’inizio della successiva), durano almeno 30 secondi ciascuna e mantengono queste caratteristiche da almeno un’ora.

Occorre recarsi subito in ospedale se, anche in assenza di contrazioni, si verifica la rottura del sacco amniotico: in particolare, è necessario andare al Pronto soccorso con tempestività se il liquido appare tinto, cioè non limpido, ma di colore giallastro o verdastro, in quanto potrebbe essere indice di sofferenza fetale.

Un altro caso per il quale è necessario recarsi subito in ospedale è nell’eventualità che si presenti un’emorragia, cioè una perdita improvvisa di sangue dalla vagina: potrebbe essere il segnale di un distacco prematuro della placenta, pericoloso per il feto in quanto non riceve più ossigeno. In questo caso il bambino deve nascere il prima possibile.

  • 3 Durerà tante ore?

Se non si ha mai partorito, è meglio non prestare troppo ascolto ai raccolti di altre mamme, soprattutto se sono “terrorizzanti”. Il parto, infatti, è un’esperienza molto soggettiva e anche la sua durata non è standard, ma è molto variabile da donna a donna. Inoltre, cambia se la futura mamma è al primo figlio o se ha già partorito uno o più figli. In linea di massima ecco come sono scandite le tre diverse fasi.

la fase iniziale (dilatante), che va dalle prime contrazioni alla dilatazione completa del collo (la parte inferiore) dell’utero, dura di solito 8-10 ore nelle primipare (cioè nelle donne al primo parto) e circa 7 in quelli successivi;

la seconda fase (espulsiva), in cui si spinge assecondando il ritmo delle contrazioni per consentire la fuoriuscita del bebè, dura all’incirca un’ora nelle primipare e mezz’ora nei parti successivi;

l’ultima fase (secondamento), in cui vengono espulsi la placenta e gli annessi fetali dura più o meno 20 minuti.

  • 4 Sopporterò il dolore?

La futura mamma è spesso spaventata per quello che succederà al momento del parto anche a causa dei racconti di amiche, che le hanno descritto nei minimi particolari la propria esperienza e tutte le sensazioni provate durante il travaglio. In realtà, sarebbe meglio cercare di stare tranquille perché l’intensità del dolore delle contrazioni è soggettiva e ogni donna ne ha una percezione diversa.

Se l’idea di partorire spaventa molto, è bene ricordare che oggi è possibile avvalersi di alcune tecniche che aiutano a ridurre il dolore delle contrazioni: per esempio, l’analgesia epidurale (cioè la somministrazione di farmaci analgesici attraverso un’iniezione a livello delle vertebre lombari, nella parte bassa della schiena) o il parto in acqua (attraverso l’azione dell’acqua calda sul corpo, la donna si sente rilassata e avverte meno dolore). Consultarsi con il proprio ginecologo e frequentare il corso preparto, può essere utile per imparare ad affrontare serenamente il momento del travaglio, della nascita del bebè e apprendere le varie tecniche che consentono di sopportare meglio il dolore durante il parto.

Infine, è bene tenere presente un dato di fatto confermato dalla maggior parte delle mamme: il dolore del parto si dimentica non appena si stringe tra le braccia il proprio bebè ed è per questo che, nonostante si possa soffrire anche molto, le donne non rinunciano a mettere al mondo altri figli dopo il primo.

  • 5 Spingerò nel modo giusto?

La futura mamma può temere di non riuscire a spingere nel modo adeguato per aiutare il bambino a progredire lungo il canale del parto (l’insieme delle strutture che deve attraversare per nascere) o che il piccolo non riesca a passare attraverso il proprio bacino. In quest’ultimo caso, non bisogna preoccuparsi: il ginecologo sa valutare in anticipo se c’è una sproporzione feto-pelvica, cioè se il bacino della futura mamma è troppo stretto rispetto alle dimensioni del piccolo nel pancione e quindi programma il cesareo. Anche per quanto riguarda le spinte, la futura mamma non deve temere: accanto a lei ci sarà un’ostetrica ad aiutarla a seguire il ritmo delle contrazioni e a spingere al momento giusto per far nascere il bambino. Consiglierà anche le tecniche utili per assecondare le spinte in modo da non affaticarsi troppo, per esempio attraverso una corretta respirazione.

  • 6 Mi faranno l’episiotomia?

Si tratta di una pratica molto in uso negli ospedali del nostro Paese: consiste in un taglietto eseguito sulla zona muscolare del perineo, cioè tra l’ano e la vagina. Viene praticata per facilitare l’uscita del bambino dalla vagina, in modo da aiutare la partoriente nello sforzo espulsivo ed evitare lacerazioni spontanee dei tessuti di questa zona durante le spinte. Di solito, non si avverte dolore perché il perineo, sotto la spinta della testa del piccolo, si tende notevolmente, comprimendo tutte le terminazioni nervose della zona e rendendo questa parte quasi insensibile al dolore. In genere, poi, l’episiotomia viene eseguita previa anestesia locale, per essere sicuri che la donna non avverta dolore. Nei giorni successivi si può avvertire qualche disagio perché il taglio è situato in un’area in cui i liquidi possono accumularsi nei lembi della ferita: la pelle quindi può risultare un po’ gonfia e tesa o presentare piccole raccolte di sangue, con il risultato che i punti possono dare qualche fastidio. Se la ferita è molto dolorosa, è utile applicarvi impacchi di ghiaccio e utilizzare un salvagente a ciambella quando ci si siede. Generalmente, però, questi fastidi si riducono spontaneamente molto rapidamente nel corso dei primi giorni dopo il parto.

  • 7 Quando serve il cesareo d’urgenza?

Può accadere che, nonostante alla futura mamma sia stato preventivato un parto naturale, all’ultimo momento il ginecologo decida di intervenire d’urgenza con il taglio cesareo. Questo succede se si verifica:

un distacco della placenta: ossia se, all’improvviso, la placenta (l’organo che ha nutrito e portato ossigeno al feto nei nove mesi) si distacca dalla parete uterina. In questo caso potrebbe verificarsi un’emorragia (perdita di sangue) pericolosa per il feto, che non riceve più ossigeno dalla mamma;

una sofferenza fetale: se durante il travaglio si riscontra una sofferenza del feto, per esempio una diminuzione del battito cardiaco, rilevabile attraverso un esame (il monitoraggio cardiotocografico elettronico);

la mancata dilatazione o progressione: quando l’utero è molto rigido e non si dilata a sufficienza o il bimbo non riesce a progredire nel canale del parto (l’insieme delle strutture che deve attraversare per nascere).

  • 8 Espellerò feci durante le spinte?

Questa paura nasce soprattutto dall’imbarazzo che si pensa di poter provare nel momento in cui, durante le spinte, si verificasse una situazione del genere. Non solo, può spaventare anche l’idea di creare in questo modo problemi al bambino, per esempio un’infezione. In realtà, è una situazione piuttosto rara, dovuta allo sforzo impiegato durante le spinte. Si tratta di un’azione involontaria, che avviene quasi senza accorgersene. Se ciò che imbarazza è la possibile reazione del personale medico, occorre stare tranquille: è abituato ad assistere le donne durante il parto e ci si deve dunque affidare alla sua professionalità.

In ogni caso, spesso alla futura mamma viene effettuato un clistere prima del parto, se non ha evacuato nelle ultime 12-24 ore, proprio per ripulire bene l’intestino: dato che il canale del parto è adiacente all’ultimo tratto intestinale, se questo fosse ingombro potrebbe “intralciare” il passaggio del bambino. Se la donna lo desidera, può anche effettuare il clistere da sola a casa, durante la fase iniziale del travaglio, in modo da evitare di sottoporsi a questa pratica in ospedale.

  • 9 E se svengo all’improvviso?

Molte donne sostengono di svenire alla sola vista del sangue e, di conseguenza, temono di perdere i sensi proprio durante il loro parto. Innanzitutto, è bene sapere che, in genere, durante la nascita di un bambino non si perde così tanto sangue e che durante il parto la donna è talmente concentrata sulle contrazioni, poi sulle spinte e sul bambino che sta per nascere che non si accorgerà quasi delle perdite di sangue. In ogni caso, se la donna è soggetta facilmente a svenimenti anche in altre situazioni, è bene informare le ostetriche, in modo che siano preparate per questa evenienza.

  • 10 Mi sentirò in imbarazzo?

Immaginarsi seminude di fronte al personale medico proprio in un momento così delicato come la nascita del proprio bambino, è un pensiero che può inibire la futura mamma, che teme dunque di sentirsi in forte imbarazzo al momento del parto. Ciò che deve rassicurare è che le persone che aiuteranno la donna a far nascere il bambino sono ginecologi e ostetriche che quotidianamente svolgono questo lavoro e sono, quindi, abituati. La futura mamma, inoltre, sarà sicuramente talmente concentrata sull’evento della nascita e presa da numerose e intense sensazioni che al momento si dimenticherà anche di un eventuale imbarazzo iniziale.

  • 11 Andrà tutto bene per il piccolo?

Temere che il bambino possa avere qualche problema durante il parto è normale, anche nel caso in cui la gravidanza si sia svolta senza particolari problemi e le ecografie svolte nei nove mesi abbiano rassicurato sulla salute e sul benessere del bambino.

È importante stare tranquille, dato che nel nostro Paese il parto è, comunque, un evento abbastanza medicalizzato. Questo, se da una parte può togliere naturalezza alla nascita, come molti sostengono, dall’altra parte è garanzia di sicurezza. La donna non viene mai lasciata sola durante il parto, bensì viene costantemente assistita dal personale medico, pronto a intervenire in caso di necessità.

In genere, poi, nella maggior parte dei casi prima del parto la futura mamma valuta insieme al ginecologo che tipo di parto svolgere in base al suo benessere e a quello del piccolo: per esempio, se la donna desidera partorire in acqua o vuole chiedere l’analgesia epidurale, deve parlarne con il ginecologo per assicurarsi che sia possibile in base alle proprie condizioni di salute e a quelle del bambino. Allo stesso modo se ci sono condizioni che precludono la possibilità di partorire per via naturale (per esempio la presentazione del bimbo per nascere), si programma il cesareo.

  • 12 E se il bambino tarda a nascere?

Nel caso in cui la gravidanza si protragga oltre il termine previsto senza che il travaglio si sia avviato in modo spontaneo, si ricorre all’utilizzo di appositi farmaci per indurlo. Negli ospedali italiani, di norma, si induce il travaglio quando la gravidanza ha superato la 41ª settimana e tre-cinque giorni. Dopo questo termine, infatti, il liquido amniotico nel quale è immerso il piccolo potrebbe scendere al di sotto dei valori normali e causare problemi al feto. Inoltre si è osservato che se una donna non entra in travaglio spontaneamente entro quell’epoca è estremamente improbabile che lo faccia nei successivi due-tre giorni. La somministrazione dei farmaci per indurre il parto può avvenire in diversi modi:

con le prostaglandine: si inseriscono in vagina queste sostanze naturali (sotto forma di ovuli, gel o di una fettuccina), che stimolano la comparsa delle contrazioni. Sono le stesse sostanze che vengono prodotte naturalmente dalla donna in vista dell’inizio del travaglio;

con l’ossitocina: si immette tramite flebo nel braccio della mamma l’ossitocina, un ormone che provoca le contrazioni;

con la rottura delle membrane: si pratica la rottura artificiale (o amnioressi) delle membrane del sacco amniotico (nel caso in cui non si sia verificata in modo spontaneo). Si esegue inserendo in vagina uno strumento simile a un uncino per forare il sacco amniotico (la cavità che contiene il liquido nel quale è immerso il feto). Essa comporta la liberazione di prostaglandine (ormoni naturali), che in genere danno avvio al travaglio.

  • 13 L’analgesia può causare disturbi?

L’analgesia epidurale (cioè l’iniezione di farmaci analgesici attraverso un sottile ago inserito nella parte bassa della schiena) è una pratica ormai molto diffusa nei nostri ospedali durante il travaglio, perché aiuta la partoriente a ridurre il dolore delle contrazioni e a partecipare in modo attivo alla nascita del bambino.

Spesso però, le donne temono che l’analgesia possa avere effetti indesiderati nei giorni successivi al parto. È bene sapere che questa tecnica è sicura e non provoca effetti negativi, ma può essere causa di qualche piccolo fastidio nei giorni successivi al parto. Il disturbo più tipico che può insorgere è il mal di testa, provocato dalla puntura della “dura madre” (la membrana più esterna che racchiude il midollo spinale all’interno della colonna vertebrale, dove viene inserito l’ago per l’iniezione dell’analgesia). Può durare qualche giorno e richiedere il riposo a letto. Se è necessario, alla mamma possono essere somministrati farmaci dal medico.

  • 14 Dopo un cesareo si può partorire per via naturale?

Fino a non molto tempo fa, se la donna partoriva con il taglio cesareo, anche i parti successivi dovevano avvenire necessariamente con la stessa modalità. Oggi, però, molte donne cui è stato eseguito il cesareo la prima volta (per esempio in caso di una sofferenza fetale che ha reso necessario questo intervento d’urgenza o in caso di posizione podalica del bambino) possono poi partorire per via naturale in una gravidanza successiva. Perché tutto proceda bene è necessario, però, che siano trascorsi almeno due anni dal precedente cesareo: in questo modo si dà all’utero il tempo di cicatrizzarsi bene e di svolgere le sue funzioni durante il parto in modo naturale. Questo è possibile anche grazie alle nuove tecniche chirurgiche che limitano al minimo le cicatrici e le possibile complicazioni nei parti successivi.

  • 15 Il secondo travaglio sarà meno faticoso?

In genere, il secondo parto ha una durata inferiore rispetto al primo e risulta meno faticoso per la mamma. Se il primo parto, tra fase dilatante ed espulsiva, ha una durata di molte ore (in media 8-10), il secondo richiede in genere qualche ora di meno. Ciò è dovuto a fattori sia fisici sia psicologici. Dal punto di vista fisico i tessuti della donna che partorisce una seconda volta sono più elastici e rendono maggiormente agevole il passaggio del bambino nel canale del parto. Dal punto di vista psicologico la donna, avendo già affrontato precedentemente questo evento, è rilassata e meno spaventata in merito a ciò che l’attenderà.

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