Parto in ospedale: in alcune regioni numeri ancora bassi

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 15/12/2014 Aggiornato il 15/12/2014

Stabilita la correlazione diretta tra maggior numero dei parti in ospedale e sicurezza di mamma e bambino. Ma in Italia, in alcune regioni, ci si attesta sotto i parametri ministeriali

Parto in ospedale: in alcune regioni numeri ancora bassi

Il momento del parto è una fase delicatissima nella vita di ogni mamma. La paura del dolore, i rischi effettivi, la salute del bambino, le possibili complicazioni…sono tutti campanelli di allarme per le future mamme. Ma recenti studi hanno stabilito che esiste una correlazione diretta tra maggior numero dei parti in ospedale e maggior sicurezza garantita per la salute di mamma e bambino.

Regioni sotto i parametri stabiliti

Eppure, in Italia il numero dei parti in ospedale varia da regione a regione. In particolar modo, a destare allarme, è la presenza di strutture ospedaliere che si trovano sotto i parametri ministeriali riguardanti il numero di parti in ospedale (effettuati in un anno). Per l’esattezza, vi sono ben 133 strutture (su più di 500 ospedali considerati) in cui si effettuano meno di 500 parti all’anno. Le regioni di questa “black list” sono Campania, Sicilia e Lazio, come sottolineato dal Rapporto Esiti 2014.

Pochi ricoveri, meno eccellenza

Per quanto riguarda l’eccellenza dei reparti maternità (pre-parto, travaglio, momento del parto, post parto e puerperio), pare proprio che viaggi di pari passo con la quantità di ricoveri della struttura ospedaliera (numero dei parti in ospedale). Ovvero, laddove vi sono più ricoveri annuali (e, di conseguenza, parti) le condizioni di salute di mamma e bambino, nonché la cura a essi dedicata, sarebbero migliori. Come a dire che, anche in questo caso, l’esperienza sul campo assumerebbe un valore fondamentale in termini di progresso e miglioramento delle condizioni ospedaliere. Questo concetto pare chiaro anche al ministero della Salute che, in nome di un accordo Stato Regioni del 2010, prevedeva già allora la chiusura dei reparti maternità con meno di 500 parti all’anno.

Più attenzione alla donna

In realtà, dal punto di vista delle neomamme, la situazione assume diversi aspetti e può essere guardata da differenti angolazioni. Innanzitutto, è vero che i reparti maternità più “attivi” sono anche quelli con maggiore eccellenza soprattutto riguardo parti difficili o a rischio, e spesso anche per ciò che concerne efficienza e avanguardia dei reparti neonatali (per esempio, nei casi difficili dei bimbi prematuri). Invece, se la gravidanza non è a rischio o la mamma non presenta particolari problemi di salute al momento di travaglio e parto, sembra che le strutture più piccole possano garantire un clima più intimo e familiare, con una minore percezione di ospedalizzazione di parto e nascita. Spesso, infatti, qui è soltanto l’ostetrica, con la collaborazione attiva della mamma, a far nascere il bambino senza l’intervento obbligato del medico. Altrettanto vero è, però, che nelle grandi strutture, che “sfornano” bebè a ritmi rapidissimi pare più semplice poter ricorrere all’anestesia epidurale e ta erapie contro il dolore, anche nel post parto. 

In breve

PARTO, ATTENZIONE ALLA STRUTTURA SCELTA

In Italia sono ancora molte le strutture ospedaliere con reparti maternità al di sotto degli standard ministeriali: pochi parti segnalerebbero minore efficienza. 

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