Quando si parla di parto indolore, il primo pensiero va all’analgesia epidurale (o peridurale). Tuttavia, in Italia, il cosiddetto parto indolore non è diffuso in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Uno ogni caso, è bene sapere che l’epidurale non è il solo metodo a garantire un parto indolore o, quanto meno, meno doloroso.
Con il termine epidurale, s’intende quel tipo di anestesia che prevede una puntura nella schiena in zona lombare tra le vertebre L2-L4 e l’applicazione di un sottile catetere per la somministrazione dell’analgesico, in base ai tempi del travaglio. La procedura per l’inserimento del tubicino” non è dolorosa e, in genere, il catetere viene tolto appena la mamma lascia la sala parto. Non va confusa con l’anestesia spinale: sebbene il procedimento sia simile, in quest’ultimo caso il farmaco, rispetto alla peridurale, viene iniettato più in profondità, in un’unica dose e l’azione è già efficace dopo due o tre minuti, mentre con l’epidurale l’effetto arriva dopo 15-20 minuti. In linea generale, la peridurale è impiegata per l’analgesia del travaglio e del parto vaginale, mentre la spinale viene utilizzata in caso di cesareo.
L’analgesia peridurale viene somministrata a travaglio avviato, quando la dilatazione è di almeno 3 o 4 centimetri. Tuttavia è controindicata in caso di disturbi della coagulazione del sangue, infezioni nel punto in cui si dovrebbe eseguire la puntura, scoliosi gravissima, presenza di tatuaggi variopinti. Il rischio – in questo caso – è legato ai pigmenti di colore, che potrebbero essere trasportati all’interno della membrana spinale attraverso l’iniezione e causare infezioni.
Numerose ricerche hanno confermato che tra i neonati di mamme che hanno fatto l’epidurale e quelli di mamme che non l’hanno fatta, non ci sono differenze in termini di Indice di Apgar (il test che accerta e assegna un punteggio da 0 a 10 in base al benessere del bambino). Ciò con ogni probabilità, è da attribuire al basso dosaggio dei farmaci utilizzati per l’epidurale. Può capitare, invece, che la mamma nelle ore successive al parto, abbia un lieve rialzo di febbre. Il mal di testa può manifestarsi in una percentuale che oscilla tra l’0,2% dei casi e il 3%: il motivo è da ricondurre a una puntura effettuata un po’ più in profondità, nello spazio subaracnoideo. In genere il disturbo dura qualche giorno e può essere trattato con analgesici tradizionali. Non ci sono controindicazioni, o interferenze, riguardo la possibilità di allattare subito dopo il parto.
Raccogliere informazioni sul tipo di prestazioni erogate dall’ospedale prescelto per partorire è il primo step. Chiarito se è possibile partorire con l’epidurale, intorno alla 32a settimana è meglio programmare una visita dall’anestesista. Nell’ultimo mese di gravidanza, poi, sarà necessario eseguire un esame del sangue per valutare l’emocromo e alcuni parametri della coagulazione del sangue (tempo di protrombina e tromboplastina parziale attivata). In ogni caso, prima dell’analgesia, la donna deve firmare un consenso informato, anche se i rischi per mamma e bambino sono davvero minimi.
Il travaglio in analgesia ha tempi un po’ più lunghi, circa 20 minuti in più rispetto al travaglio senza epidurale. Riguardo alla somministrazione dei farmaci (anestetici locali e oppiacei), secondo i protocolli italiani, la futura mamma avverte una notevole riduzione del dolore nel periodo dilatante e solo parziale nel periodo espulsivo: questo perché nella fase espulsiva sono coinvolti dei nervi che, per essere addormentati, richiederebbero una quantità maggiore di anestetico, con il rischio d’indebolire i muscoli delle gambe e dell’addome e con la conseguente incapacità di compiere spinte efficaci al momento parto.
Gratis e a pagamento
I nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), prevedono l’epidurale gratuita per tutte le donne che ne fanno richiesta. Tuttavia, il Ministero della Salute prevede la possibilità di ottenerla 24 ore su 24, solo nei centri che effettuano almeno 1.000 parti l’anno. In regime di libera professione, invece, il costo varia dagli 800 ai 2.000 euro, secondo il tariffario dello specialista.
In vasca il travaglio ha tempi meno lunghi ed è meno doloroso, a patto che l’acqua sia un elemento congeniale per la futura mamma. Durante il travaglio, l’effetto dell’acqua calda agisce sul sistema nervoso parasimpatico della donna, agevolandone il rilassamento e riducendo la percezione del dolore. Anche il pavimento pelvico ne risente in maniera positiva, al punto che l’azione emolliente sui tessuti dei genitali femminili rende la dilatazione del collo dell’utero più veloce e meno dolorosa. L’effetto rilassante dell’acqua diminuisce la pressione sanguigna, migliorando così l’ossigenazione dell’utero e del feto. Inoltre, la maggiore umidità nell’ambiente ha un effetto “aerosol” che migliora la respirazione della futura mamma. Per immergersi in acqua non c’è un tempo preciso, anche se in genere si aspetta la seconda metà del travaglio, quando la dilatazione è superiore ai 4 centimetri. I benefici dell’acqua a 37° C sono notevoli anche per il bambino, che percepisce un adattamento più graduale alla vita extrauterina.
Si tratta di rimedi semplici, alla portata di tutte le future mamme. Sono proposte naturali che non hanno l’efficacia dell’analgesia peridurale, ma agiscono sulla componente psicologica per attenuare la tensione e i dolori delle contrazioni durante il travaglio.
La voce
È uno strumento spesso sottovalutato; invece modulata sui toni giusti, ha un effetto regressivo e lenitivo. I vocalizzi inducono a espirare in modo prolungato, proprio grazie all’espirazione la muscolatura si rilassa riducendo il dolore della contrazione. Scaricare la tensione e il dolore attraverso la voce, con toni bassi a inizio travaglio, più acuti quando le contrazioni sono più ravvicinate e intense, e ancora con toni bassi nella fase culminante del parto, è una forma consolatoria istintuale alla portata di tutte le donne.
I massaggi
Fatti con coinvolgimento da parte di chi li esegue (soprattutto, il partner), trasmettono affetto, solidarietà, aiuto, vicinanza, alleviano il dolore e facilitano il rilassamento nelle pause tra una contrazione e l’altra. Sono molto utili i massaggi sulla schiena, specie nella zona lombare.
Le posizioni giuste
Cambiare posizione ogni volta che la donna ne sente il bisogno aiuta ad assecondare la discesa della testa del bambino nel canale del parto. I movimenti dettati dall’istinto rappresentano una forma di linguaggio non verbale: fermarsi significa desiderio di riposare; aggrapparsi tenendo le gambe divaricate segnala la ricerca di sostegno per scaricare il dolore. In questa fase, dare spazio alle sensazioni della futura mamma è la cosa più giusta da fare.
La musicoterapia
L’ascolto di brani musicali rilassanti che evocano i rumori della natura e le luci basse può favorire il contenimento dell’ansia, aiutando la futura mamma a creare immagini positive e piacevoli per distrarsi, agevolando il riposo, per recuperare le forze tra una contrazione e l’altra.
Il training autogeno
È tra le strategie naturali più conosciute contro il dolore: si basa sull’esecuzione di alcuni esercizi di respirazione in grado di rilassare i muscoli coinvolti nel parto. Si tratta di un metodo che invita alla visualizzazione del proprio corpo, accompagnando l’esercizio d’immaginazione, con il controllo della respirazione lenta e regolare, cercando di dare un senso di accompagnamento alla nascita e ai dolori delle contrazioni.