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Il VBAC – dall’inglese Vaginal Birth After Cesarean – è il parto vaginale dopo un cesareo.
A differenza di quanto si credeva in passato, è una possibilità sicura in molti casi, ovviamente a patto che sussistano le condizioni idonee. E, infatti, le nuove linee guida internazionali lo raccomandano come prima opzione da offrire alle donne precesareizzate laddove possibile.
I vantaggi includono un recupero più rapido, meno complicazioni chirurgiche e maggiori benefici per la salute del bebè e le gravidanze future, senza dimenticare la possibilità di poter vivere l’esperienza del parto naturale.
“Il VBAC va però valutato caso per caso con un’équipe esperta, va pianificato con attenzione e deve avvenire in una struttura che offra e promuova questo percorso assistenziale, permettendo alle donne una scelta consapevole e informata” spiega Veronica Salvi, ostetrica a Bergamo.
Quando è possibile e dopo quanto tempo da un cesareo
Il parto vaginale dopo un precedente taglio cesareo è possibile in molti casi, ma non in tutti. “È necessaria una valutazione professionale molto attenta e scrupolosa, per verificare che non siano presenti controindicazioni e che si possa procedere con il parto di prova” dice l’esperta.
In particolare, occorre esaminare tre fattori, spiegando in maniera chiara e completa alla donna tutti gli scenari possibili, in modo da permetterle di scegliere con consapevolezza. In ogni caso, è fortemente consigliato che sia intercorso almeno un anno (meglio ancora 12-18 mesi) dall’intervento di taglio cesareo precedente.
Naturalmente, a fare la differenza è anche la volontà della coppia. Non tutte, infatti, sono propense al VBAC.
Motivazioni che hanno determinato il precedente parto cesareo
Le indicazioni al primo parto cesareo sono una discriminante importante per stabilire se si può procedere o meno con un VBAC. Per esempio, se nella gravidanza precedente travaglio e dilatazione sono avvenuti senza grandi problemi e il taglio è stato deciso per una complicazione dell’ultimo momento, come una sofferenza fetale, il VBAC è fortemente raccomandato.
Se, invece, il taglio è stato determinato da condizioni che potrebbero ripresentarsi anche nella nuova gravidanza, si può proporre alla donna un parto di prova, la cui reale fattibilità e riuscita non sono però assicurate (dipenderà da come evolverà la gestazione e da come andrà il travaglio). Per esempio, questa opzione è percorribile se si è arrivati al cesareo per un travaglio difficile o per una presentazione anomala.
Il tipo di taglio e di sutura effettuati
Un’incisione longitudinale o a T nel precedente taglio cesareo può rappresentare, insieme a un pregresso episodio di rottura d’utero, una delle controindicazioni al VBAC.
Prima di stabilire se la donna può tentare un parto di prova, dunque, l’équipe di professionisti deve esaminare che taglio è stato effettuato.
Il peso e la posizione del bambino
La posizione podalica e la macrosomia (peso elevato stimato alla nascita) sono due indicazioni al taglio cesareo. In questi casi, dunque, potrebbe non essere possibile procedere con il VBAC.
Ancora una volta, però, bisogna valutare la situazione. Per esempio, se l’unico ostacolo è rappresentato dal peso elevato del bambino non associato a un bacino stretto, si potrebbe decidere di indurre il parto a 37 settimane per tentare un parto di prova.
“In caso di presentazione podalica, invece, in genere si preferisce il cesareo per evitare di effettuare la manovra di rivolgimento su un utero già tagliato e dunque più fragile” spiega l’esperta.
Ovviamente, valgano per il VBAC anche tutte le classiche controindicazioni relative o assolute al parto vaginale, come la placenta previa e alcune infezioni virali in forma attiva.
Condizioni favorevoli
Secondo i dati ufficiali, il VBAC può raggiungere l’80-90% di probabilità di successo. Ci sono alcuni fattori favorevoli che influiscono sulle percentuali di riuscita:
- etnia caucasica
- peso materno nella norma
- aumento di peso contenuto in gravidanza
- insorgenza spontanea del travaglio
- peso neonatale inferiore a 4.000 g
- un precedente VBAC
Il VBAC può essere proposto anche in caso di più tagli cesarei, valutando con attenzione la singola situazione.
Come affrontarlo
“Il primo passo per affrontare un VBAC è rivolgersi alla propria ostetrica o ginecologa curante, che saprà offrire già un primo inquadramento” consiglia Veronica Salvi. “Se le condizioni sono favorevoli, si potrà indicare come luogo del parto la struttura più adatta e lì avverrà la presa in carico, con un’ulteriore valutazione”.
Infatti, non tutte le strutture sono attrezzate per supportare un VBAC, bisogna dunque selezionare con cura l’ospedale. Praticare tecniche di rilassamento, frequentare corsi preparto, mantenere uno stile di vita sano può essere d’aiuto.
Come spiegato anche nelle raccomandazioni delle società scientifiche, il travaglio di parto di una donna precesareizzata è da ritenersi fisiologico e va gestito normalmente.
Il VBAC è una decisione che non può essere presa dalla coppia da sola né tantomeno essere imposta dall’esterno. Deve essere una scelta condivisa e consapevole. Solo attraverso un confronto aperto e trasparente tra la donna e i professioni sanitari è possibile valutare rischi, benefici e fattibilità di questo percorso.
Il ruolo dell’équipe sanitaria è quello di informare in modo chiaro la famiglia, mentre alla donna spetta il diritto di esprimere i propri desideri, dubbi e aspettative. Solo così si può costruire un percorso sicuro e rispettoso, che metta al centro il benessere e la volontà della futura mamma.
Ė importante tenere presente che, anche laddove si opti per un VBAC, bisogna mettere in conto la possibilità che si debba procedere a un cesareo se emergono complicazioni.
Pro e contro del VBAC
Rispetto a un parto cesareo ripetuto, il VBAC offre numerosi benefici:
- recupero più rapido: il periodo di convalescenza è più breve e il corpo si riprende più in fretta
- meno rischi chirurgici: il cesareo ha un rischio maggiore di infezioni, emorragie e aderenze post-operatorie
- minore impatto sulla futura fertilità: cesarei ripetuti possono aumentare il rischio di complicanze nelle gravidanze successive, come la placenta previa placenta previa o il distacco di placenta
- esperienza più partecipata: il VBAC permette di vivere l’esperienza del parto naturale, considerata più fisiologica, attiva e consapevole, oltre che meno invasiva
- miglior adattamento neonatale per il piccolo e più tutele sulla sua salute futura
Il VBAC comporta comunque dei rischi, anche se contenuti. Il più temuto è la rottura dell’utero, che in realtà è un evento raro (0,5% dei casi). “Fra l’altro, una valutazione preliminare attenta e scrupolosa aiuta a identificare le donne più vulnerabili, riducendo ulteriormente il pericolo.
Inoltre, ci sono alcuni segnali che durante la fase dilatante possono far sospettare una possibile rottura, permettendo di intervenire prontamente” specifica l’ostetrica. Per esempio, un improvviso dolore addominale, un forte sanguinamento vaginale, anomalie del battito cardiaco del piccolo, problemi pressori o cardiaci della partoriente e altro.
VBAC con induzione
È possibile effettuare l’induzione di parto anche con il VBAC seguendo dei protocolli specifici e valutando in modo scrupoloso lo stato di salute di mamma e nascituro. “In linea di massima, si preferisce non attendere troppo oltre il termine, ma dipende da caso a caso” spiega l’esperta. La donna può essere sottoposta anche ad analgesia epidurale.
Foto di copertina di cynthia_groth via Pixabay
In breve
Il VBAC, cioè il parto vaginale dopo un precedente cesareo, è un’opzione sempre più raccomandata quando non ci sono controindicazioni mediche. In molti casi si rivela sicuro e comporta meno complicazioni rispetto a un secondo taglio cesareo. Va però valutato attentamente con il personale medico, perché non tutte le gravidanze sono adatte a questa scelta.