Posizioni in piedi durante il parto

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 14/01/2015 Aggiornato il 14/01/2015

Questa metodica accelera la nascita del bimbo e diminuisce il dolore. E' stata inaugurata all’ospedale Ruggi di Salerno, all’avanguardia per quanto riguarda la maternità.

Posizioni in piedi durante il parto

Partorire in piedi era abbastanza normale una volta, quando le donne mettevano al mondo il proprio bambino tra le mura domestiche, aiutate dalla madre o dalla balia. Non c’era assistenza medica e, quindi, anche meno sicurezza ma, paradossalmente, si era più libere: la donna poteva assumere la posizione che preferiva per alleviare il dolore, assecondare le “spinte” e favorire quindi la nascita del bambino.

Distesa per esigenze mediche

Con l’avvento della medicina moderna, anche per ridurre la mortalità perinatale, la partoriente ha iniziato a essere assistita da levatrici, ostetriche e, in seguito, dal ginecologo. A questo punto si è reso necessario trovare una posizione che, durante il parto, favorisse la necessità di tenere sotto controllo mamma e bambino. Per questo motivo si iniziò a utilizzare la posizione supina, ossia a pancia in su, sul lettino.

In piedi come in passato

Solo negli ultimi anni si è ricominciato a considerare il parto un evento non medico, ma naturale, nel quale la donna ha un ruolo attivo. Per questo motivo nei reparti maternità più all’avanguardia si è tornati in qualche modo al passato, recuperando tecniche che, pur in totale sicurezza, siano più vicine alle esigenze della donna. Una di queste è il parto in piedi, una posizione che potrebbe sembrare inusuale ma che, invece, è sempre stata molto diffusa soprattutto tra le culture nord-europee e sudamericane.

Un metodo ancora poco diffuso

Nel nostro Paese questa modalità di parto viene proposta in pochi reparti maternità, perché richiede una particolare preparazione da parte del personale medico e infermieristico. Restare in piedi, infatti, presuppone che ginecologi e ostetriche siano in grado di seguire la donna e il bambino anche in una posizione che non permette la visuale diretta dei genitali e, quindi, della progressiva dilatazione dell’utero e della discesa del piccolo.

A Salerno una realtà all’avanguardia

Il Reparto maternità dell’Ospedale “San Giovanni Di Dio e Ruggi D’Aragona” di Salerno è una delle poche realtà virtuose che propongono alle donne questa possibilità di partorire in piedi. L’esperienza del professor Raffaele Petta, primario del reparto “ gravidanza a rischio”, e delle ostetriche ha permesso perfino a una donna con una gravidanza a rischio di mettere al mondo il suo bambino stando in piedi. È stato possibile raggiungere questo risultato grazie a una équipe di ostetriche preparate e motivate.

Un esempio per tutti

È anche utile diffondere queste modalità di parto alternative, permettendo alla donna di scegliere effettivamente quella a lei più congeniale. L’esperienza del “Ruggi” è un altro esempio di realtà virtuosa, moderna e vicina a donne e neonati, a conferma di un ospedale che da tempo è un centro di riferimento per tutta la Regione Campania.

Sfrutta la forza di gravità

Questa metodica, conosciuta già da molto tempo, fu reintrodotta tra i possibili modi per partorire negli anni Ottanta dal Movimento internazionale per il parto attivo, che propone anche le posizioni accovacciata e carponi. Il parto in piedi si basa sul presupposto che quella eretta è una delle posizioni più naturali per favorire la nascita del bambino: sembra che le donne, lasciate libere di decidere la postura durante il travaglio, spesso scelgano proprio di restare in piedi, chinate in avanti e aggrappate a un sostegno, per avvertire con più intensità le contrazioni, alleviare il dolore e sfruttare la forza di gravità per assecondare la nascita del bambino. Purtroppo questo tipo di parto non viene scelto spesso dalle donne, perché è poco diffuso e quindi poco conosciuto. Inoltre, non consente l’impiego dell’analgesia epidurale, che viene sempre più richiesta dalle partorienti.

Informarsi prima

Se si desidera prendere in considerazione la possibilità di partorire in piedi, è necessario informarsi in anticipo se vicino alla propria zona è presente un ospedale che offre questa possibilità. È, quindi, possibile chiedere di visitare la struttura, raccogliere informazioni sul livello di preparazione del personale per quanto riguarda l’assistenza a questo tipo di parto. È opportuno anche parlare con i ginecologi e le ostetriche.

Importante la collaborazione del papà

Particolarmente importante è la presenza del partner. Il papà del nascituro, infatti, svolge un ruolo attivo, poiché deve sorreggere la compagna durante il travaglio, può parlarle per incoraggiarla e massaggiarle la schiena.

Quali vantaggi per mamma e bebè?

Quando partorivano da sole, le donne preferivano posizioni diverse: in piedi, appunto, ma anche accovacciata, carponi, seduta o inginocchiata. Spesso addirittura da una di queste posizioni si passava a un’altra, nel continuo tentativo di assecondare le sensazioni trasmesse da corpo, alleviando il dolore e aiutando il bambino. La posizione in piedi riporta, insomma, la donna in una dimensione più autentica e attiva, riducendo il controllo che l’operatore ha su di lei. Di conseguenza i vantaggi non mancano.

  • Stare in piedi favorisce un migliore allineamento del feto per il passaggio attraverso la pelvi, aiutando le contrazioni a essere più intense e quindi più efficaci. La cervice uterina raggiunge in un tempo più breve la dilatazione massima e questo rende complessivamente più breve il periodo espulsivo.
  • C’è un maggiore rilassamento muscolare tra una pausa delle contrazioni e l’altra e l’intervallo stesso è più lungo, con il risultato che la donna affronta la contrazione successiva con più energia e motivazione.
  • Aumenta l’afflusso sanguigno agli organi pelvici della donna, con una conseguente maggiore ossigenazione del bambino, i cui battiti cardiaci si fanno più regolari.
  • Aiuta il bambino a uscire prima, in una posizione più naturale, senza lo schiacciamento delle vertebre cervicali, che può avvenire quando si sta sdraiate.
  • Consente alla donna di muoversi liberamente, trovando di volta in volta l’inclinazione del busto rispetto al bacino e alle gambe migliore per sentire meno dolore e per avere spinte più intense. Questo presuppone una partecipazione della donna, che torna a essere protagonista dell’evento parto, anche dal punto di vista psicologico, vivendo la nascita del figlio in modo più attivo e coinvolgente.

A chi rivolgersi

Per avere informazioni sul parto in piedi è possibile contattare l’ospedale “Ruggi” al numero 089. 671.111 oppure rivolgersi all’ufficio relazioni con il pubblico all’indirizzo elettronico urp@sangiovannieruggi.it o chiamando il numero 089.67.20.79.

RISPONDE L’ESPERTO

Professor Raffaele Petta, specialista in ostetricia e ginecologia e chirurgia oncologica, direttore dell’Unità Operativa Complessa “Gravidanza a rischio e Diagnosi Prenatale” della Azienda ospedaliera universitaria “S.Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” di Salerno.

Ci sono problemi per le gravidanze a rischio?

Non più di quelli che si possono verificare con un parto tradizionale in posizione supina sul lettino. Mamma e bambino sono, infatti, costantemente monitorati e, in caso di problemi, si interviene immediatamente. Inoltre, dalle visite degli ultimi mesi di gravidanza è possibile stabilire se una donna può affrontare questo tipo di parto, che presenta vantaggi rispetto a quello in posizione sdraiata.

Quali sono i vantaggi dal punto di vista medico?

Scientificamente il parto attivo presenta numerosi vantaggi. La fuoriuscita del feto è più naturale perché è favorita dalla forza di gravità. La donna avverte meno dolore e quindi non è necessario ricorrere all’analgesia epidurale. Il perineo, ossia il tessuto che si trova tra retto e vagina, si distende in modo più graduale e questo evita le lacerazioni, ma non solo: spesso è anche possibile evitare l’episiotomia. Inoltre, raramente durante il parto in piedi è necessario ricorrere alla ventosa o al taglio cesareo d’emergenza, per non parlare di manovre oggi considerate a rischio, come la manovra di Kristeller.

Fonti / Bibliografia

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