Come si fa il parto indolore?

Nicoletta Modenesi A cura di Nicoletta Modenesi Pubblicato il 23/05/2022 Aggiornato il 23/05/2022

La paura di soffrire troppo nel dare alla luce il piccolo è normale per la futura mamma: oggi però esistono alcuni metodi che consentono di ridurre lo stress del travaglio, con benefici anche per il bebè. Ecco come si fa il parto indolore

donna in sala parto con neonato

Le tecniche oggi utilizzate in sala parto per l’analgesia, cioè per alleviare il dolore, sono due: l’anestesia epidurale e l’anestesia spinale. Il controllo del dolore del travaglio comporta una riduzione della sofferenza non solo della mamma ma anche del bimbo: il dolore del travaglio, infatti, limita il flusso di sangue alla placenta e quindi l’apporto di ossigeno al feto. Ecco come si fa il parto indolore.
L’analgesia può favorire la dilatazione del collo (la parte inferiore) dell’utero accorciando i tempi del travaglio. La partoriente rimane sveglia e attiva mantenendo una piena partecipazione all’evento. Inoltre, i farmaci analgesici iniettati a livello lombare (nella parte bassa della schiena) vengono scarsamente o per nulla assorbiti dal feto, permettendo la nascita di bambini svegli e vitali.

Come si fa il parto indolore con l’epidurale?

L’anestesia epidurale è attualmente il metodo più efficace per combattere il dolore del travaglio di parto. Consiste nella somministrazione di anestetici locali nella schiena, a livello lombare, cioè nello spazio epidurale, una zona costituita essenzialmente da grasso.

Si tratta di una manovra non dolorosa, in quanto alla donna viene praticata un’anestesia locale nel punto in cui verrà eseguita l’anestesia. La futura mamma, durante queste operazioni, deve stare seduta con le spalle ricurve oppure sdraiata lateralmente.

Poi viene inserito un ago lungo e sottile fino allo spazio epidurale e viene posizionato un cateterino (sottile tubicino di plastica) attraverso il quale arriva l’anestetico. Il catetere viene inserito poco prima della dura madre, il più esterno dei tre foglietti che rivestono il midollo spinale. Attraverso questo tubicino, l’anestetico è iniettato a piccole dosi (boli) o in via continua, per fleboclisi.

L’epidurale determina solamente un blocco sensoriale, cioè allevia il dolore, senza interferire con la sensazione delle contrazioni, né con la capacità di movimento e di spinta, della donna durante il parto. Tuttavia, in rari casi può provocare una riduzione del ritmo e della frequenza delle contrazioni dell’utero, rendendo necessaria la somministrazione di ossitocina.

Che differenza c’è tra anestesia spinale ed epidurale?

L’anestesia spinale è utilizzata soprattutto in caso di taglio cesareo, ma a volte anche durante il travaglio di parto. In realtà, però, è stata praticamente abbandonata in questa fase, in quanto può facilmente bloccare le contrazioni dell’utero. Con questo tipo di anestesia, infatti, la donna rimane sveglia ma non può partecipare attivamente al parto.

Consiste nella somministrazione di anestetici locali con inserimento di un ago sottile nella colonna vertebrale a livello lombo-sacrale (la parte bassa della schiena); anche in questo caso alla partoriente viene praticata un’anestesia locale prima di iniziare le operazioni.

L’anestesia spinale di solito viene iniettata in bolo unico, cioè in un’unica dose, senza necessità quindi di posizionare il catetere (sottile tubicino). Rispetto all’epidurale, il farmaco viene iniettato più in profondità ed è usato in quantità minore.

Quanto bisogna essere dilatate?

Per poter eseguire l’anestesia epidurale o la spinale, il travaglio deve essere già avviato: in altre parole, la partoriente deve avere contrazioni durevoli e regolari e il collo (cioè la parte inferiore) dell’utero deve avere raggiunto una dilatazione di 3-4 centimetri (fase precoce).

Di solito, la futura mamma viene informata durante il corso di preparazione al parto della possibilità di utilizzare l’analgesia per alleviare il dolore del travaglio. Se la donna desidera ricorrere all’epidurale, dovrà sottoporsi a un colloquio preliminare con l’anestesista, per valutare le condizioni della colonna vertebrale e gli esami del sangue, in particolare quelli relativi alla coagulazione.

È possibile chiedere di avvalersi dell’anestesia anche in sala travaglio: in questo caso, però, l’anestesista dovrà visitare la partoriente e prendere visione degli esami del sangue eseguiti, richiedendone altri d’urgenza nel caso in cui non siano recenti. Bisogna tenere presente però che una richiesta fatta all’ultimo minuto può creare alcune difficoltà per il personale sanitario e, pertanto, può non venire esaudita.

Quali sono i rischi dell’epidurale?

Nei giorni successivi alla sua somministrazione, le due tecniche di analgesia possono lasciare alla mamma qualche fastidio. Ecco i più frequenti:

  • mal di testa, provocato dalla puntura accidentale della dura madre; il disturbo può durare anche qualche giorno; si cura con il riposo a letto e con farmaci specifici, prescritti dal medico;
  • sensazione di gambe calde e pesanti e difficoltà nell’urinare. In questo caso, potrà essere necessario ricorrere all’inserimento di un catetere (sottile tubicino di plastica) in vescica per far defluire l’urina;
  •  ipotensione (pressione bassa) transitoria: si interviene con la somministrazione di fleboclisi a base di acqua, sali minerali o zuccheri; nei casi più seri, si ricorre a farmaci specifici;
  •  prurito di lieve entità nella zona interessata all’analgesia (cioè la parte bassa della schiena) nei trenta minuti successivi alla somministrazione del farmaco.

Quando è sconsigliato il parto indolore?

Il ricorso all’analgesia epidurale o all’anestesia spinale è sconsigliato nei seguenti casi:

  • obesità o problemi seri della colonna vertebrale, come la scoliosi: in questi casi l’analgesia non è eseguibile proprio per le difficoltà di raggiungere con l’ago il punto esatto per la somministrazione del farmaco.
  • problemi di coagulazione del sangue. Anche in caso di assunzione prolungata da parte della gestante di farmaci anticoagulanti (come l’acido acetilsalicilico) è sconsigliata l’analgesia.
  • rifiuto della partoriente: a volte è la partoriente stessa a non desiderare l’analgesia, per timore delle possibili complicanze per il bambino.

 

 

 
 
 

In sintesi

Cosa fare per non sentire dolore durante il parto?

Attualmente vengono utilizzate due tecniche di analgesia in sala parto: l’anestesia epidurale, utile per alleviare il dolore del travaglio, e l’anestesia spinale, impiegata soprattutto in caso di taglio cesareo. In entrambi i casi i farmaci vengono iniettati nella parte bassa della schiena, a travaglio avviato, cioè quando il ritmo delle contrazioni è diventato regolare e il collo (la parte inferiore) dell’utero ha raggiunto una dilatazione di 3-4 centimetri (fase precoce).

 

Fonti / Bibliografia

Le informazioni contenute in questo sito non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto fra professionisti della salute e l’utente. È pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o specialisti.

Calcola le settimane di gravidanza

Calcola la data presunta del parto

Calcola il peso del feto

Calcola la lunghezza del feto

Scegli il nome del tuo bambino

Controlla i valori Beta HCG

Gli Specialisti rispondono
Le domande della settimana

Mamma e papà Rh negativo: in gravidanza e dopo il parto si deve fare lo stesso la profilassi?

20/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottoressa Elisa Valmori

Se entrambi i genitori sono Rh negativo non ha alcun senso che alla donna venga effettuata la profilassi contro il fattore Rh positivo, viso che il figlio sarà con certezza Rh negativo.   »

Autismo: c’è un’indagine che può accertarlo con sicurezza in gravidanza?

20/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottor Giorgio Rossi

Come e più di altre anomalie del neurosviluppo, i disturbi dello spettro autistico sono legati a molteplici "errori" genetici. Alcune ricerche hanno indicato più di 1000 geni potenzialmente coinvolti: la complessità del problema non consente di accertarlo con sicurezza durante la gravidanza.   »

Problemi al fegato in età adulta: può dipendere dal fatto di essere figli di cugini di primo grado?

13/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottoressa Faustina Lalatta

Chi nasce sano e diventa grande senza mai manifestare i sintomi di una malattia ereditaria, può escludere con un certo margine di sicurezza che la comparsa di disturbi a carico del fegato dipendano dal fatto di essere figlio di consanguinei.   »

Dilatazione di un uretere del feto: cosa si deve fare?

06/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottoressa Elsa Viora

In caso di dilatazione delle vie urinarie (uretere, pelvi renale) individuata nel feto con l'ecografia, i protocolli suggeriscono di eseguire alcune indagini, tra cui una valutazione accurata di tutta l'anatomia fetale.   »

Bimba di 3 anni e mezzo che preferisce giocare da sola: si deve indagare?

06/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottoressa Angela Raimo

Una bambina che preferisce giocare da sola può agire secondo il proprio temperamento riservato e riflessivo e non necessariamente perché interessata da un disturbo. L'opportunità di una visita del neuropsichiatra infantile va comunque valutata con l'aiuto del pediatra curante.   »

Fai la tua domanda agli specialisti