Secondamento: cos’è e quando si verifica durante il parto

Francesca Scarabelli A cura di Francesca Scarabelli Pubblicato il 01/07/2025 Aggiornato il 01/07/2025

L'espulsione della placenta e delle membrane annessiali che avviene dopo mezz'ora circa dalla nascita del bambino.

Parto: in che cosa consiste il secondamento?

Il parto non termina con la nascita del bambino, ma c’è un’ultima fase – chiamata secondamento – che consiste nell’espulsione della placenta. Si tratta di un evento che generalmente avviene in maniera naturale circa mezz’ora dopo la fine della parte espulsiva: la partoriente non deve fare nulla, se non assecondare un’ultima spinta, in quanto la placenta si stacca dall’utero e viene espulsa in maniera fisiologica.

Se questo non avviene dopo circa un’ora, i medici possono procedere ad alcune manovre per facilitarne la fuoriuscita; raramente è necessario ricorrere ad un’estrazione chirurgica in anestesia generale.

Cosa vuol dire secondamento

Il secondamento è l’ultima fase del parto, che segue la venuta al mondo del bambino. Consiste nell’espulsione della placenta e di tutte le membrane annessiali che per nove mesi hanno protetto e nutrito il feto. Si tratta di una fase fisiologica e necessaria, di cui le neo mamme a volte non si accorgono nemmeno: l’utero, dopo la nascita del bambino, ha una nuova serie di contrazioni più blande che consentono il distacco e l’espulsione di tutti gli annessi fetali.

Questo in genere avviene una mezz’ora circa dopo la nascita del bambino. Se non c’è un’abbondante perdita di sangue e non ci sono problemi, la cose migliore è quella di aspettare senza effettuare manovre o trazioni: la placenta si stacca dall’utero in maniera naturale e un’ultima contrazione la porterà all’esterno del corpo della mamma.

Le fasi del parto

Il parto naturale si compone di diverse fasi:

  • fase prodromica, che si manifesta con le prime contrazioni, in genere irregolari e poco intense; questa fase può durare da poche ore ad un’intera giornata
  • fase dilatante: una dilatazione del collo uterino di circa 4 cm segna l’inizio del travaglio vero e proprio. Le contrazioni diventano dolorose, ravvicinate e regolari. Se non è ancora successo, si perde il tappo mucoso e avviene la rottura delle membrane con fuoriuscita del liquido del sacco amniotico
  • fase di transizione: tra le fase dilatante e quella espulsiva di solito c’è una fase di transizione che può durare da mezz’ora a un’ora. Il travaglio procede, ma le contrazioni sembrano arrestarsi
  • fase espulsiva: in questa fase la partoriente sente l’esigenza di spingere fino all’espulsione del feto
  • fase di secondamento, che consiste nell’espulsione della placenta e degli annessi fetali. Se non avviene in maniera naturale entro un’ora, si procede con manovre apposite o con l’estrazione chirurgica.

Anche in caso di parto cesareo avviene l’espulsione della placenta, che può essere spontanea oppure eseguita dal chirurgo.

Come avviene il secondamento

Circa mezz’ora dopo la nascita del bambino, l’utero della neo mamma va incontro ad una nuova serie di contrazioni, molto meno forti rispetto a quelle che hanno portato alla luce il bimbo: servono a eliminare con un’ultima contrazione la placenta e gli annessi fetali.

La neomamma sentirà semplicemente una sensazione di peso a livello della vagina e il bisogno di assecondare di nuovo una spinta. Il processo avviene di norma in maniera naturale; se non ci sono problemi è sufficiente attendere che si concluda spontaneamente.

Si può comunque favorire questa fase con un’iniezione di ossitocina intramuscolo, ma senza esercitare manovre o trazioni sul cordone ombelicale. La neomamma può avvertire brividi o freddo intenso: si tratta di reazioni naturali, che scompaiono in poche ore. Da questo momento, l’utero inizia un processo (destinato a durare diversi giorni) per tornare alle sue normali dimensioni.

Nel secondamento fisiologico, l’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI) consiglia una condotta di attesa, che consiste nell’aspettare che le cose facciano il loro corso senza intervenire, o di gestione attiva, cioè una procedura preventiva che modifica minimamente la progressione fisiologica dell’evento, ad esempio con una trazione controllata del cordone ombelicale e l’uso di farmaci uterotonici per favorire le contrazioni uterine.

Prima dell’espulsione della placenta, il neonato rimane attaccato al cordone ombelicale, appoggiato alla pancia della mamma, per favorire un migliore adattamento extrauterino; solo quando il cordone smette di pulsare viene clampato.

Se la placenta non viene espulsa entro un’ora, si valuta la possibilità di ricorrere al secondamento manuale, che prevede una forma di analgesia oppure una anestesia. Di solito consiste nel distacco manuale della placenta dalla sua inserzione per consentirne l’estrazione.
In ogni caso, alla fine della fase di secondamento, il personale medico dovrà controllare che la placenta sia integra in ogni sua parte e che non ci siano anomalie. Può succedere che l’espulsione della placenta sia incompleta e che il ginecologo debba rimuovere i frammenti rimasti in utero con una operazione di raschiamento uterino che richiede un’anestesia generale.

Le possibili complicanze

Anche in questa fase del parto si possono verificare delle complicanze. Le principali sono:

  • emorragia post-partum, che può essere legata ad un secondamento prolungato
  • placenta ritenuta, che si verifica quando la placenta rimane attaccata del tutto o in parte per oltre 30 minuti dopo il parto
  • inversione uterina, quando l’utero si capovolge e fuoriesce del tutto o in parte. È una complicanza molto rara.

In breve

Il parto non finisce con la nascita del bambino: c’è un’ultima fase, chiamata secondamento, che consiste nell’espulsione della placenta e degli annessi fetali che per tutta la gravidanza hanno accolto e nutrito il piccolo.

Fonti / Bibliografia

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