I controlli dal ginecologo nel secondo trimestre di gravidanza

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 12/01/2015 Aggiornato il 23/01/2015

In questa fase della gravidanza, oltre alle analisi del sangue e delle urine, vengono effettuati altri esami specifici, come l'ecografia morfologica e, in certi casi, la cordocentesi

controlli trimestre

Le analisi delle urine

Vanno ripetute, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998, tra la 14a e la 18a settimana di gravidanza e sono completamente gratuite (cioè non si deve nemmeno pagare il ticket) purché eseguite in una struttura pubblica o convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Occorre solo presentare la prescrizione del medico di base o di uno specialista operante in una struttura pubblica. Come quelle eseguite nel secondo mese, anche queste hanno lo scopo di verificare alcuni valori:

  • l’assenza di albumina: una proteina che, se presente nelle urine, può essere la spia della gestosi, malattia seria che può comparire solo in gravidanza ed è caratterizzata anche da pressione alta e gonfiori;
  • l’assenza di zuccheri: occorre verificare la quantità di zuccheri presenti nelle urine per capire se la futura mamma soffre di diabete gestazionale, malattia che può comparire solo in gravidanza, dovuta a uno squilibrio nella trasformazione del glucosio;
  • l’assenza di microbi: se l’analisi delle urine rileva un’infezione batterica alle vie urinarie (il sistema di condotti che porta l’urina dal rene all’esterno) il ginecologo prescrive alla futura mamma un ulteriore controllo, l’urinocoltura, per individuare il batterio responsabile e stabilire l’antibiotico più adatto.

La visita dal ginecologo

Non si tratta di un appuntamento di routine, ma di solito è prassi eseguire ogni mese un controllo. Il ginecologo, in occasione di questa visita, controlla l’aumento di peso della gestante, misura la pressione arteriosa per verificare che sia nella norma, ascolta il battito cardiaco del feto (con un particolare strumento detto stetofonendoscopio), si informa sui movimenti del piccolo nel pancione e sugli eventuali disturbi, in modo da prescrivere, se necessario, esami specifici o suggerire le cure più adatte.

Il tampone vaginale

Anche questo non è un esame di routine, ma viene prescritto spesso intorno a quest’epoca per accertare la presenza nella vagina di particolari batteri, che possono provocare infezioni locali. In gravidanza, infatti, è molto importante prevenire le infezioni vaginali, che potrebbero risalire nell’utero e svilupparsi anche al suo interno, creando seri problemi per il feto. L’esame consiste in un semplice esame di laboratorio, che si effettua analizzando le sostanze prodotte dalla vagina. Viene prescritto quando le perdite vaginali bianche, che entro certi limiti rappresentano un fenomeno normale, hanno una consistenza, colore o odore diversi dal solito o sono accompagnate da prurito o bruciore. Non bisogna, invece, preoccuparsi se le secrezioni vaginali sono solo più abbondanti. Se viene prescritto dal medico, è previsto comunque il pagamento di un ticket (cui se ne deve aggiungere un altro se bisogna fare anche l’antibiogramma).

Come si effettua

Il ginecologo preleva le sostanze secrete dalla vagina utilizzando uno strumento, costituito da un apposito bastoncino che termina con un piccolo tampone. Il materiale viene poi consegnato al laboratorio di analisi, dove vengono fatti proliferare i microrganismi eventualmente presenti sul tampone. A questo punto si procede all’analisi vera e propria, che permette di stabilire se tra i microbi che proliferano sul tampone vi sono batteri in grado di provocare un’infezione. Se il risultato è positivo (vi sono cioè germi dannosi), occorre eseguire anche l’antibiogramma, un esame utile per stabilire qual è l’antibiotico più indicato per eliminare lo specifico batterio evidenziato con il tampone vaginale.

I controlli in più

Il tritest

Consiste in un prelievo di sangue materno per analizzare tre sostanze prodotte dalla placenta e dal feto: ossia l’alfafetoproteina, l’estriolo non coniugato e la gonadotropina corionica umana. Confrontando questi tre dati con l’età materna è possibile individuare le donne più a rischio di avere un bimbo affetto da difetti di chiusura del tubo neurale (come la spina bifida), da sindrome di Down o da altre anomalie cromosomiche. Si esegue tra la 15a e la 17a settimana di gravidanza e non comporta rischi per la mamma né per il feto. Si tratta di un test di screening, ossia non fornisce la certezza di identificare tutti i feti affetti da un’anomalia, ma consente solo di valutare se è il caso o meno di consigliare alla futura mamma l’esecuzione di esami di diagnosi prenatale (come l’amniocentesi) senz’altro più invasivi, ma più precisi. Dal punto di vista medico, si considera “a rischio” una gestante la cui probabilità di avere un feto affetto sia superiore o uguale a 350 casi (che è il rischio di una donna di 35 anni di età). L’affidabilità del test non è elevata (pari a circa il 60 per cento).

L’amniocentesi

Consiste nel prelievo di una piccolissima quantità di liquido amniotico, dove è immerso il feto. L’esame viene eseguito tramite un sottilissimo ago, fatto passare attraverso l’addome della futura mamma fino a raggiungere il liquido amniotico, nel quale sono presenti le cellule di sfaldamento del feto (che si sono cioè staccate spontaneamente), provenienti dalla pelle, dalle mucose e dalle vie urinarie. Questa operazione viene effettuata in modo molto lento e sempre sotto guida ecografica, in modo da trovare il punto migliore nel quale inserire l’ago. Il periodo ideale per eseguire l’esame è tra la 15a e la 18a settimana di gravidanza. L’introduzione dell’ago provoca una sensazione non dolorosa, simile al fastidio di un’iniezione intramuscolare. Si tratta di un test di diagnosi prenatale, cioè che indica con certezza se il piccolo è affetto o meno da un’anomalia cromosomica. L’esame è invasivo: comporta, infatti, un rischio di aborto spontaneo (tra lo 0,5 e l’1 per cento).

La visita dal ginecologo

Si tratta di un appuntamento mensile molto importante per tenere sotto controllo l’andamento della gravidanza; tuttavia, non essendo previsto di routine, si paga il ticket (se eseguito nelle strutture pubbliche). In particolare, il ginecologo controlla l’aumento di peso della futura mamma, misura la pressione arteriosa per verificare che sia nella norma, ascolta il battito cardiaco del feto (con un strumento detto stetofonendoscopio), si informa sui movimenti del piccolo nel pancione e sugli eventuali disturbi. Tutti questi controlli sono necessari per individuare precocemente eventuali problemi, come la gestosi, in modo da poter intervenire tempestivamente.

L’ecografia morfologica

L’ecografia del secondo trimestre si effettua tra la 19a e la 21a settimana di gravidanza per verificare la regolarità dello sviluppo del feto. In genere, questa ecografia viene eseguita solo per via addominale (facendo scorrere la sonda sull’addome della futura mamma). Viene definita morfologica, in quanto permette di valutare il corretto sviluppo e l’aspetto degli organi del feto (come il cuore, lo stomaco o la spina dorsale). L’esame prosegue con la biometria, cioè si controlla la crescita del feto sulla base di alcuni valori di riferimento: per esempio, si rileva la distanza tra le tempie della testa e si confronta questo dato con quello riportato su apposite tabelle, dette dei “percentili” (che indicano le curve di crescita medie per età), in modo da accertarsi che le dimensioni del bimbo siano nella norma. Si verifica la posizione della placenta (l’organo che nutre e ossigena il feto) nell’utero, che di norma si trova nella parte alta dell’utero, e si verifica la quantità del liquido amniotico, la sostanza in cui è immerso il bimbo (il liquido infatti non deve essere né poco né troppo). Infine, è possibile essere informati sul sesso del nascituro.

L’esame delle urine

Vanno ripetute, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998, tra la 19a e la 23a settimana di gravidanza: come quelle dei mesi precedenti, sono completamente gratuite (non si paga cioè nemmeno il ticket) purché eseguite in una struttura pubblica o convenzionata con il Servizio sanitario nazionale. Servono per escludere la presenza di gestosi, diabete o di un’infezione batterica alle vie urinarie (il sistema di condotti che porta l’urina dal rene all’esterno).

I controlli in più

La cordocentesi

Detta anche funicolocentesi, consiste in un prelievo di sangue eseguito, nei casi in cui se ne riveli la necessità, sul cordone ombelicale a partire dalla 20a settimana di gravidanza. Si effettua sotto controllo ecografico e richiede quindi due operatori: un ecografista e un medico che esegue il prelievo. Una volta visualizzato il cordone ombelicale con l’ecografia, il prelievo dura pochi minuti, non comporta la necessità di anestesia e non è dolorosa. Il cordone ombelicale è raggiunto attraverso la pancia della futura mamma con un ago sottile e, dopo l’esame, la futura mamma deve rimanere in osservazione per qualche ora. Si tratta di una tecnica invasiva, che comporta un rischio di aborto spontaneo pari a circa 1 caso su 150 ed è per questo che l’esame non si effettua di routine, ma solo in determinati casi. Può essere proposto, per esempio, quando l’ecografia morfologica ha evidenziato delle anomalie che si riscontrano con maggior facilità nei bambini affetti da sindrome di Down e, quindi, si voglia approfondire con un esame il sospetto. Si può ricorrere alla cordocentesi, però, anche per motivi diversi dalla diagnosi prenatale: per esempio, in caso di ritardo di crescita intrauterina del feto o di un’infezione contratta dalla futura mamma in gravidanza, l’esame si rivela utile per valutare lo stato di benessere o un’eventuale infezione del feto.

Le analisi del sangue

Tra la 24a e la 27a settimana di gravidanza è previsto, in base al decreto legge n. 245 del 1998, il controllo della glicemia ossia della concentrazione degli zuccheri nel sangue. Questo esame consente di escludere la presenza di diabete, un disturbo del metabolismo che può comparire durante l’attesa. L’aumento della glicemia lontano dai pasti, infatti, è la caratteristica del diabete: se, quindi, la futura mamma risulta avere, a digiuno, valori fuori dalla norma (rispetto a quelli di riferimento riportati dal laboratorio), i livelli andranno tenuti sotto controllo più spesso nel corso della gravidanza e lo specialista può prescrivere alla gestante una dieta e una cura specifica. Si tratta di un esame di routine, quindi è gratuito se eseguito nelle strutture pubbliche o convenzionate con il Servizio sanitario nazionale.

L’esame delle urine

Questo controllo va ripetuto, secondo quanto previsto dal decreto legge n. 245 del 1998, tra la 24a e la 27a settimana di gravidanza. Si tratta di un esame indispensabile per escludere nella futura mamma la presenza di gestosi (malattia che può fare con maggiore facilità la sua comparsa proprio in questo periodo), diabete o di un’infezione batterica alle vie urinarie (il sistema di condotti che porta l’urina dal rene all’esterno). Gli esami delle urine sono gratuiti (non si deve pagare nemmeno il ticket) purché eseguiti in una struttura pubblica o convenzionata con il Servizio sanitario nazionale.

La visita dal ginecologo

Pur non essendo un esame di routine, rappresenta anch’esso un appuntamento mensile molto importante per tenere sotto controllo l’andamento della gravidanza e valutare la salute della futura mamma e del feto. In particolare, il ginecologo controlla ogni mese l’aumento di peso della donna, misura la pressione arteriosa per verificare che i valori siano nella norma, ascolta il battito cardiaco del feto, si informa sui movimenti del piccolo nel pancione e sugli eventuali disturbi della gestante. Tutti questi controlli sono necessari per individuare precocemente eventuali problemi, come la gestosi, in modo da poter intervenire tempestivamente. La visita dal ginecologo non rientra però tra gli esami di routine previsti dal decreto legge n. 245 del 1998: di conseguenza, non è completamente gratuito, ma si deve pagare il ticket (se la visita è eseguita nelle strutture pubbliche o convenzionate).

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