Pre-eclampsia: perché è così importante prevenirla e curarla?

Roberta Raviolo A cura di Roberta Raviolo Pubblicato il 16/08/2022 Aggiornato il 16/08/2022

Per curare la pre-eclampsia, è necessario individuarla per tempo. Ma la prevenzione resta l’arma fondamentale per evitare le complicanze di questa malattia. Questo oggi è possibile anche grazie a un modello predittivo messo a punto da esperti italiani

medico misura la pressione a donna con pre-eclampsia

La pre-eclampsia o gestosi è una delle complicanze più diffuse e temute in gravidanza. È conosciuta fin dai tempi antichi: Ippocrate, il padre della medicina occidentale, ne parla già nei suoi trattati del IV secolo a.C. come di una condizione molto seria. Interessa fino a una futura mamma su otto e, se non diagnosticata e trattata tempestivamente, può causare problemi seri sia alla gestante sia al bambino. Oggi è possibile curare la pre-eclampsia, a patto che questa sia diagnosticata precocemente.

Che cos’è la pre-eclampsia?

Si parla di pre-eclampsia quando i valori di pressione arteriosa sono superiori a 140/90 mmHg in almeno due misurazioni a distanza di 4 ore in gestanti normotese dopo la ventesima settimana di gravidanza. Oltre ai valori alterati di pressione compaiono presenza di proteine nelle urine, segni di insufficienza renale acuta, danni al fegato, disturbi neurologici. La pre-eclampsia di solito compare dalla 20a settimana di gestazione fino a sei settimane prima del parto. All’inizio è asintomatica, salvo poi portare a un peggioramento del quadro di salute generale. Proprio questa sua caratteristica può determinare un ritardo della diagnosi e, quindi, del controllo della malattia.
Se non correttamente diagnosticata e trattata, la gestosi causa serie conseguenze per la madre, come aumento del rischio di eventi cardiovascolari e ischemici. Il bambino può avere basso peso alla nascita, oltre che un rischio aumentato di necessità di cure intensive neonatali.

Esistono segnali della pre-eclampsia?

È essenziale curare la pre-eclampsia per tempo, ma per farlo occorre individuare i casi a rischio e concentrare su quelli un monitoraggio più attento. Non è ancora noto il meccanismo responsabile di insorgenza di questa condizione. Si pensa che la causa della pre-eclampsia sia legata a una cattiva formazione della placenta(), che innesca nell’organismo materno una sorta di ‘non adattamento alla gravidanza’. La pre-eclampsia può essere diagnosticata precocemente grazie ad accurate visite di controllo prenatali, ma anche all’osservazione di eventuali ‘campanelli d’allarme’ che ogni donna in gravidanza non deve mai trascurare di riferire al medico. Per esempio, aumento della pressione del sangue, mal di testa persistente, visione offuscata o sensibilità alla luce, gonfiore a viso e piedi sono segnali da non sottovalutare. Ipertensione cronica, diabete presente già prima della gestazione e pre-eclampsia in una precedente gravidanza sono altri fattori di rischio.

Quali sostanze possono essere di aiuto per la diagnosi?

Qualche settimana fa, sulla rivista Pregnancy Hypertension: An International Journal of Women’s Cardiovascular Health è stato pubblicato lo studio prospettico osservazionale “Modello di previsione del primo trimestre per i disturbi vascolari della placenta” svolto dal Prof. Fabio Facchinetti e dalla Dott.ssa Francesca Monari dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia. Lo studio spiega che è possibile sviluppare un modello predittivo multi-variabile che permette di individuare in tempo le donne che rischiano di incorrere in pre-eclampsia e in altre complicanze vascolari serie. Questo avviene grazie all’analisi combinata dei risultati di parametri biochimici e biofisici nel primo trimestre di gravidanza. Lo studio prospettico dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia ha avuto come obiettivo quello di valutare nella popolazione italiana, ove la sola pre-eclampsia ha una incidenza bassa, ma non trascurabile, la sensibilità dei markers biochimici noti dalla Fetal Medicine Foundation  in associazione ad altri indici biochimici, per ottenere più modelli che possano predire, nel primo trimestre di gravidanza, le pericolose conseguenze della pre-eclampsia.

Come si è svolto lo studio?

I ricercatori hanno monitorato le donne che partecipavano allo screening del primo trimestre per le anomalie cromosomiche attraverso il Bitest, presso il Policlinico di Modena. Alle gestanti che avevano espresso il consenso è stato effettuato anche un prelievo di sangue per il dosaggio di alcuni marker biochimici (PAPP-A, PlGF), oltre che per l’Inibina A, l’interleukina 6, l’insulina, HDL e i trigliceridi. Le donne arruolate sono poi sottoposte alla misurazione della pressione arteriosa, all’ecografia per la velocimetria doppler delle arterie dell’utero e hanno compilato un questionario sui fattori di rischio per la cefalea.
Lo studio ha confermato come in Italia la sola pre-eclampsia incide per una percentuale inferiore al 2%, mentre quando si considerano anche le altre condizioni problematiche della placenta, le complicanze della gravidanza salgono all’8%. Lo studio ha permesso di confermare la validità dei parametri già noti e di sviluppare un modello che può predire, già dal primo trimestre lo sviluppo di complicanze vascolari placentari. Tale modello rappresenta una seria possibilità per intervenire precocemente nel primo trimestre in diverse direzioni per prevenire e quindi per curare la pre-eclampsia: un’assistenza ostetrica individualizzata, miglioramenti nello stile di vita, assunzione di integratori e di aspirina a basse dosi.

 

 

 

 
 
 

In sintesi

È possibile prevenire la pre-eclampsia?

Una vera e propria prevenzione non esiste, ma è vero che seguire uno stile di vita attivo e sano in gravidanza, fare un po’ di moto e adottare una dieta sana serve a combattere pressione alta e diabete che possono accompagnarsi a eclampsia. Le visite regolari dal ginecologo e l’esame mensile delle urine, poi, può mettere subito in luce anomalie che anticipano la comparsa di pre-eclampsia.

Come si cura la pre-eclampsia?

Si interviene tenendo la donna a riposo a letto e somministrandole farmaci per controllare la pressione. Nei casi più seri può essere necessario ricorrere al parto cesareo.

 

Fonti / Bibliografia

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