Allarme pertosse, cosa rischiano i neonati?

Roberta Raviolo A cura di Roberta Raviolo Pubblicato il 30/04/2024 Aggiornato il 30/04/2024

Una malattia pericolosa soprattutto per i bambini molto piccoli, che non sono stati ancora vaccinati. Esiste comunque un sistema molto efficace per difenderli e per limitare la diffusione dell'infezione. Vediamo come.

Allarme pertosse, cosa rischiano i neonati?

Non solo morbillo: in questo periodo nel nostro paese c’è anche un allarme pertosse tra i bambini. In Campania si è purtroppo verificato un decesso e ben 30 casi sono stati registrati nella regione tra neonati di età inferiore ai 4 mesi. Altri bambini si sono ammalati in Sicilia, Marche e Umbria. La pertosse è una malattia batterica pericolosa soprattutto per i più piccoli, che non sono stati vaccinati e che non hanno ancora maturato difese sufficienti contro gli attacchi di batteri e altri germi. L’infezione delle vie aeree talvolta nei bambini piccoli causa insufficienza respiratoria e interruzioni del respiro, che a loro volta possono indurre disturbi neurologici a causa del mancato afflusso di sangue al cervello. Per questo il rimedio più sicuro contro l’allarme pertosse è il vaccino sia per i bambini sia per i genitori.

Che cos’è la pertosse

La pertosse è un’infezione dell’apparato respiratorio causata da un batterio chiamato Bordetella pertussis. Questo germe non vive nell’ambiente e non è veicolato da specie animali, ma si trasmette esclusivamente da persona a persona, a distanza ravvicinata, attraverso le secrezioni delle vie respiratorie. Colpi di tosse, starnuti, tracce di saliva della persona infetta contengono infatti la Bordetella, che penetra con facilità nelle vie aeree del nuovo ospite, contagiandolo. Nell’ambiente, invece, il batterio sopravvive solo per poco tempo. La pertosse si sviluppa in tre fasi: fase catarrale, fase convulsiva o parossistica e fase di convalescenza.

Incubazione e contagio

Il periodo di incubazione è variabile, dai 7 giorni alle due-tre settimane, con una media di dieci giorni. La malattia è frequente soprattutto nei mesi caldi e in autunno, ma possono presentarsi episodi di contagio anche al di fuori di questi periodi. “Una persona è contagiosa dalla fase catarrale fino a tre settimane dall’inizio della fase parossistica nei soggetti non trattati. Se invece si somministrano antibiotici appropriati, l’infettività si riduce a circa 5 giorni dall’inizio della cura” avverte la dottoressa Stefania Bernardi, pediatra infettivologo della Uos Infezioni complesse e perinatali Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. “Per questa ragione è importante evitare i contatti con chi è potenzialmente a rischio di infezione perché non è ancora stato vaccinato o non ha effettuato il richiamo del vaccino anti-pertosse”.

Sintomi della pertosse

La pertosse è caratterizzata da sintomi che possono variare a seconda della fase della malattia . È bene precisare che, soprattutto nei bambini piccoli, ci possono essere forme atipiche o lievi, molto simili all’influenza. Questo spesso induce a sottovalutare il problema e a non intervenire subito nel modo adeguato, soprattutto nei primi giorni quando è il momento migliore per iniziare la cura. Vediamo, fase per fase, quali sono i sintomi della pertosse.

Fase catarrale

Delle tre fasi è la più contagiosa, anche se il contagio può avvenire durante tutto l’arco della malattia. La fase catarrale dura una-due settimane e i sintomi sono simili a quelli di un’influenza, quindi:

  • tosse secca che diviene più insistente con il passare dei giorni
  • raffreddore con abbondanti secrezioni nasali 
  • malessere generale
  • presenza sulle tonsille di una patina “umida” che dà alla fase stessa la definizione di catarrale
  • a volte febbre.

Fase convulsiva o parossistica

Questa è la fase più tipica della pertosse ed è la più complessa. Può durare a lungo, anche fino a due mesi. Ecco che cosa succede:

  • la tosse diviene sempre più violenta e insistente, provocando a volte accessi di vomito soprattutto nei bambini sotto i 12 anni, e si manifesta soprattutto durante la notte
  • compare il cosiddetto “urlo inspiratorio”, un caratteristico rumore dovuto al tentativo di prendere fiato dopo gli accessi di tosse
  • possono verificarsi emorragie della congiuntiva (la membrana che riveste internamente le palpebre e la parte anteriore del bulbo, tranne la cornea), epistassi ossia perdita di sangue dal naso, cianosi (la pelle assume un colore bluastro per la mancanza di ossigenazione dovuta a difficoltà di respirazione)
  • tra un accesso di tosse e l’altro si può verificare intensa sudorazione e alterazioni del battito cardiaco.

Fase di convalescenza

In questo ultimo periodo i sintomi migliorano e gli accessi di tosse divengono via via meno intensi. È bene però non abbassare la guardia se la tosse, dopo un iniziale miglioramento, torna a essere violenta. Potrebbe essere il segnale che l’infezione ha raggiunto le vie respiratorie profonde, causando per esempio una polmonite

Cosa rischiano i neonati?

In caso di allarme pertosse, alcune categorie di persone sono più a rischio. “Il discorso vale per i bambini al di sotto dei tre mesi di età, che non sono stati ancora sottoposti al vaccino” aggiunge la dottoressa Bernardi. “Se infatti entrano in contatto con una persona infetta, possono contrarre la malattia che può assumere un decorso anche molto serio”. Il sistema di difesa dei bambini di questa età è più fragile, specie se gli anticorpi materni contro la pertosse sono scarsi, ed è quindi più a rischio di sviluppare complicanze che coinvolgono le vie respiratorie profonde e l’apparato uditivo. Le più frequenti sono:

  • otite
  • bronchite
  • polmonite

Inoltre, nei bambini molto piccoli il lungo decorso della malattia può interferire con una crescita corretta, perché gli accessi di tosse, il vomito e le difficoltà di respirazione impediscono ai neonati di alimentarsi normalmente. La pertosse poi nei bambini causa apnee, ossia interruzioni del flusso respiratorio a causa degli accessi violenti di tosse. Questo, in casi rari, può causare una mancanza di afflusso di ossigeno ai tessuti del cervello con conseguenti danni al sistema nervoso.

Diagnosi e cura della pertosse

La diagnosi della pertosse non sempre è semplice perché, come abbiamo visto, in alcune forme iniziali è possibile che la malattia venga scambiata per una forma influenzale. Se i sintomi sono molto evidenti, la diagnosi è clinica, cioè fatta dal medico, ma per avere l’assoluta certezza è necessario effettuare un prelievo delle secrezioni e analizzarlo in laboratorio per individuare il batterio.

La cura consiste nell’assunzione di antibiotici (azitromicina o eritromicina), un trattamento efficace soprattutto se seguito nella fase catarrale. La cura va iniziata comunque se esiste il sospetto clinico, in attesa della conferma degli esami di laboratorio. Lo stesso trattamento va seguito anche dalle persone che sono entrate in stretto contatto con il malato, in modo particolare i bambini piccoli, le donne in gravidanza, gli anziani, le persone immunodepresse e i malati cronici.

Come proteggere i bambini piccoli

L’unico modo per difendere i bambini piccoli dal rischio di ammalarsi di pertosse è il vaccino. La somministrazione avviene per iniezione intramuscolare (nella coscia o nel braccio a seconda dell’età del bimbo) in tre dosi, la prima delle quali va effettuata entro il primo anno di vita, a partire dal terzo mese di età. Solitamente il vaccino antipertosse viene somministrato attraverso il vaccino esavalente (contro tetano, difterite, pertosse, poliomielite, epatite B ed Haemophilus influenzae di tipo B). A 5-6 anni viene effettuato un richiamo. Un’ulteriore dose viene somministrata tra gli 11 e i 18 anni insieme al vaccino contro la difterite e il tetano. L’immunità, però, non è permanente, ma ha una durata di circa dieci anni. Per questa ragione sarebbe opportuno sottoporsi a ulteriori richiami in età adulta, una volta ogni 10 anni.

Vaccino antipertosse in gravidanza

L’obiettivo del vaccino antipertosse non è solo di proteggere se stessi, ma anche di ridurre il rischio di contagio per gli altri e soprattutto difendere i bambini molto piccoli, che non sono stati ancora vaccinati. Di recente è stata inoltre raccomandata una dose di vaccino contro Difterite, Tetano e Pertosse a tutte le donne in gravidanza, intorno alla 28a settimana secondo le indicazioni del Ministero della Salute, per trasmettere al nascituro gli anticorpi materni, in modo da proteggerlo prima che abbia iniziato il suo ciclo di vaccinazioni. Il vaccino nella donna in attesa è ampiamente dimostrato efficace e sicuro.

Foto di Polina Tankilevitch per pexels.com 

 
 
 

In breve

L’allarme pertosse ogni tanto torna a farsi sentire, soprattutto quando ad ammalarsi sono bambini molto piccoli, al di sotto dei tre mesi di età. Nella prima infanzia, infatti, l’infezione può avere conseguenze molto serie a carico dell’apparato respiratorio e del sistema nervoso. Per questo, nell’attesa che il bambino abbia effettuato il ciclo vaccinale specifico per la malattia, è importante proteggerlo sottoponendosi al vaccino anti pertosse, efficace e utile anche in gravidanza

 

 

Fonti / Bibliografia

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