Sashimi di pollo: una bomba batteriologica

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 28/12/2017 Aggiornato il 28/12/2017

Attenzione al sashimi di pollo: è più pericoloso di quello di tonno. La carne, che si mangia cruda, è una concentrazione di Salmonella, Escherichia Coli e Campylobacter

Sashimi di pollo: una bomba batteriologica

Dopo il sashimi di tonno e lo yakitori è arrivata dal Giappone la moda del sashimi di pollo, un piatto a base di carne cruda di pollo che, come dichiara il dottor Luciano Oscar Atzori, biologo esperto di sicurezza alimentare, è molto pericolosa perché possiede una carica batterica altissima. Già il sashimi di tonno era considerato un alimento pericoloso, tanto che prima di consumarlo deve essere abbattuto al fine di renderlo quasi del tutto innocuo, ma il sashimi di pollo è ancora più pericoloso.

Un mix di batteri

Nel sashimi di pollo sono presenti Salmonella, Escherichia Coli e Campylobacter, tutti batteri pericolosissimi, in quanto provocano gastroenteriti, dolori addominali, diarrea, vomito, febbre e, negli immunodepressi, anziani e bambini, possono sviluppare anche patologie ancora più gravi. La campylobatteriosi, per esempio, in casi estremi può portare a una meningite e al decesso. L’unico modo per abbattere questo rischio è cuocere il pollo a 75° C per almeno 3 minuti.

Governi in preallerta

In Gran Bretagna è intervenuta perfino la Food Standard Agency per “mettere in guardia” i consumatori sui rischi del consumo del sashimi di pollo. Anche in Giappone, il ministero della Salute ha pubblicato un comunicato per spingere i ristoratori a cuocere il pollo a 75° C prima di servirlo, anziché limitarsi a bollirlo solo per un decina di secondi (tempo insufficiente per distruggere la carica batterica) come accade adesso.

Colpa (anche) degli allevamenti intensivi

Il biologo Atzori ritiene che il problema dipenda soprattutto dagli allevamenti aviari intensivi che prevedono, secondo una direttiva UE del 2007, un’alta densità di polli per metro quadro. Si parla di 15-16 polli (dal peso medio di 2 kg ciascuno) per metro quadro, fino ad arrivare, in caso di deroga, anche a 20-22 polli per metro quadro. Il sovraffollamento provoca stress all’animale, tale da far produrre un neurotrasmettitore, la noradrenalina, che facilita la migrazione del Campylobacter dall’intestino ad altri organi e alle carni. Proprio per questo motivo il pollo, se allevato in modo intensivo, è portatore di Campylobacter.

 

 
 
 

Da sapere!

Negli allevamenti intensivi aviari si applica anche la tecnica dello “sfoltimento” che prevede il prelievo di un terzo o un quarto dal totale dei polli presenti nel capannone per macellarli in anticipo rispetto agli altri (circa 7 giorni prima). I rimanenti, così, possono aumentare di peso, perché hanno più spazio, con il vantaggio di massimizzare la produttività nel rispetto della normativa europea. Tutto ciò, naturalmente, a discapito dell’animale che subisce un altissimo stress che inciderebbe anche sulla qualità e sicurezza delle carni destinate all’alimentazione umana.

 

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