Ragadi al seno: come intervenire

Redazione A cura di “La Redazione” Pubblicato il 27/01/2012 Aggiornato il 27/01/2012

Le ragadi al seno si formano se il piccolo si “attacca” male o per una eccessiva igiene. I consigli per prevenirle e curarle

Ragadi al seno: come intervenire

Le ragadi sono taglietti lineari che segnano la cute del capezzolo. Possono essere evidenti e riconoscibili o al contrario minuscole, ma sono sempre accompagnate da dolore, arrossamento e, talvolta, sanguinamenti durante le poppate. Quando sono visibili, le ragadi si riconoscono facilmente perché i bordi delle lesioni sono bianchi e la zona intorno arrossata. Spesso sono anche avvertibili al tatto, in quanto la cute ai lati è rilevata e piuttosto dura. La prima conseguenza delle ragadi è l’allattamento difficoltoso e doloroso. La donna è portata a ridurre le poppate, per sentire meno male, con il rischio che compaia un ingorgo mammario o una mastite. È importante, invece, continuare a mantenere attiva la produzione del latte e se proprio fa molto male attaccare il piccolo, si può ricorrere al tiralatte in modo da dare al seno il tempo di guarire.

Due le cause principali

La prima causa delle ragadi è il modo sbagliato di attaccare il piccolo al seno. Il bebè, infatti, per poter succhiare in modo efficace senza ledere i capezzoli, si deve attaccare bene al seno: questo significa che deve avere in bocca non solo il capezzolo ma anche la parte intorno, in modo che le sue gengive siano alla base dell’areola. È bene poi controllare tutta la posizione del bebè. Quella classica è con la pancia aderente al corpo della mamma, il viso di fronte al seno, l’orecchio e la spalla allineati sullo stesso asse, il braccio nell’incavo dell’ascella della mamma, la testa leggermente inclinata all’indietro, così che il naso non prema contro il seno. La bocca deve essere ben spalancata, con le labbra a “ciucciotto”. L’ideale poi sarebbe variare anche le posizioni dell’allattamento

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così che le gengive del piccolo non spremano sempre la stessa parte del capezzolo.
Un’altra causa frequente è l’eccessiva igiene: saponi e detergenti possono seccare la pelle e asportare lo strato di grasso che protegge e difende la cute, rendendola più fragile. Perciò basta una doccia al giorno, senza strofinare direttamente i capezzoli. Non è necessaria la pulizia con acqua sterilizzata o prodotti antisettici, cioè disinfettanti.

Si curano con prodotti specifici

Una volta formate, la guarigione delle ragadi si accelera con creme o unguenti appositi. Si tratta di prodotti cicatrizzanti, quindi in grado di riparare le irritazioni cutanee e le lesioni, lenitivi e idratanti per nutrire e rinforzare la pelle. Possono avere anche un’azione preventiva nei confronti dei vari disturbi del capezzolo, rendendo più forte questa parte. È ovvio che questi preparati devono essere a base di ingredienti naturali, in modo da non creare problemi al bimbo. Occorre in particolare che non alterino l’odore e il “sapore” del capezzolo, e che anche se ingeriti dal bebè non siano tossici.

i consigli per prevenirle

– Lasciare asciugare i capezzoli all’aria per una decina di minuti dopo la poppata ogni volta che è possibile per evitare la macerazione della cute.
– Spremere una goccia di latte da ogni seno dopo la poppata, perché aiuta l’idratazione e ha anche un naturale effetto antisettico.
– Usare coppette anti-ragadi tra una poppata e l’altra che permettono al capezzolo di stare asciutto.
– Evitare di attaccare il neonato se piange: prima va tranquillizzato, in modo che poi succhi senza troppa forza.

In breve

Quelle fastidiose ferite sul capezzolo

Le ragadi sono spesso il risultato di un allattamento non eseguito correttamente (il bebè non si attacca bene al seno) o la conseguenza dell’uso di saponi troppo aggressivi che asportano dalla cute il grasso protettivo. Si curano con creme cicatrizzanti specifiche e facendo in modo che il neonato abbia in bocca non solo il capezzolo ma anche la parte intorno.

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