Insonnia aumenta percezione del dolore

Laura Raimondi A cura di Laura Raimondi Pubblicato il 05/04/2019 Aggiornato il 05/04/2019

La privazione di sonno ha evidenziato l’importanza del riposo notturno in rapporto alla percezione del dolore

Insonnia aumenta percezione del dolore

La privazione del sonno e percezione del dolore sono strettamente correlati. Questo legame è particolarmente forte in quelle malattie caratterizzate da dolore cronico, neuropatico o infiammatorio. Quando il sonno è compromesso, infatti, i sintomi dolorosi si acuiscono. Recenti scoperte scientifiche hanno dimostrato che il cervello elabora gli stimoli del dolore, peggiorandone la tollerabilità quando si dorme poco.

L’assenza di riposo

La ricerca condotta dall’University of California di Berkeley, negli Stati Uniti, e pubblicato sulla rivista medica Journal of Neuroscience, ha indagato questo filo di congiunzione tra privazione di sonno e percezione del dolore reclutando 25 soggetti. I partecipanti sono stati privati del sonno ed è stata testata la loro tollerabilità al dolore, premendo sulla pelle un cuscinetto riscaldato con un’intensità sempre maggiore, fino a che il calore fosse sopportabile. Dopo una sola “notte in bianco”, è risultato che la soglia del dolore si era alzata di oltre il 15% rispetto all’esito del test eseguito dopo una notte di sonno regolare.  Inoltre, una risonanza magnetica ha evidenziato un aumento dell’attività nella corteccia somatosensoriale primaria e una minore attività nelle regioni dello striato e dell’insula.

Più dolore se il sonno non è di qualità

L’esperimento ha, quindi, dimostrato che se il sonno non è qualitativamente soddisfacente, la percezione del dolore è maggiore. Come sottolineano gli esperti, con i ritmi del mondo di oggi, il numero di ore di riposo notturno è sempre più ridotto, anche tra bambini e adolescenti, e sono in crescita i dati che attestano la deprivazione di sonno. Al di là degli aspetti di salute, lo studio acquista importanza nell’ambito della ricerca, suggerendo ulteriori strade da seguire circa la risposta analgesica dell’organismo al dolore.

 

 
 
 

Da sapere!

Da un secondo esperimento condotto online dalla stessa équipe americana è emerso, infine, che anche lievi differenze nella qualità del sonno, riportati “empiricamente” dai partecipanti, possono determinare sostanziali variazioni nella percezione del dolore.

 

Le informazioni contenute in questo sito non intendono e non devono in alcun modo sostituire il rapporto diretto fra professionisti della salute e l’utente. È pertanto opportuno consultare sempre il proprio medico curante e/o specialisti.

Calcola i tuoi giorni fertili

Calcola le settimane di gravidanza

Controlla le curve di crescita per il tuo bambino

Elenco frasi auguri comunione

Elenco frasi auguri compleanno

Elenco frasi auguri cresima

Calcola la data presunta del parto

Gli Specialisti rispondono
Le domande della settimana

Problemi al fegato in età adulta: può dipendere dal fatto di essere figli di cugini di primo grado?

13/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottoressa Faustina Lalatta

Chi nasce sano e diventa grande senza mai manifestare i sintomi di una malattia ereditaria, può escludere con un certo margine di sicurezza che la comparsa di disturbi a carico del fegato dipendano dal fatto di essere figlio di consanguinei.   »

“Piaghetta” del collo dell’utero: può impedire il concepimento?

07/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Professor Augusto Enrico Semprini

Il termine "piaghetta" è improprio perché allude non già a una lesione del collo dell'utero ma alla presenza su di esso del tessuto che abitualmente lo tappezza. Non è di ostacolo al concepimento ma se sanguina diventa opportuno intervenire.   »

Dilatazione di un uretere del feto: cosa si deve fare?

06/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottoressa Elsa Viora

In caso di dilatazione delle vie urinarie (uretere, pelvi renale) individuata nel feto con l'ecografia, i protocolli suggeriscono di eseguire alcune indagini, tra cui una valutazione accurata di tutta l'anatomia fetale.   »

Bimba di 3 anni e mezzo che preferisce giocare da sola: si deve indagare?

06/01/2025 Gli Specialisti Rispondono di Dottoressa Angela Raimo

Una bambina che preferisce giocare da sola può agire secondo il proprio temperamento riservato e riflessivo e non necessariamente perché interessata da un disturbo. L'opportunità di una visita del neuropsichiatra infantile va comunque valutata con l'aiuto del pediatra curante.   »

Fai la tua domanda agli specialisti