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È quanto emerso dallo studio norvegese Hunt condotto dall’Università di Trondheim e presentato a Parigi al congresso dell’European Society of Cardiology.
Analizzata la popolazione norvegese
Gli epidemiologi hanno studiato tutti i residenti in Norvegia dai 20 anni in su, osservando in diversi periodi di tempo e nell’arco di oltre 20 anni il livello di sedentarietà o l’attività fisica svolta, così da poter analizzare eventuali cambiamenti nel tempo.
Attivi e sedentari: i rischi sono diversi
I ricercatori hanno diviso il campione in due gruppi:
- gli inattivi, ossia chi faceva attività in modo moderato (meno di due ore alla settimana),
- coloro che la facevano in modo intenso (due o più ore alla settimana).
Sono stati poi registrati nel tempo tutti i casi di morte e le relative cause. È così venuto alla luce che, rispetto al gruppo degli attivi per 2 o più ore di attività fisica alla settimana, chi era ed è rimasto sedentario (inattivo) per un periodo di 20 anni presentava una probabilità doppia di morire per qualunque causa e una probabilità quasi tripla di morire per malattie cardiovascolari. In conclusione, le persone con un livello moderato di attività fisica nell’arco del ventennio presentavano un rischio di morte per tutte le cause maggiore del 60% e un rischio di morte per malattie cardiovascolari maggiore del 90% rispetto al gruppo dei più attivi.
Il parere dell’esperto
“I nostri risultati mostrano che per trarre il massimo beneficio per la salute dall’attività fisica in termini di protezione dalla morte prematura, occorre restare fisicamente attivi negli anni – ha spiegato l’autore dello studio Trine Moholdt – ma si può anche ridurre il rischio di morte, divenendo attivi fisicamente anche dopo anni di sedentarietà”.
Da sapere!
Per ottimizzare la propria salute gli adulti dovrebbero svolgere 150 minuti alla settimana di attività fisica a intensità moderata o 75 minuti alla settimana di attività fisica aerobica a intensità vigorosa.
Fonti / Bibliografia
- Patterns of physical activity over 22 years and mortality: the HUNT Study, NorwaA presentation from the Poster Session 1 session at ESC CONGRESS 2019