Mal di testa nei giovani? Attenzione a granite e gelati

Metella Ronconi A cura di Metella Ronconi Pubblicato il 24/08/2020 Aggiornato il 24/08/2020

Mangiare cibi molto freddi può causare un dolore breve ma molto intenso all’altezza di fronte e tempie. Le granite e i gelati consumati in grande quantità in estate aumentano la frequenza del problema. I trucchi per evitarlo

Mal di testa nei giovani? Attenzione a granite e gelati

Si chiama cefalea da freddo o anche cervello congelato: una sindrome che scatena un intenso seppur breve mal di testa, quando si mangia un gelato o comunque un alimento molto freddo, come una granita o un ghiacciolo; un fenomeno abbastanza comune nei giovani, soprattutto in questa stagione.

Il “cervello congelato”

L’ultima versione dell’International Classification of Headache Disorder (la più diffusa classificazione internazionale delle cefalee) lo identifica come un mal di testa provocato da uno stimolo freddo applicato esternamente alla testa, ma anche ingerito o inalato. Questa definizione include quindi sia le cefalee derivanti dall’esposizione a basse temperature, sia quelle legate all’assunzione di liquidi o cibi freddi, come gelati e granite. L’esempio più famoso di quest’ultima forma è appunto quella nota come “cervello congelato”, che insorge quando un alimento molto freddo raggiunge il palato e la faringe.

Chi ne soffre di più

Dal momento che si tratta di un mal di testa di breve durata, valutarne la reale diffusione non è facile: nella maggior parte dai casi, infatti, le persone che ne vengono colpite non cercano cure mediche. Dagli studi effettuati però, sembra che i bambini e i giovani ne siano più colpiti degli adulti. La prevalenza di questo disturbo dunque varia a seconda dell’età, delle malattie concomitanti e delle caratteristiche dello stimolo freddo.
Le possibili spiegazioni sono numerose: le strutture neuronali dei piccoli potrebbero essere più immature e sensibili, oppure le dimensioni ridotte della loro faringe potrebbe implicare un più rapido raffreddamento; gli adulti potrebbero aver imparato con l’esperienza a evitare gli stimoli dolorosi. Le persone già affette da altre forme di cefalea (come l’emicrania), inoltre, sembrano soffrire più spesso di mal di testa da stimolo freddo, mentre non sembra esserci differenza tra i due sessi.

Il meccanismo alla base

La durata del disturbo è, per definizione, breve: la maggior parte delle persone colpite riferisce che il dolore regredisce in meno di 30 secondi. Le caratteristiche del mal di testa cambiano in base allo stimolo: è più rapido e più intenso se si assumono liquidi piuttosto che solidi freddi, e se l’ingestione è più veloce. L’esatto meccanismo alla base della cefalea da freddo è ancora sconosciuto, ma secondo alcune teorie i protagonisti sarebbero i vasi sanguigni cerebrali: il contatto di una sostanza fredda con la mucosa di bocca e faringe ne provocherebbe un rapido restringimento, con conseguente dolore. Un’altra teoria parte invece dal presupposto che il mal di testa dipenda dalla stimolazione sensitiva dei nervi presenti nelle diverse regioni: il trigemino (nel caso del palato) o i nervi glossofaringeo e vago (che innervano la faringe e l’esofago).

 

 
 
 

Lo sapevi che?

Per evitare il disturbo i medici consigliano di mangiare lentamente cibi e liquidi freddi, minimizzando il contatto con la parte posteriore del palato. Anche spingere la lingua contro il palato posteriore ridurrebbe l’insorgenza del mal di testa.

Fonti / Bibliografia

  • ICHD-3 The International Classification of Headache Disorders 3rd editionThis extensive document is not intended to be learned by heart. It is a document that should be consulted time and time again. In this way you will soon get to know the diagnostic criteria for 1.1 Migraine without aura, 1.2 Migraine with aura, the major types of 2. Tension-type headache, 3.1 Cluster headache and a few others. The rest will remain something to look up. In clinical practice you do not need the classification for the obvious case of migraine or tension-type headache, but it is useful when the diagnosis is uncertain. For research, the classification is indispensable: every patient entered into a research project, be it a drug trial or a study of pathophysiology or biochemistry, must fulfil an agreed set of diagnostic criteria.
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