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La paura più grande, dopo la diagnosi, è la comparsa di recidive del tumore al seno.
In Italia si stima che, nel 2020, circa 55.000 donne abbiano ricevuto una diagnosi di tumore della mammella e la presenza di una mutazione Brca si rileva in circa il 5% delle pazienti, mutazione che facilita la comparsa di recidive del tumore al seno.
I risultati dello studio Olympia
Al recente Congresso dell’American Society of Clinical Oncology sono stati presentati in sessione plenaria i risultati dello studio Olympia sul farmaco olaparib, utilizzato dopo l’intervento chirurgico per tumore al seno. I risultati dello studio Olympia sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine.
Nella popolazione complessiva dello studio, costituita da 1.836 donne con tumore al seno precoce ad alto rischio di recidiva HER2- e con mutazioni nei geni BRCA1 o BRCA2, che avevano completato il trattamento locale e la chemioterapia standard, i risultati hanno mostrato che olaparib riduce il rischio di recidiva di malattia invasiva, di insorgenza di nuovi tumori o morte del 42%. A tre anni, l’85,9% delle pazienti trattate con olaparib è ancora in vita e libero da tumore mammario invasivo e da altri tumori contro il 77,1% nel gruppo placebo.
Una terapia dai risultati positivi
Michelino De Laurentiis, direttore del dipartimento di Senologia dell’Istituto tumori Pascale di Napoli ha commentato come, in presenza di una mutazione BRCA, il tumore della mammella tende a manifestarsi in una popolazione più giovane rispetto all’età media di diagnosi. Nonostante i progressi della ricerca, il rischio di recidiva è molto alto. Sulla base dei primi risultati dello studio presentati al congresso ASCO, olaparib sembra avere il potenziale per essere usato in aggiunta a tutti i trattamenti standard iniziali del cancro al seno procurando un duraturo beneficio clinico sulla salute.