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Silvia Federica Boldetti, prima donna Maestro AMPI, campionessa mondiale di pasticceria femminile “The Pastry Queen 2016″ e mamma del piccolo Rafael. Nata a Torino nel 1987, si laurea in Economia e poi in Scienze Gastronomiche per poi arrivare alla pasticceria. Lavora in questo mondo come libera professionista e collabora con varie aziende per consulenze e produzioni, oltre a organizzare corsi e webinar di approfondimento sul mondo del cioccolato, torte e glasse. Sul suo sito dichiara di essere “un’anima innamorata della vita, sognatrice, consapevole del non voler perdere nessun istante tra quelli che ho a disposizione, scegliendo di non vivere mai e poi mai nella vita che non vorrei” mentre sul suo profilo Instagram dice che “la pasticceria é più semplice di quanto sembri” e, anche se noi stentiamo un po’ a crederci, possiamo dire che Silvia ha una personalità travolgente ed è un vulcano di idee e impegni lavorativi che, in questo turbinio di eventi che è la sua vita, ha scelto di non rinunciare al suo sogno di essere mamma.
Essere madri non significa rinunciare a sé stesse e alla propria carriera
Photo credits: Carlo Fico
“Non credo di essere cambiata ma di aver dovuto integrare mentalmente di essere mamma e di non avere più il mio tempo da gestire autonomamente ma devo gestire un’altra persona” e, a quanto ci racconta ed emerge dalla sua storia, il suo è un percorso di scelte ponderate ma al tempo stesso decise. La sua voglia di diventare mamma è tanta, nonostante il suo sia un lavoro totalizzante e “conciliare lavoro ed essere mamma è un casino” ma dice anche che “ho sempre pensato di avere un figlio ma senza rinunciare alla carriera che mi sono sudata quindi anche col mio compagno cerchiamo di dare una quadra anche se alcuni giorni è ancora un po’ complesso ma cerchiamo di darci una mano a vicenda. Tipo a volte lui mi accompagna se devo fare dei corsi o delle produzioni fuori sede dato che dobbiamo andare tutti e tre.”
La gravidanza, un’esperienza formativa e non sempre idilliaca per tutte le donne
Photo credits: Carlo Fico
Nel racconto che Silvia fa alla redazione di Bimbisaniebelli parla anche di un momento particolare della sua vita come quello della gravidanza che, per lei, come per molte altre donne, non è stato vissuto come un periodo idilliaco e spensierato. Molte gestanti infatti sono dello stesso parere, la verità è che nove mesi di gravidanza sono carichi di emozioni per una donna incinta ma nella nostra società si parla di concepimento e gravidanza come un dono tout court, senza mai mettere in evidenza quelle che sono le difficoltà che affronta una donna incinta. “I racconti di altre mamme possono essere motivanti per una crescita personale” molto più di quello che possono dire gli esperti.
Silvia lavora come pasticciera e la sua vita è scandita da tante attività da gestire, la maternità non l’ha cambiata e si definisce “una donna che ha conservato la sua individualità” ma al tempo stesso una mamma presente “aperta al confronto, che non si impone ma dialoga, che cerca di capire suo figlio come figlio”. Il suo racconto della gravidanza si scosta un po’ da quello idilliaco tipico delle donne incinta, felici di ritrovarsi in una condizione di privilegio e aiuto da parte degli altri: “C’è chi ama la pancia ma io l’ho odiata, non vedevo l’ora che se ne andasse,ti senti gonfia e dormi scomoda”. Ogni madre infatti ha una propria individualità che è diversa da quella del figlio e, anche se i primi tre mesi sono i più difficili nel rapporto con il proprio figlio, poi si inizia a capire e interpretare. “Quello che leggi nei libri non è applicabile”: ogni bambino è diverso a modo suo, per questo motivo non ci sono manuali di istruzione ma tutto dipende dalla connessione che si stabilisce e dal rapporto mamma-bambino.
Mamma Sì ma senza rinunciare ai propri diritti come donna
Silvia è molto risoluta nel ribadire che la mancanza di Welfare in questa società si evince proprio dalla mancanza di tutela nei confronti delle donne che si vedono costrette a lasciare il proprio lavoro o a ridimensionare completamente il proprio stile di vita in funzione della propria famiglia e/o del proprio figlio appena nato. Questo vale sia per le donne dipendenti che hanno pochi di mesi di maternità e tutela da parte dello Stato, sia e soprattutto per chi è una lavoratrice autonoma come lei. “Proprio per questo mi auguro per il futuro di vivere in in una società che tuteli di più le donne sia dipendenti che non soprattutto perché nn è giusto che una donna debba rinunciare alla sua vita per fare un figlio”.