Capezzoli piatti o introflessi: come fare in allattamento?

Silvia Finazzi A cura di Silvia Finazzi Pubblicato il 29/04/2024 Aggiornato il 29/04/2024

Esistono diverse tecniche che aiutano le donne con capezzoli piatti o introflessi ad allattare con successo. Vediamole tutte.

Capezzoli piatti o introflessi: come fare in allattamento?

A differenza di quanto pensano molte donne, avere capezzoli piatti o introflessi non rappresenta un ostacolo assoluto all’allattamento al seno. In questi casi, talvolta il percorso potrebbe essere più tortuoso, ma esistono comunque alcune strategie che aiutano il bambino ad attaccarsi e a succhiare correttamente. Non bisogna dunque scoraggiarsi: le mamme che desiderano allattare il proprio bambino possono realizzare il proprio desiderio anche se i capezzoli non hanno una conformazione ottimale. Vediamo come procedere.

Allattamento con capezzoli piatti

Due delle anomalie più frequenti a carico dei capezzoli sono i capezzoli piatti e quelli introflessi. I capezzoli sono definiti piatti quando non sporgono, nemmeno se si preme leggermente tra le dita l’areola a un paio di centimetri di distanza dal capezzolo, e non protrudono neppure se esposti al freddo. Allattare con i capezzoli piatti non è necessariamente un ostacolo insormontabile. Se il bambino riesce ad afferrare una buona porzione dell’areola (le labbra e le gengive devono trovarsi sull’areola, ben oltre il capezzolo), in linea di massima non dovrebbero esserci problemi. Tuttavia, può succedere che il capezzolo non riesca a raggiungere il palato nella bocca del bambino e, di conseguenza, non stimoli il suo riflesso di suzione, determinando alcune difficoltà. In queste situazioni sono utili i rimedi per i capezzoli piatti che facilitano l’allattamento.

Come allattare con capezzoli introflessi

Si parla di capezzoli introflessi quando i capezzoli non sporgono e rientrano all’interno del seno. L’anomalia può interessare una sola mammella o entrambe. La colpa è quasi sempre dei dotti galattofori troppo corti, che trattengono all’interno della mammella il capezzolo impedendogli di fuoriuscire. L’origine del problema, di solito, è ereditaria; in rari casi il disturbo può essere causato da infiammazioni o da interventi chirurgici. Infine, si può presentare dopo l’allattamento. Se il grado di introflessione è leggero, il piccolo può riuscire a estrarre il capezzolo e succhiare. Tuttavia, un bambino prematuro, debole o sonnolento potrebbe fare fatica a poppare bene, almeno inizialmente. Nelle forme di introflessione più severa invece il capezzolo può ritirarsi e addirittura nascondersi dentro l’areola quando quest’ultima viene compressa. Di conseguenza, il bambino non riesce ad attaccarsi e l’allattamento può essere molto difficoltoso. Esistono però ottimi rimedi per i capezzoli introflessi.

Come far uscire i capezzoli piatti o introflessi

Per facilitare l’allattamento al seno in presenza di capezzoli piatti o introflessi si può ricorrere ad alcune specifiche tecniche. Eccone alcune molto efficaci.

I modellatori di capezzolo

In alcuni casi, per trattare i capezzoli piatti o introflessi così da favorire l’allattamento al seno, si può ricorrere ai modellatori di capezzoli, dei dispositivi che aiutano a far protrudere i capezzoli stessi. Sono formati da due parti: quella interna ha un foro in corrispondenza del capezzolo e la pressione sul tessuto che circonda il capezzolo lo spinge verso l’esterno. Molti esperti consigliano di usarli già in gravidanza per preparare il seno. Durante l’allattamento vanno indossati per una mezz’ora prima delle poppate.

La manovra di Hoffman


Si tratta di una tecnica che può essere utilizzata già durante la gravidanza allo scopo di allentare la rigidità del tessuto connettivo alla base del capezzolo, spingendolo gradualmente a muoversi verso l’alto e verso l’esterno. Il procedimento è semplice: bisogna appoggiare i pollici alla base del capezzolo (non dell’areola), quindi premere con decisione verso la cassa toracica, allontanando contemporaneamente i pollici. Ripetere questo esercizio da due a cinque volte al giorno.

Il tiralatte

Le donne con capezzoli piatti o introflessi prima di ogni poppata possono utilizzare il tiralatte per far sporgere i capezzoli stessi e facilitare l’attacco del neonato. Si può utilizzare il tiralatte anche al di fuori delle poppate, per allentare la rigidità del tessuto connettivo alla base del capezzolo.

La siringa invertita


Anche questo metodo aiuta a trattare capezzoli piatti o introflessi e serve per aspirare il capezzolo, in modo da stimolarne l’uscita. Bisogna prendere una piccola siringa, da 10ml e tagliare la parte conica, dove si mette l’ago. Quindi, occorre inserire lo stantuffo dalla parte tagliata, appoggiando l’altra sul capezzolo. Infine tirare delicatamente lo stantuffo per mantenere l’aspirazione.

Come dovrebbero essere dei capezzoli normali

Durante l’allattamento, il latte viene prodotto dagli acini ghiandolari, le strutture di base del seno contenute all’interno dei lobi ghiandolari, particelle tondeggianti che costituiscono la mammella. Il latte fluisce poi verso i capezzoli attraverso sottili canalini, detti dotti galattofori. Da qui il bambino può estrarlo con facilità. Normalmente i capezzoli sono in rilievo rispetto al resto della cute e assumono la forma di piccole sporgenze cilindriche, più o meno accentuate, che in genere il bambino riesce ad afferrare con facilità. Possono avere dimensioni differenti, ma in media hanno un diametro di 9-10 mm e un’altezza di 10-12mm, e  diventano più turgidi se stimolati dal tocco o da una sensazione. Tuttavia, in alcune donne possono avere conformazioni differenti. Ogni donna infatti è diversa anche nella conformazione del seno, nell’aspetto e nella forma dell’areola e del capezzolo.

Come favorire l’allattamento al seno

Prestare attenzione alla posizione e all’attacco del bambino è sempre fondamentale, ma lo è ancor di più se si hanno capezzoli piatti o introflessi. Il piccolo deve imparare ad aprire bene la bocca e ad afferrare una buona porzione dell’areola oltrepassando il capezzolo. Se necessario, chiedere aiuto a una consulente dell’allattamento per capire come fare. È utile anche sperimentare varie posizioni di allattamento per capire quale è la più efficace nel proprio caso specifico.
Gli esperti consigliano anche di iniziare ad allattare il prima possibile dopo il parto, meglio se con contatto pelle a pelle, e, nei primi giorni, di allattare almeno ogni due-tre ore, per avviare un allattamento di successo. In questo modo, il piccolo può impratichirsi con un seno ancora morbido, così saprà già come poppare bene anche quando il seno diventerà più turgido e i capezzoli saranno ancora più difficili da raggiungere.

Foto in copertina di Wendi Wei via Pexels

 
 
 

In breve

Avere capezzoli piatti o introflessi non rappresenta un ostacolo assoluto all’allattamento al seno. Molte donne riescono ad allattare pur non avendo una conformazione dei capezzoli ottimale. In ogni caso, non bisogna scoraggiarsi: esistono alcune tecniche che aiutano a favorire l’attacco del bambino e a trattare i capezzoli piatti o introflessi al fine di avere un allattamento naturale efficace.

 

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