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È una domanda che tutte le mamme, prima o poi, si pongono: quando è il caso di smettere di allattare il bebè al seno? Che poi può essere anche “ribaltata”, e cioè fino a che età del piccolo si può continuare ad allattarlo? La risposta è semplice: finché la mamma e il bambino ne hanno voglia, perché anche quando il latte non è più l’alimento esclusivo del piccolo, resta comunque una fonte di nutrimento, di anticorpi e anche di coccole. È importante, quindi, che la donna non decida di smettere di allattare semplicemente perché teme che possa diventare un “vizio” o che sia “disdicevole”.
Fino ai 6 mesi di età
È ovvio comunque che, dopo i 6 mesi di età, il latte della mamma ha bisogno di essere integrato con alimenti solidi; tuttavia, se si fanno 3-4 poppate al giorno, come comunemente succede in questa fase, il latte materno continua a coprire circa il 25% del fabbisogno calorico quotidiano. Non solo: continua a essere ricchissimo di anticorpi e sostanze che aiutano lo sviluppo del sistema nervoso e la maturazione degli organi in crescita del bambino. Quando si inizia con le prime pappe, il latte diventa anche un ottimo “dolce” che si può offrire a richiesta tra i pasti quando lo richiede il bambino.
Dopo l’anno e anche oltre
Dopo i 12 mesi, quando ormai il bambino mangia un po’ di tutto, il latte continua a essere una preziosa fonte di anticorpi. Ecco perché l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) raccomanda l’allattamento esclusivo al seno fino ai sei mesi di vita e in via non esclusiva fino a 1-2 anni di età, compatibilmente con le esigenze della mamma.
L’allattamento va interrotto con gradualità
Quando, comunque, arriva il momento in cui bisogna smettere di alllattare al seno (perché il bebè non ha più voglia del latte materno, perché la mamma torna al lavoro, perché oggettivamente il latte è sempre di meno…), è bene cercare ugualmente di farlo con gradualità, dandosi un tempo di 2-3 settimane.
In breve
SI PUO' PROSEGUIRE ANCHE FINO AI 2 ANNI
Non ci sono controindicazioni né per la salute del piccolo nè per quella della mamma se si prosegue l’allattamento al seno anche per lunghi periodi, naturalmente integrando l’alimentazione del bambino secondo le indicazioni fornite dal pediatra riguardo lo svezzamento, e se la produzione di latte continua.