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Sembrano sempre assenti, protetti dal loro mondo fatto di lunghe nanne, coccole e poppate. Invece, i neonati sono molto più reattivi e ricettivi di quanto si potrebbe pensare. Lo ha dimostrato uno studio italiano condotto dal dipartimento di psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, che ha accertato che già a tre mesi è possibile influenzare le emozioni dei neonati in positivo o in negativo, attraverso i cosiddetti messaggi subliminali. Lo studio dei ricercatori milanesi è stato pubblicato sulla rivista scientifica «Social Neuroscience».
Già da piccoli percepiscono gli stimoli
I ricercatori hanno scoperto che le emozioni dei neonati possono essere stimolate da sensazioni che i piccolissimi provano a livello inconscio e che guidano in modo irrazionale associazioni e preferenze già nelle prime settimane di vita. Gli psicologi definiscono questa capacità di influenzare le sensazioni “input subliminali”. Si tratta di condizionamenti che provengono dall’esterno, che i bambini recepiscono a livello inconscio e che, in seguito, influenzano le scelte, le emozioni davanti agli eventi, le preferenze e possono perfino indurre paure. Gli input o messaggi subliminali sono informazioni sotto forma di suoni, immagini, luci, colori che il cervello assimila in modo inconscio. Nel tempo, restano impressi nella memoria senza che se ne abbia consapevolezza, eppure sono sempre presenti, pronti a riaffiorare non appena ci si ritrova nella medesima situazione che ha provocato la sensazione stessa.
Le reazioni davanti a immagini positive o negative
Sembra un processo psicologico e cognitivo complesso, impossibile per i neonati, Si tratta invece di qualcosa di istintivo e naturale, già presente nelle prime settimane di vita. Per capirlo, i ricercatori di Milano-Bicocca hanno mostrato a trenta bambini di tre mesi, una serie di volti subliminali, felici o arrabbiati, associati ad alcuni oggetti neutri. Per osservare le reazioni dei bimbi sono stati individuati due parametri: i tempi di fissazione (la misura scelta dai ricercatori come indice di preferenza) e la variazione di sudorazione che si verifica seguito di uno stimolo emotivo e che viene registrata. I bebè nel vedere l’oggetto associato al volto arrabbiato sono stati soggetti a una sudorazione più intensa, mentre tale reazione è stata minore quando l’immagine era associata all’espressione felice. La reazione di sudorazione maggiore si è verificata quando ai bimbi che era stata mostrata l’immagine negativa, sono stati in seguito mostrati gli oggetti senza volti. È la prova che una prima impressione non buona condiziona in modo negativo anche una successiva percezione neutra.
Emozioni alla base dell’apprendimento
È quindi l’emozione provata a influenzare la percezione, non la semplice esposizione a un volto. Lo studio prova quindi che fin dai primi mesi un essere umano riesca a compiere associazioni tra emozioni inconsce e oggetti, quindi che le emozioni dei neonati svolgono un ruolo essenziale nell’apprendimento. Il sistema nervoso riesce ad arricchire di sensazioni la realtà fisica con cui viene a contatto. Le sensazioni potrebbero guidare preferenze e scelte non governabili razionalmente. In futuro, sarebbe interessante riproporre questo tipo di test a bambini più grandi e capire quanto sono stabili nel tempo queste associazioni inconsce, se è possibile modificare alcune attitudini, perfino quelle che non si pensa possano già percepire, come per esempio il pregiudizio razziale. Ecco perché è importante prestare molta attenzione ai messaggi, anche impliciti, che si lanciano ai bambini, come suggeriscono gli esperti. Parole non dette, espressioni del volto, tono della voce possono avere più ripercussioni di quello che si pensi, anche se spesso non ce ne accorgiamo.