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Il momento in cui viene introdotto il glutine non influenza la probabilità che si manifesti la celiachia. E non solo: l’allattamento al seno non è così protettivo! Parola di un recente studio italiano finanziato dall’Associazione Italiana Celiachia e pubblicato sul NewEngland Journal of Medicine.
Glutine: prima o dopo?
Questo studio è nato dall’esigenza di voler far chiarezza su un tema molto controverso: negli ultimi anni, infatti, alcune ricerche hanno suggerito che il momento migliore per introdurre alimenti contenenti glutine fosse tra i 4 e i 6 mesi di vita del bambino; secondo altri studi, invece, sarebbe preferibile ritardare l’introduzione del glutine, soprattutto se il bimbo ha una familiarità di celiachia.
Lo studio di 700 bambini in 20 centri italiani
Alcuni bambini hanno introdotto il glutine a 6 mesi, altri a 12 mesi. Tutti sono stati seguiti per 10 anni, per capire se vi fosse correlazione tra la comparsa della celiachia e le modalità di allattamento e svezzamento. Spiega il dottor Catassi, pediatra dell’Università Politecnica delle Marche di Ancona e presidente della Società Italiana di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica: “il risultato è stato chiaro: il momento di introduzione del glutine non influenza in alcun modo il rischio successivo di celiachia. Neppure l’allattamento è protettivo: chi non riesce a farlo per i più diversi motivi non deve sentirsi in colpa. L’unica differenza l’abbiamo osservata nei bambini “ad alto rischio” di celiachia, ovvero nei piccoli che possiedono due copie del gene HLA-DQ2 e che per questo hanno il doppio di probabilità di ammalarsi. In questi bimbi, aspettare fino al compimento dell’anno di vita prima di introdurre il glutine sembra avere almeno in parte un effetto protettivo, da riconfermare con indagini focalizzate”.
I bambini più a rischio
Sono quei bambini che hanno nel corredo genetico due copie del gene incriminato, che predispone moltissimo all’intolleranza al glutine. In questi bambini la celiachia compare ben presto: nell’80% dei casi entro i primi 3 anni di vita, nella quasi totalità entro 5 anni.
Un test di screening alla nascita
Per questo sarebbe opportuno fare uno screening genetico precoce, per esempio predisponendo un test alla nascita per individuare chi possiede due copie del gene “incriminato”. In caso di positività si potrebbero intraprendere strategie preventive come introdurre il glutine più tardivamente nella dieta del bambino oppure una vaccinazione anti-rotavirus, un’infezione che sembra aumentare il pericolo di celiachia. All’età delle scuole dell’obbligo questi bambini sarebbero i candidati ideali per lo screening vero e proprio con test sul sangue o sulla saliva e dosaggio degli auto-anticorpi tipici della celiachia. Così si potrebbe diagnosticarla presto ed evitarne le conseguenze negative sulla crescita.
La celiachia in Italia
È una patologia che interessa circa l’1% della popolazione, ma in Italia, a fronte dei 600 mila casi stimati, solo 150 mila sono stati diagnosticati. Per questo motivo, proponendo uno screening a tappeto su tutti i bambini in età scolare, si potrebbero ridurre i rischi da mancata diagnosi (anemia, arresto della crescita, alterazioni dello smalto dei denti, riduzione della muscolatura). Tuttavia, lo studio del dottor Catassi dimostrerebbe che la scelta più conveniente sarebbe fare uno screening solo ai bambini ad alto rischio individuati alla nascita con un test genetico semplicissimo.