Bambini in vacanza: e se fossero loro a rischiare la vita?

Silvia Huen A cura di Silvia Huen - Direttore Pubblicato il 31/07/2025 Aggiornato il 01/08/2025

Siamo diventati tutti insofferenti, disturbati da un nonnulla, compresa l'esuberanza dei più piccoli. E non sappiamo riconoscere l'enorme privilegio che abbiamo a trovarci qui e adesso.

Siamo in agosto, siamo in vacanza, i nostri bambini stanno bene e si divertono: dovremmo essere tutti felici o per lo meno contenti. E invece… Dovunque ci troviamo non facciamo altro che lamentarci, anche dei nostri bambini.

Mancanza di rispetto

Qualche esempio della nostra irritabilità. In spiaggia: ci siamo appena sdraiati per rosolarci al sole e prepararci a un tuffo ristoratore quando veniamo colpiti da una raffica di sabbia sparata dai piedi di un gruppetto di bambini che corrono a due centimetri dalla nostra postazione.

Oppure, sempre in spiaggia. Seduti sulla sdraio sotto l’ombrellone, immersi nella suggestiva atmosfera di un romanzo avvincente, veniamo bruscamente interrotti da un frisbee fuori rotta o centrati, sia pure involontariamente, da un pallone mal parato.

O, ancora, al ristorante. I bambini, si sa, mangiano in fretta e si annoiano subito, ma vedersi rovinare il piacere della tavola dagli urli dei più piccoli e dagli schiamazzi dei più grandicelli, incapaci di rimanere seduti al loro posto, non fa piacere a nessuno.

Ragionamento conclusivo comune alla maggior parte delle persone coinvolte: bambini maleducati, che fanno quello che vogliono senza alcun rispetto per gli altri, complici genitori troppo permissivi che non sanno porre delle regole perché privi dell’autorevolezza necessaria. Detto per inciso, nessun genitore si riconosce nella categoria indicata e, men che meno, come responsabile della maleducazione del proprio figliolo: i “colpevoli” sono sempre gli altri.

Sono solo bambini

Sì, d’accordo, ci sono bambini troppo esuberanti, che andrebbero tenuti un po’ a freno e magari in certe occasioni anche redarguiti perché disturbano chi ha lo svantaggio di trovarsi accanto a loro, ma non dimentichiamo che sono pur sempre bambini, con la loro voglia di giocare, di muoversi, di divertirsi.

E per di più sono in vacanza, liberi di fare quello che preferiscono. Perché dunque non chiudere un occhio se qualcosa (una piccola cosa, dopotutto) non va come vorremmo?

La fortuna di essere in pace

Invece di lamentarci, dovremmo rallegrarci, dovremmo, come si dice, ringraziare il cielo per l’enorme fortuna che abbiamo. La fortuna di trovarci qui, in questo momento e in questa parte del mondo, a vivere serenamente in un paese meraviglioso, uno dei più straordinari della Terra, godendo della vivacità e dell’allegria dei nostri bambini.

Ma soprattutto la fortuna di essere in pace. È un concetto che tutti diamo per scontato, ma sarebbe il caso di rifletterci. Basta guardarsi intorno per rendersene conto.

La guerra è dietro l’angolo

E dove c’è guerra ci sono bambini che muoiono o rischiano di morire ogni giorno. Non solo a Gaza o in Ucraina, anche in Congo, in Somalia e in numerose altre aree, soprattutto africane.

Secondo il rapporto 2024 dell’Unicef sono oltre 473 milioni i bambini che si trovano in una zona di guerra. Forse non ci rendiamo conto dell’enorme privilegio che abbiamo: vivere al sicuro, insieme ai nostri bambini, offrendo loro solo il meglio di cui oggi si possa disporre: amore, accudimento, vicinanza, casa, scuola, salute, benessere, divertimento, sport, viaggi, vacanze… No, non ce ne rendiamo conto. Invece è molto importante prenderne coscienza e rifletterci.

E se fossimo noi a trovarci nel posto sbagliato?

Se noi fossimo in guerra sarebbero i nostri bambini (e non quelli lontani di cui ci parlano le organizzazioni umanitarie) a rischiare. Potrebbero morire o rimanere feriti o mutilati, perdere i genitori, la casa, tutto quello che possiedono, vivere da profughi, soffrire la fame, patire il freddo, subire violenze di ogni genere (compreso il reclutamento forzato).

Save the Children denuncia che i bambini in guerra riportano anche traumi psicologici devastanti che si manifestano con ansia, stress, depressione, tendenze suicide, autolesionismo.

Per non parlare della difficoltà a procedere negli studi (pensiamo alle scuole distrutte o all’impossibilità di frequentarle per mancanza di sicurezza o carenza di docenti o anche per l’insostenibilità dei costi).

Proviamo a guardare la realtà con altri occhi

Di fronte a quello che potrebbe succedere (a noi, ma soprattutto ai nostri bambini) dovremmo smettere di vedere sempre e solo il lato negativo delle cose. Smettere di lamentarci di tutto.

  • Critichiamo il nostro Servizio sanitario (considerato tra i migliori del mondo), mentre ai bambini in guerra mancano le cure mediche e assistenziali più elementari
  • Dubitiamo della necessità delle vaccinazioni (peraltro gratuite) quando nelle aree di conflitto, proprio per l’impossibilità di essere vaccinati, i più piccoli vengono esposti alle numerose malattie che si potrebbero semplicemente prevenire
  • Diffidiamo dei farmaci più innovativi mentre i bimbi sotto le bombe non hanno né gli antibiotici per curare le infezioni né gli anestetici in caso di interventi chirurgici
  • Per non parlare del cibo, che da noi abbonda a tal punto da venire gettato quando è troppo, mentre in guerra non è mai sufficiente o manca del tutto, come pure l’acqua. Così, anche i bambini che sono riusciti a scampare ai bombardamenti finiscono per morire di fame e di sete.

Pensiamoci. Seriamente.

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