Liberi di scegliere la propria vita

Silvia Huen A cura di Silvia Huen Pubblicato il 01/02/2024 Aggiornato il 01/02/2024

Il ringraziamento ai genitori di Jannik Sinner dopo la vittoria agli Australian Open ha commosso il mondo intero, ponendo l'accento sull'importanza del rapporto genitori-figli e di un'educazione mirata al futuro.

Ha lasciato tutto il mondo a bocca aperta per la meraviglia: per il suo strepitoso, incredibile successo agli Australian Open e, subito dopo, per le commoventi parole dedicate ai suoi genitori: Jannik Sinner, il vincitore che conquista il suo primo Slam e, insieme, il figliolo che ringrazia papà e mamma per aver creduto in lui. “Vorrei che tutti avessero dei genitori come i miei, che mi hanno sempre lasciato libero di scegliere quello che volevo fare, anche quand’ero più piccolo, senza mai pressarmi. Auguro a tutti i bambini del mondo di avere la libertà che ho avuto io”.

Genitori modello

Per aver ricevuto dal figlio campione una dedica così profonda, piena di affetto e riconoscenza, i genitori devono essersela davvero meritata, nel senso che devono aver avuto negli anni un comportamento ideale, cui tutti dovrebbero ispirarsi.

Siglinde e Hanspeter, i genitori appunto, sono due lavoratori come tanti altri (cameriera lei, cuoco lui), senza una particolare preparazione psicologica, eppure hanno saputo educarlo ai valori che davvero contano nella vita: gli affetti, gli obiettivi, la serietà, l’impegno, la tenacia… L’hanno sempre lasciato libero di scegliere cosa fare: prima, quand’era ancora bambino e si dedicava con entusiasmo, oltre che al tennis, anche al calcio e allo sci (ha cominciato a sciare a 3 anni e mezzo), e poi, a 13 anni, quando ha deciso di dedicarsi al tennis in esclusiva.

Fiducia ripagata

Di sicuro gli hanno sempre dimostrato fiducia, soprattutto quando hanno accettato che un ragazzo di soli 14 anni andasse a vivere lontano (presso il Bordighera Lawn Tennis Club) per allenarsi e diventare giorno dopo giorno un campione internazionale. E lui ha soddisfatto la loro fiducia dimostrando di saper fare delle scelte motivate (gli allenamenti dello sci – ha dichiarato – sono troppo lunghi in rapporto alla brevissima durata di una gara e se cadi sei finito, mentre nel tennis la sfida sul campo è molto più lunga e complessa e ti permette anche di recuperare se qualcosa dovesse andare storto) e di essere in grado di realizzare il suo sogno (diventare campione del mondo) a costo di rinunce e sacrifici. In altre parole, dimostrando di conoscere se stesso, di saper contare sulle proprie forze, di essere coerente e tenace.

Maturità dimostrata

Impegno e coerenza sono qualità frutto del carattere e della pervicacia di Jan, certo, ma dietro le quali traspare ancora una volta l’impronta educazionale trasmessagli da mamma e papà.

Perché dare a un figlio la piena libertà di scelta della propria vita implica sì il rispetto per la personalità del bambino/ragazzo, ma anche la necessità che il bambino/ragazzo sia sufficientemente consapevole e maturo da poter affrontare e portare avanti le proprie scelte. E questa maturità/indipendenza si può raggiungere soltanto se i genitori danno al ragazzo la possibilità di conquistarsela, di trovare il suo spazio nel mondo.

Mai proiettare sui figli le proprie aspettative

Molti genitori, soprattutto italiani, hanno nei confronti del figlio (spesso ormai “cresciutello”) il timore che non sia in grado di “spiccare il volo”, perché non lo considerano ancora pronto. Perseverando in questo atteggiamento protettivo, però, rischiano poi di ritrovarsi in casa un mammone (come si diceva una volta) o un bamboccione, vale a dire un incapace di uscire dal nido e di affronare la vita e le proprie responsabilità.

Un altro errore frequente dei genitori è quello di proiettare sul figlio le proprie aspettative e i propri sogni inattuati, cercando di convincerlo a realizzare ciò che avrebbero voluto, ma non sono riusciti a ottenere. Ma i figli non andrebbero mai considerati come la nostra continuazione nel tempo. Perché spesso, per accondiscendenza, finiscono per fare un lavoro che non amano o per il quale non sono tagliati.

Andarsene per crescere

I genitori di Jan hanno dimostrato di saper vedere nel proprio bambino il futuro ragazzo e uomo che sa quello che vuole e gli hanno permesso di costruirsi la propria vita fin da piccolo, non senza sacrifici e rinunce (non è facile lasciare che un figlio se ne vada da casa a 14 anni, né per i genitori né per il figlio). Ma è proprio grazie a questo che Jannik ha potuto dimostrarsi all’altezza della situazione: crescendo precocemente, responsabilizzandosi lontano dalla famiglia, inseguendo gli obiettivi che si era prefissato, diventando ciò che è diventato.

Molti genitori, forse, non si rendono conto che la voglia di andarsene da casa e di “cambiare vita” da parte di un adolescente non rappresenta un atto di ostilità contro la famiglia, ma anzi è un modo, non sempre consapevole, per dire grazie, grazie di avermi permesso di crescere e di essere me stesso, pronto per trovare il mio ruolo nella società.

Imparare a vivere gradualmente

Ma perché un figlio sia pronto per andarsene è necessario che sia stato preparato, cioè aiutato fin da quand’era piccolo a cercare la propria strada, a capire che cosa fosse davvero importante e che cosa no. Ascoltandolo, consigliandolo, suggerendogli, ma anche riportandolo in carreggiata quando sbanda, ponendogli dei limiti se esagera, aprendogli gli occhi quando non vede i pericoli. Perché l’accettazione della vita con le sue soddisfazioni e le sue delusioni deve essere proporzionale alla crescita: il bambino deve imparare a stare al mondo un po’ per volta, non tutto d’un colpo. Se arriva all’adolescenza viziato e coccolato, non saprà reggere alla sua prima sconfitta e farà molta fatica a restare a galla nel mondo.

Un rischio da non correre

E’ un rischio, quello del figlio viziato e prepotente, che Jannik avrebbe potuto correre se avesse avuto genitori meno accorti. Già, perché Siglinde e Hanspeter pensavano di non poter avere figli e dunque avevano già adottato un bambino, Mark. Solo dopo è arrivato Jan, che ha 3 anni di meno, ed è normale che in un caso del genere i genitori, impazziti dalla gioia, tendano a trattare il nuovo arrivato come un piccolo principe, crescendolo viziato ed egocentrico e suscitando la gelosia e il rancore del maggiore.

Invece no. I due fratelli, pur così diversi nelle loro scelte di vita (Mark è istruttore dei Vigili del fuoco), si sentono parte di una famiglia unitissima (“che fa squadra”), amano stare insieme appena possono e dichiarano entrambi di volersi un gran bene. Segno che hanno avuto entrambi la stessa educazione ai valori che contano e alla libertà di scegliere la propria vita: solo libertà di scegliere la vita, sia chiaro, non libertà-senza-limiti, che è sinonimo di prepotenza, prevaricazione e, in fin dei conti, mancanza di educazione.

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