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È di pochi giorni fa la notizia di una ragazzina di appena 11 anni che telefona piangendo al 112 per chiedere alle forze dell’ordine di intervenire per salvare la propria mamma dalle botte del papà. Una notizia che lascia sgomenti, ma che purtroppo non è isolata. Quasi ogni giorno ormai siamo costretti a prendere atto della violenza di genere che continua a colpire in Italia e negli altri paesi del mondo. Violenza perpetrata, nella maggior parte dei casi, tra le mura domestiche o comunque per mano del partner della vittima, talvolta fino alla terribile conseguenza del femminicidio.
Certo, i casi di cui abbiamo conoscenza attraverso la cronaca sono quelli più estremi, ma possono offrirci lo spunto per fare una riflessione sul nostro comportamento abituale, che forse non è poi così irreprensibile come siamo portati a credere.
Tanti tipi di violenza domestica
La violenza non è solo sinonimo di sberle, pugni e coltellate, oppure di stupro, come spesso pensiamo, ma anche di tante altre forme di abuso e coercizione che possono passare inosservate o comunque non considerate per quello che effettivamente sono. Dalle statistiche risulta che nella stragrande maggioranza dei casi sono gli uomini i responsabili, ma anche le donne possono esercitare delle forme di violenza (certo meno pericolose). Capita, inoltre, che sia lui sia lei assumano atteggiamenti aggressivi senza rendersene conto.
La violenza fisica, per esempio, è sì quella che lascia segni visibili sulla vittima (come il classico occhio nero), ma può manifestarsi anche sotto forma di strattonamento, spinta, prepotenza o, più comunemente, violenza verbale. Urla, insulti, minacce vengono di solito più accettate rispetto a un ceffone, ma non sono meno lesive per chi ne è vittima.
C’è poi la non meno pericolosa violenza psicologica, più subdola perché spesso sottovalutata o non riconosciuta. E’ il caso per esempio di chi umilia il/la partner con insulti tipo “Ma sei scema?”, “Non capisci mai niente” oppure lo/la zittisce con ricatti (tipici quelli sui figli) o, ancora, ne controlla il cellulare o i contatti social per sapere con chi parla e chi frequenta (spesso, tra l’altro, chi si accorge di essere controllato/a, lo accetta, convinto/a che si tratti di una dimostrazione di amore).
Viene inoltre sottovalutata, perché non riconosciuta, la cosiddetta violenza economica, che consiste nel controllo unilaterale delle risorse finanziarie famigliari in modo che lei non possa avere una sua indipendenza, ma debba dipendere da lui per qualsiasi necessità, con la conseguente umiliazione di dover chiedere soldi anche per un nonnulla. Spesso all’origine di questo comportamento maschilista c’è anche la richiesta che lei rinunci a un lavoro, mascherata dall’idea tradizionalista che non lavorare per dedicarsi alla famiglia rappresenti un privilegio.
Per non parlare della violenza sessuale, forse la più difficile da individuale perché riguarda la vita intima di coppia e quindi viene accettata suo malgrado dalla partner in quanto ritenuta “necessaria” per soddisfare le esigenze del partner.
Le conseguenze
Tutte queste forme di violenza, anche non esplicita, tendono comunque a generare nella parte lesa della coppia una sensazione di instabilità e di disagio che rischia, con il tempo, di sconfinare in ansia cronica, stress, senso di inadeguatezza e perfino depressione. E lasciano in casa una sensazione di distacco e di isolamento percepibile da entrambi i partner.
Prima lo scontro poi il pentimento
Spesso, tuttavia, né lui né lei si rendono conto di fare o subire violenza perché la loro vita insieme nel complesso sembra funzionare. La violenza, infatti, come spiegano gli psicologi, ha un andamento ciclico che procede a fasi alterne di alti e bassi: nella coppia si crea tensione per un disaccordo, scoppia il litigio e si scatena la violenza, ma poi subentrano il pentimento, le scuse e il conseguente perdono.
Segue la riconciliazione con la cosiddetta “luna di miele”, uno stato idilliaco in cui i partner ritrovano armonia e affiatamento reciproco. Nessuno dei due sospetta che prima o poi si ritroveranno “l’un contro l’altro armati”… In sostanza, dunque, né lui né lei si rendono davvero conto della violenza di fondo perché sanno che si tratta di un processo transitorio.
La violenza indiretta sui bambini
Il problema della violenza domestica si complica notevolmente in presenza di figli. Non solo se i bambini assistono a una scena di vera e propria violenza (eventualità fortunatamente molto rara), ma anche se sono testimoni di litigi, imprecazioni o insulti tra i genitori. Le mura domestiche dovrebbero rappresentare un luogo sicuro e sereno, dove tutti si sentono tranquilli e protetti. Ma se papà e mamma non vanno d’accordo, si crea in casa un’atmosfera di tensione e di insicurezza che i bambini non tardano a cogliere e a vivere con crescente disagio. Le conseguenze sono ben note: dai disturbi psicologici alla difficoltà a relazionarsi con gli altri, dalla mancanza di attenzione all’andare male a scuola, fino all’assunzione a propria volta di comportamenti violenti.
Quando chiedere aiuto
Se, valutando la propria situazione famigliare, ci si rende conto di non essere del tutto perfetti nel proprio comportamento di coppia, basta in genere prenderne coscienza per riuscire a correggere i propri atteggiamenti a rischio. Se invece si ammette di avere qualche problema, il consiglio è di chiedere aiuto agli esperti, rivolgendosi a un Centro per le Famiglie regionale o a un centro di psicoterapia di coppia e famiglia che offra un percorso volto a far superare le crisi emotive e a far ritrovare il dialogo e l’armonia.