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Le mamme sono mamme tutto l’anno, ma in maggio lo sono ancora di più. Perché il 12 maggio è la loro festa e, anche se sappiamo benissimo che si tratta di una festa a sfondo commerciale pur se di origini antichissime, un po’ ci crediamo tutti e la consideriamo uno spunto per ringraziarle e dimostrare loro il nostro affetto e la nostra riconoscenza.
Di madre in figlio
Si dice che di mamma ce n’è una sola – ed è la verità per ognuno di noi – ma lo è anche in assoluto: ogni mamma è unica, insostituibile, ineguagliabile. Diversi psichiatri e psicologi hanno provato a catalogare le varie tipologie di madre (perfezionista, ansiosa, egocentrica, iperattiva, amica “alla pari”, imprevedibile…), ma alla fine nessuna mamma si riconosce in una categoria specifica e, soprattutto, non riconosce i propri difetti e limiti perché è convinta di svolgere il mestiere di mamma nel migliore dei modi possibili. La buona notizia è che in ogni caso, anche se commette degli errori di comportamento, questi non si riflettono negativamente sul figlio, ma, anzi, finiscono per incidere positivamente sulla sua crescita e per trasformarsi in punti di forza del suo carattere.
All’origine della personalità
Quello che conta è che – come sostiene lo psicologo americano Stephan Poulter – ogni mamma lascia nel proprio figlio un’impronta fondamentale che contribuirà in modo determinante a comporre il complesso mosaico dello sviluppo psicologico ed emotivo della sua personalità in evoluzione. In pratica, il modo in cui ognuno di noi interagisce con gli altri, a livello sia famigliare e affettivo sia sociale e professionale, dipende in larga misura dall’influenza esercitata su di noi dalla nostra mamma, anche se spesso non ce ne rendiamo conto. Ecco un motivo in più per augurarsi che proprio dalle mamme giunga ai bambini un contributo in più a livello educativo.
La forza della femminilità
La mamma è anche e prima di tutto una donna che, in quanto tale, custodisce in sé quel bene prezioso che si chiama femminilità. Femminilità vuol dire anche gentilezza, dolcezza, sensibilità, disponibilità, propensione all’ascolto… Tutte qualità che fanno parte delle donne, per tradizione certo, ma anche per Dna. Le donne sono il sesso debole (fisicamente), ma hanno una forza interiore in grado, come si dice, di conquistare il mondo. Chi dunque può educare alla gentilezza meglio di una mamma-donna?
Per un futuro più gentile
Se vogliamo che i nostri bambini costruiscano davvero un futuro migliore, una società basata sulla non-violenza e sul dialogo, non possiamo dimenticarci di educarli alla gentilezza, un sentimento che oggi sembra si stia estinguendo, travolto dall’egoismo e dalla prepotenza, cioè dalla violenza. Gentilezza significa prima di tutto disponibilità al dialogo e rispetto per gli altri. Se ti rispetto, ti tratto con dolcezza. Se tu ti senti trattato con dolcezza, mi rispondi con dolcezza e ti sentirai predisposto a rivolgerti con dolcezza anche agli altri. E ogni altro si comporterà di conseguenza.
L’importanza del buon esempio
La gentilezza però non si improvvisa. Un bambino impara a comportarsi bene se la mamma si comporta allo stesso modo con lui. Sempre, in ogni situazione. Fin da quando il piccolo inizia a ragionare e a capire. Magari spiegandogli i vantaggi di un comportamento educato e correggendolo con garbo quando si dimentica delle buone maniere. Il buon esempio è indispensabile, ma deve essere costante: se voglio che mio figlio cresca beneducato, devo essere io la prima a comportarmi come vorrei si comportasse lui. Se esigo rispetto nei miei confronti, devo avere rispetto anche per lui.
Un rispetto reciproco
Imparare a rapportarsi con gli altri con rispetto e gentilezza permette ai bambini – gli adulti di domani – di vivere e far vivere in armonia: in famiglia, nella società, nel mondo. Perché ciò che si semina prima o poi germoglia e porta frutti. Il che, in proiezione utopistica sul futuro, potrebbe anche significare: in pace, senza guerra. Qualche esempio pratico?
– Gioco e litigio. Il piccolo sta giocando con un amichetto, ma a un certo punto il bisticcio prende il sopravvento: il bimbo “ruba” all’amico il suo peluche, l’altro reagisce di conseguenza e finisce che i due si pestano strillando. In questo caso la mamma può far capire al figlio che, se invece di agire con prepotenza avesse chiesto gentilmente all’amico: “Mi presti il tuo orsacchiotto?”, le cose sarebbero andate diversamente.
– Scuola e formazione. La scuola è la seconda famiglia di nostro figlio, l’ambiente in cui trascorre la maggior parte del suo tempo fuori casa, il luogo in cui si costruiscono la sua personalità e la sua cultura. Se vogliamo che nostro figlio rispetti gli insegnanti, dobbiamo essere noi le prime a fidarci di loro e a considerarli indispensabili per la formazione e la maturazione psicologica del bimbo.
– L’importanza del saluto. Capita spesso che i bambini non salutino gli adulti. In effetti si tratta di un rituale antico e apparentemente obsoleto: il piccolo sta giocando o facendo i compiti e non si alza per andare incontro ai nonni (o ad altri ospiti) appena arrivati in visita. Ma i nonni, pur non dandolo a vedere, ci restano male. Che cosa costa allora spiegare al bambino che, quando si incontra una persona amica, è buona educazione salutarla?
– Il rispetto per gli anziani. Salendo sul tram o in metropolitana fa ormai parte della routine quotidiana vedere tanti posti a sedere (compresi quelli riservati) occupati da ragazzi e ragazze del tutto indifferenti alla presenza dei numerosi anziani in piedi. Questi ragazzi e queste ragazze evidentemente non sono stati educati a cedere il posto quando si trovano di fronte a qualcuno che ne avrebbe davvero bisogno. I bambini di oggi, invece, se bene-educati fin da piccoli, potrebbero iniziare a dare il buon esempio. Con grande riconoscenza da parte di chi ha più anni anche dei loro nonni.