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Sono sempre più numerose le giovani donne in carriera che, giunte alla soglia dei 35 anni, si rendono conto di trovarsi ormai di fronte a un bivio esistenziale di enorme importanza: mettere in cantiere un figlio rischiando di interrompere il proprio percorso professionale o rinunciare al desiderio più o meno innato di diventare madre? Già, perché dopo i 35 (max 37) anni la fertilità femminile subisce un drastico calo, riversandosi negativamente sulla voglia sempre rimandata di genitorialità.
Crioconservazione degli ovociti
È proprio per questo motivo che sempre più donne in età fertile decidono di ricorrere, per precauzione, alla crioconservazione degli ovociti (o congelamento degli ovuli), una pratica che si è perfezionata in questi ultimi anni e che si sta diffondendo grazie a un’offerta sempre più articolata sia a livello ospedaliero sia presso centri privati accreditati di Pma (procreazione medicalmente assistita).
La novità, però, è che la decisione di ricorrere a questa soluzione non riguarda più solo le coppie con problemi di infertilità, ma anche le donne che, per ragioni personali, desiderano semplicemente rimandare una eventuale gravidanza a un futuro più o meno prossimo in cui si sentiranno più pronte.
Non solo per questioni di salute
Fino ad oggi la maggior parte delle giovani che sono ricorse al congelamento degli ovuli lo ha fatto solo in funzione di problemi di salute. Per esempio in caso di tumori al seno, all’utero o all’ovaio prima di subire chemioterapie o radioterapie che avrebbero rischiato di comprometterne la fertilità. Oppure in caso di predisposizione per famigliarità alla menopausa precoce.
O ancora in caso di seria endometriosi, quando si riduce drasticamente la potenzialità ovarica. Intendiamoci, le motivazioni di salute sono tutt’ora all’origine della decisione di congelare i propri ovuli, ma non sono più le uniche.
Ragioni del social freezing
Oggi si parla tanto di social freezing proprio perché le motivazioni di questa scelta da parte delle potenziali mamme non partono dalle loro condizioni di salute, ma da una loro volontà esplicita e dal loro ruolo nella società. Alcune donne decidono di posticipare la maternità perché non si sentono pronte o perché non hanno ancora un partner “giusto” o magari ce l’hanno ma vogliono godersi la vita come coppia ancora per qualche anno.
Oppure desidererebbero già un figlio, ma le loro attuali condizioni economiche non lo permettono, mentre in un prossimo futuro, chissà, una volta raggiunta una adeguata stabilità lavorativa, potrebbero migliorare…
Vantaggi nell’immediato
Poter congelare i propri ovociti quando sono ancora giovani, sani e fertili e ritrovarli tali e quali magari dopo dieci anni, senza che nel frattempo siano invecchiati, è indubbiamente un primo grandissimo vantaggio. Certo la tecnica – come tutto in campo medico – può comportare qualche rischio e molto dipende anche dall’età del prelievo, ma nel complesso si tratta di un supporto decisamente positivo al servizio della libertà e dell’indipendenza femminile.
Non solo. Poter decidere di rimandare oggi la maternità per affrontarla domani, quando ci si sentirà pronte per questo radicale cambiamento di vita, è indubbiamente un’altra importante conquista per le donne, visto che anche sotto questo aspetto si trovano svantaggiate rispetto ai loro coetanei maschi e ancora una volta per una questione di genere, sia pure dettata dalla natura.
Infatti, se è vero che dopo i 35 anni anche per l’uomo inizia un calo della fertilità, è altrettanto vero che si tratta di un declino molto lento, che non impedisce di procreare anche in età avanzata. Mentre per chi è femmina il limite per portare avanti una gravidanza è subito dietro l’angolo…
C’è infine un terzo vantaggio, sia pure di ordine strettamente etico: se anche si decidesse di non utilizzare i propri ovuli congelati, non verrebbe a crearsi il problema morale di cosa farne, problema che resta invece irrisolto per gli embrioni.
Meglio pensarci per tempo
Di solito chi decide di ricorrere al social freezing lo fa dopo i 30-35 anni, quando ormai il tempo incomincia a stringere: dopo i 38-40 anni, infatti, la fertilità femminile si riduce dell’80 per cento… In pratica, una volta rinviata la maternità, non si ha più davanti tutta la vita per decidere fino a quando.
Ed è noto che più si aspetta e più calano le possibilità di successo. La procreazione assistita (necessaria per fecondare l’ovulo una volta scongelato), infatti, per andare a buon fine dovrebbe essere effettuata in una età ancora potenzialmente fertile, quindi indicativamente non oltre i 48-50 anni. L’ideale, dunque, sarebbe programmare il congelamento ovulare prima dei 30 anni, ma è evidente che, finché si è così giovani, non ci si pensa.
Rovescio della medaglia
In ogni caso, resta il fatto che il congelamento degli ovociti a scopo precauzionale, pur avendo una finalità positiva e pur essendo una tecnica generalmente sicura, è pur sempre un intervento invasivo, che comporta una serie di disagi per chi lo subisce (dalla stimolazione ovarica con overdose di ormoni al prelievo degli ovociti con agoaspirato attraverso la parete vaginale), oltre che di possibili effetti collaterali (reazioni indesiderate, possibilità di danni agli ovociti, rischio di insuccesso della Pma).
Altro dettaglio negativo: il costo
L’intervento necessario per il social freezing si può effettuare sia in alcuni ospedali pubblici sia in centri privati specializzati, ma in ogni caso ha un costo notevole: dai 2000 ai 4000 mila euro (mediamente 3000 euro), che possono arrivare a 7000 a seconda del centro interessato.
A questa cifra vanno poi aggiunti i costi per la crioconservazione degli ovuli, che sono di qualche centinaia di euro all’anno. Va da sé che si tratta di cifre importanti, di cui la maggior parte delle giovani non può disporre. Anche se c’è una tendenza da parte di questi centri a proporre delle tariffe “calmierate”, il più possibile contenute.
Una lodevole iniziativa dalla Regione Puglia
Ha iniziato a dare il buon esempio la Regione Puglia, offrendo alle cittadine interessate alla crioconservazione del proprio capitale ovulare un contributo fino a 3000 euro. L’incentivo è riservato alle giovani fra i 27 e i 37 anni con un Isee pari o inferiore a 30.000 euro, ma è significativo come presa di coscienza di un fenomeno che può aiutare ad arginare il calo demografico in aumento da tempo.
Anche la Regione Toscana sta cercando di portare avanti facilitazioni di questo tipo ed è auspicabile che altre ancora ne seguano l’esempio, fino magari a coinvolgere il Servizio Sanitario a livello nazionale.