No agli schiaffi

Silvia Huen A cura di Silvia Huen Pubblicato il 12/06/2015 Aggiornato il 15/06/2015

E’ cronaca recente la notizia di due maestre della scuola primaria che ricorrevano sistematicamente alle “maniere forti” con gli alunni. Nessun genitore potrebbe mai accettare un simile metodo educativo, ma…

Una maestra di una scuola primaria di Andria è stata giorni fa arrestata e messa ai domiciliari. Aveva il vezzo di mantenere la disciplina in classe a suon di sberle, sgridate, urli e minacce di vario genere.

Poche settimane prima un’altra insegnante della primaria, questa volta in un paese in provincia di Reggio Calabria, è stata sospesa dall’incarico e interdetta per un anno a causa dei ripetuti maltrattamenti (botte, insulti e altro) attuati sugli alunni.

Due casi recenti, sporadici si spera, ma emblematici di un modo di pensare e di agire saldamente radicato nel passato, che continua subdolamente a serpeggiare tra chi si occupa di bambini e a essere considerato valido ed efficace ai fini educativi.

Fortunatamente nessuno si sognerebbe di approvare un simile metodo correttivo da parte di qualsiasi insegnante, ma sono ancora parecchi i genitori che considerano benefico, o per lo meno accettabile, il cosiddetto “schiaffo educativo”.

Certo, è facile pensare che un ceffone o una pacca possano sempre scappare di mano, soprattutto quando siamo esasperati dal reiterato comportamento ribelle di nostro figlio, dal suo atteggiamento di sfida e di provocazione, ma allora vuol dire che è già troppo tardi, che siamo già diventati impotenti, che la sberla è partita perché abbiamo perso la pazienza e non sapevamo più che cosa fare per tenere testa al piccolo tiranno…

Uno schiaffo, pensiamoci un attimo, anche se involontario, non può essere a fin di bene, mai.  Perché è comunque una forma di violenza e con la violenza si ottiene solo (e non sempre) l’ubbidienza coatta nell’immediato, ma non si educa a un comportamento autonomo civile e corretto, non si aiuta il bambino di oggi ad autoplasmarsi nell’adulto di domani.

I genitori sono per il piccolo un modello a tutti gli effetti: se la loro reazione è violenta (non solo in senso fisico ma anche verbale, tipo minacce e grida), il figlio sarà portato a pensare che la violenza sia necessaria per ottenere ciò che si vuole e farà lo stesso a sua volta. Le botte e le scenate sono in realtà l’espressione finale dell’impotenza, del fallimento correttivo.

La vera educazione si fonda sull’ascolto e la vicinanza affettiva, sul dialogo e la condivisione, sulla coerenza e la non-contraddizione, sulla necessità di fissare dei limiti e di rispettarli, sul buon esempio… E’ molto difficile, ma non impossibile. Non a caso il mestiere di genitore (e di educatore in genere) è il più arduo che ci sia.

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