Sharenting: in arrivo la proposta di legge che dice stop all’esposizione dei minori sui social

Alberta Mascherpa A cura di Alberta Mascherpa Pubblicato il 22/03/2024 Aggiornato il 22/03/2024

Avanzata la proposta di legge contro lo sharenting, ovvero l'esposizione dei figli sui social, un fenomeno molto diffuso tra i vip come i Ferragnez. Sentiamo il parere degli esperti e vediamo come è opportuno comportarsi.

Sharenting: in arrivo la proposta di legge che dice stop all’esposizione dei minori sui social

Sembra ci sia nell’aria un cambiamento importante che riguarda finalmente la tutela dei minori e un definitivo stop allo sharenting. È stata infatti presentato da Europa Verde un documento denominato “Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni”, firmato dagli onorevoli Angelo Bonelli, Elisabetta Piccolotti, Nicola Frantoianni e Luana Zanella. Il caso Ferragnez ha infatti fatto riemergere il dibattito sullo sharenting e quindi la sovraesposizione dei figli sui social media.

Lo sharenting è un termine che deriva dall’unione di due termini inglesi: sharing che significa condivisione e parenting che vuol dire genitorialità. Sharenting sta quindi ad indicare la condivisione sui social media di immagini dei propri figli. Possono essere foto su Facebook oppure post e story su Instagram nonché video su Tiktok tutti con protagonisti i minori, a volte soli, a volte insieme ai genitori, ai fratelli, all’intera famiglia. E se a farlo prima erano solo i genitori, oggi anche i nonni, sempre più tecnologici, condividono foto dei nipoti, prevalentemente su Facebook, tanto che si parla di un nuovo fenomeno, il grand-sharenting dove “grand” è l’abbreviazione di “grandparents”, i nonni in inglese.

Cosa dice la nuova proposta di legge

Non tutti, quindi, sono convinti che una nuova legge sia necessaria proprio perché le norme esistono e basterebbe applicarle per tutelare i minori. I promotori del disegno di legge ritengono invece che sia opportuno andare ancora più nello specifico. Nella proposta di legge si chiede infatti che venga introdotta una dichiarazione obbligatoria all’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, da parte dei genitori o di chi ne esercita la potestà in caso di diffusione di contenuti su piattaforme digitali. Si richiede inoltre il deposito su un conto bancario intestato al minore, inaccessibile fino al compimento dei 18 anni, dei guadagni derivati in caso di monetizzazione dell’immagine dei minori. Una richiesta questa che si lega ai timori relativi allo sfruttamento commerciale dei bambini sulle piattaforme social. Per sottolineare quanto sia frequente la mercificazione dell’infanzia, durante la presentazione della legge alla Camera è stata fornita un’ampia raccolta di dati al riguardo, merito della giornalista Serena Mazzini che ha fornito materiale a supporto. Sono stati infatti analizzati oltre cento profili di influencer italiani e portoghesi, come i contenuti che hanno al centro bambini e ragazzi abbiano un tasso di interazione tre volte superiore rispetto ai contenuti dei soli genitori. La proposta di legge chiede poi che le aziende che intendono coinvolgere minorenni in campagne di influencer marketing debbano richiedere l’autorizzazione ai genitori e informare l’Agcom. Ultima richiesta, il diritto all’oblio digitale che consenta ai minori, una volta raggiunti i 14 anni, di chiedere la rimozione dai motori di ricerca di contenuti pubblicati online prima di questa età. Il testo prevede infine l’emanazione di un Dpcm, un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, con disposizioni e linee guida per le piattaforme di condivisione di foto e video proprio per sensibilizzare sui rischi della diffusione dell’immagine dei minori.

Non a caso questa proposta di legge arriva, come dicevamo prima, proprio in concomitanza con la crisi Ferragni-Fedez. La coppia più esposta d’Italia, in odore ormai da tempo di separazione, continua a mostrare i figli sui social, come del resto è sempre stata loro abitudine, ma non più con le classiche foto da famiglia perfetta bensì con scatti singoli pubblicati ognuno sul proprio profilo. Un bimbo da una parte, una bimba dall’altra, uno sull’account di Chiara, l’altra su quello di Fedez, entrambi rigorosamente di spalle. Che sia arrivato il momento di dare uno stop allo sharenting e di non mostrare più i figli sui social? I fatti parlano. Il compleanno di Leo, occasione che fino a poco tempo sarebbe stata la migliore per mostrare una famiglia felice riunita davanti a una torta con sei candeline, ha prodotto solo una serie di scatti singoli postati da ognuno dei due genitori sui propri social.  Ma se a questo può esserci una spiegazione visto che la coppia sembra definitivamente scoppiata, quello che non è sfuggito ai follower, abituati alle dirette con i baby Ferragnez sin dalla sala parto, è il fatto che Leo e Vittoria non vengano più ripresi di viso ma solo di spalle. Un fatto che non solo ha stupito ma ha persino irritato i più accaniti sostenitori, che nei commenti hanno dichiarato di sentirsi per così dire traditi dai loro beniamini, non avendo più la possibilità di seguire le quotidiane vicende di bambini esposti sui social in ogni loro momento, dalla pappa al gioco, dal disegno alla festa di Natale.

È solo improvvisa voglia di privacy? Leggendo tra le righe si può ben comprendere che dietro la scelta di non mostrare più il viso dei bambini ci potrebbe essere il fatto, pur non ancora dichiarato, che la coppia ha intrapreso l’iter per la separazione. E qui entra in gioco la legge. Nel caso di coppie separate, infatti, un genitore non può pubblicare online foto del figlio senza consenso dell’ex-coniuge o comunque dell’ancora coniuge dal quale si sta separando. Nel caso dei minori infatti video, foto, reel e stories possono andare online solo se entrambi i genitori prestano il consenso. Se questo accordo non viene rispettato possono anche partire le diffide e c’è chi sostiene che Fedez potrebbe già essersi mosso in questa direzione diffidando Chiara dall’usare l’immagine dei figli a scopi commerciali o per suscitare compassione nei follower. Ma al di là di un discorso del tutto personale, viene da chiedersi se la vicenda dei Ferragnez possa mettere un freno al fenomeno dilagante dello sharenting. Che, anche grazie a loro, sia davvero arrivato il momento di non mostrare più i figli sui social? Si potrebbe dire ben venga dal momento che lo sharenting non è esente da rischi con non pochi lati oscuri. Vediamo quindi insieme agli esperti di cosa si tratta e quali sono i consigli per i genitori.

Sharenting: significato del fenomeno

I numeri del fenomeno di sharenting fanno subito riflettere. Uno studio europeo ha calcolato infatti che per ogni bimbo vengano messe online ogni anno circa 300 foto, mentre dorme, mangia, va a scuola, gioca al parco, quando ride o quando piange, quando si diverte o al contrario si dispera. Ogni occasione è buona per mostrare il piccolo, con foto spesso corredate di dettagli come il nome del piccolo, l’età, il luogo dove vive, la scuola che frequenta, la località dove trascorre le vacanze. Con il risultato, è un ulteriore dato emerso dallo studio, che prima di spegnere le cinque candeline i genitori hanno già condiviso più di mille foto del figlio.

Il canale privilegiato per la condivisione resta per il 54% dei genitori Facebook mentre il 16% usa Instagram e il 12% Twitter. Molti genitori arrivano a creare “l’impronta digitale” dei loro bambini addirittura prima della nascita postando foto della gravidanza e delle ecografie. Un ulteriore aggiornamento dei dati arriva da un recente studio italiano pubblicato sul Journal of Pediatrics dell’European Pediatrics Association, di cui è primo autore il professor Pietro Ferrara, responsabile del Gruppo di Studio per i diritti del bambino della SIP, Società Italiana di Pediatria. Un recente lavoro, citato nello studio, evidenzia che in media l’81% dei bambini che vivono nei paesi occidentali è presente online prima dei 2 anni, percentuale che negli Usa è pari al 92%, mentre in Europa si attesta al 73%. Dati recenti mostrano che entro poche settimane dalla nascita, il 33% dei bambini ha foto e informazioni pubblicate online.

E un quarto dei bambini nasce digitalmente ancor prima della nascita naturale: negli Stati Uniti il 34% dei genitori pubblica abitualmente ecografie online, mentre in Italia la percentuale si attesta al 15%. La questione è scottante e divide la gente comune così come i volti noti. Mentre Blake Lively e Ryan Reynolds, ad esempio, hanno dichiarato di non voler condividere foto dei figli, al pari di Luca Argentero e Cristina Marino, neo-genitori di Noè Roberto, mentre ad esempio Chiara Ferragni continua a farlo ma anche tante altre mamme vip del 2023. E c’è persino chi come Gwyneth Paltrow si è vista redarguire dalla figlia per aver postato una foto senza il suo permesso.

Quali rischi comporta lo sharenting?

E’ sempre lo studio italiano sopra citato a mettere in guardia dai possibili rischi dello sharenting. Va sottolineato innanzitutto che la maggior parte dei genitori che posta foto dei figli lo fa per il puro piacere di condividere momenti per loro importanti. Non a caso la tipologia di foto riguarda momenti di vita quotidiana, con il bimbo che mangia, dorme e gioca a testimonianza diretta dei suoi progressi nella crescita, oppure uscite e viaggi e infine momenti speciali come il compleanno, il Natale, il primo giorno di scuola condivisi sui social network. «Non va sottovalutato però che questa pratica può associarsi ad una serie di problematiche che principalmente ricadono sui bambini» spiega il professor Ferrara. «Spesso, infatti, i genitori non pensano che quanto condiviso sui social media, a volte anche molto personale e dettagliato, esponga pericolosamente i bimbi ad una serie di rischi, primo fra tutti il furto di identità. Senza contare che informazioni intime e personali, che dovrebbero rimanere private, oltre al rischio di venire impropriamente utilizzate da altri, possono essere causa di imbarazzo per il bambino una volta divenuto adulto (ad esempio in colloqui di lavoro, test di ammissione all’università). Infine, questo tipo di condivisione da parte dei genitori può inavvertitamente togliere ai bambini il loro diritto a determinare la propria identità». Un’indagine su alcuni bimbi svedesi pubblicata nel 2020 ha rilevato al proposito che i bambini, praticamente all’unanimità, volevano che venisse chiesto loro il permesso prima di scattare o condividere foto che li ritraevano.

Lo conferma anche Save the Children che da tempo ha posto l’attenzione sullo sharenting e che in una nota spiega: «L’eccessiva divulgazione di informazioni non coinvolge solo i genitori, ma anche parenti e amici, amplificando l’impatto della diffusione e la perdita (anche nel tempo) di controllo sui contenuti, caratteristici dei social media: si tratta di tracce digitali, su cui i bambini non hanno controllo, ma che vanno a sedimentarsi in rete diventando parte dell’identità digitale dei ragazzi». Uno studio del 2019 ha mostrato che attraverso lo sharenting i genitori possono condizionare il concetto che i figli hanno di se stessi e, soprattutto in un momento molto delicato come quello dell’adolescenza, questo può provocare in loro frustrazione. Le richieste dei ragazzi? I genitori dovrebbero rispettare dei limiti riguardati il tipo di post che viene condiviso, quanto spesso viene fatto e con chi, fermo restando che per tutti gli adolescenti interpellati dallo studio i genitori dovrebbero sempre chiedere il consenso ai figli prima di postare foto.

Il pericolo della pedopornografia

Ma ci sono anche altri rischi del postare foto dei minori sui social. I contenuti pubblicati possono esporli infatti a crimini come il cyberbullismo e il childgrooming, una forma di adescamento che consiste nel coltivare un rapporto di amicizia con il piccolo per abbassare le sue difese e arrivare all’ abuso sessuale. C’è poi il rischio che i contenuti privati finiscano direttamente su siti pedopornografici. Ed è un rischio concreto, confermato dai dati. Un’indagine condotta dall’eSafety Commission australiana ha evidenziato come circa il 50% del materiale presente su questi siti provenga dai social media dove era stato precedentemente condiviso da utenti per lo più inconsapevoli di quanto facilmente potesse essere scaricato, non solo da amici, ma anche da estranei.

Gianluigi Bonanomi, giornalista e formatore che gira l’Italia facendo workshop sull’utilizzo di una tecnologia consapevole e che ha scritto il libro “Sharenting. Genitori e rischi della sovraesposizione online” sostiene che di fronte questi dati, sia pur reali, i genitori spesso si mostrano poco consapevoli se non addirittura scettici.

Ecco perché prestare attenzione

Postare foto e altri contenuti dei figli non è quindi esente da una serie di rischi e implicazioni e ci sono alcune regole che andrebbero seguite, nel caso si voglia procedere con una condivisione.

Vediamo insieme alcune implicazioni anche molto complesse che si possono così riassumere:

  • violazione della privacy e della riservatezza dei dati personali (e spesso sensibili): la privacy è un diritto non solo degli adulti, ma anche per i bambini e le bambine, come sancito anche dalla Convenzione dei diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza e più recentemente dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Un bambino piccolo, quando viene condivisa una sua foto, non è in grado di capire cosa sta accadendo: a livello legale si tratta in tutto e per tutto di una violazione delle privacy.
  • mancata tutela dell’immagine del bambino/a: la condivisione sul web di una foto può diventare virale e sfuggire al controllo dei genitori.  L’identità digitale ha effetti concreti e reali sul futuro dei figli, soprattutto considerando la permanenza dei contenuti online e la possibilità di essere a disposizione di chiunque.
  • ripercussioni piscologiche sul benessere dei piccoli: i bimbi crescono e, una volta adolescenti, si trovano a dover fare i conti con una serie di contenuti che li riguardano, di cui probabilmente non erano neanche consapevoli. Quando diventati più grandi i figli cominciano a navigare autonomamente si trovano a dover fare i conti dovranno fare i conti con un’identità digitale costituita anche da immagini molto intime su cui non hanno effettuato scelte o consensi.
  • rischio di diffondere contenuti utili ad alimentare materiali pedopornografici: foto o video innocenti ma intime possono essere condivisi da chiunque; sono possibili gli screenshot degli schermi; possono essere scaricati e collocati in altri ambienti online da chiunque e per altri scopi. Non si ha certezza del tipo di uso che verrà fatto da altri dei materiali condivisi. Inoltre con l’ausilio di semplici programmi di photo editing accessibili a chiunque si possono “manipolare” le immagini, trasformandole appunto in materiale pedopornografico.
  • rischio di adescamento: i dati sensibili dei minori offrono materiale utile nei processi di avvicinamento e adescamento online.

Sharenting in Francia

Anche se i genitori sono nella maggior parte dei casi inconsapevoli dei rischi che si corrono postando online foto e informazioni sui minori, va sempre tenuto presente che il gesto ha implicazioni che riguardano questioni relative alla tutela dell’immagine del minore, alla riservatezza dei dati personali, alla sicurezza digitale e personale. Non a caso in Francia è in discussione in Parlamento una proposta di legge che vorrebbe limitare la condivisione di foto dei figli online. La proposta, sostenuta dal partito che esprime l’attuale presidente Emmanuel Macron, ha l’intento di far comprendere ai genitori quanto sia importante che siano loro stessi per primi a tutelare la privacy dei loro figli. La proposta di legge lo precisa nei primi due articoli nei quali viene ribadito che la protezione della vita privata è uno dei compiti dei genitori e che i figli devono essere consapevolmente associati alle scelte che li riguardano, anche in tema di divulgazione delle immagini. Nella legge francese si ipotizzano pene pesanti per i genitori che persistono nello sharenting, dalle multe fino al caso estremo di perdita della patria potestà. La questione è stata affrontata anche in Svizzera dove la piattaforma nazionale Giovani e media dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali svizzere ha deciso di portare l’attenzione sull’importanza di proteggere i bambini e la loro sfera privata in Internet con un’iniziativa della durata di un mese. Su @Insta4Emma gli utenti di Instagram hanno potuto seguire la piccola Emma, sette anni, che attraverso i post pubblicati sul suo profilo li ha spinti a riflettere sul loro comportamento nei media sociali.

Sharenting in Italia fino alla nuova proposta di legge

Dopo la Francia, anche l’Italia ha già da qualche tempo messo in luce la necessità di intervenire in materia di sharenting. Nel novembre scorso, la Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza Carla Garlatti ha sollecitato per lo sharenting l’applicabilità delle disposizioni in materia di cyberbullismo che consentono ai minorenni di chiedere direttamente la rimozione dei contenuti. Cosa per altro già successa. Il Tribunale di Mantova nel 2017 ha condannato una madre che si rifiutava di eliminare dai social la foto dei figli. «L’inserimento di foto di minori su social network» ha spiegato il giudice «costituisce comportamento potenzialmente pregiudizievole per essi in quanto ciò determina la diffusione delle immagini fra un numero indeterminato di persone, conosciute e non, le quali possono essere malintenzionate e avvicinarsi ai bambini dopo averli visti più volte in foto on-line, non potendo inoltre andare sottaciuto l’ulteriore pericolo costituito dalla condotta di soggetti che taggano le foto on-line di minori e, con procedimenti di fotomontaggio, ne traggono materiale pedopornografico da far circolare fra gli interessati, come ripetutamente evidenziato dagli organi di polizia. Il pregiudizio del minore è dunque insito nella diffusione della sua immagine sui social network sicché l’ordine di inibitoria e rimozione va impartito immediatamente». Il Tribunale di Mantova aveva anche stabilito che postare foto dei figli rappresenta “integra violazione della «tutela dell’immagine»”, contemplata dall’articolo 10 del codice civile, della «tutela della riservatezza dei dati personali», prevista dal Codice della privacy, nonché della Convenzione di New York nel punto in cui stabilisce che «nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza e neppure di affronti illegali al suo onore e alla sua reputazione» e che «il fanciullo ha diritto alla protezione della legge contro tali interferenze o tali affronti». Un caso analogo è stato trattato anche dal Tribunale di Trani nel 2021: una madre separata aveva pubblicato alcuni video della figlia di 9 anni su TikTok. Il giudice ne ha disposto la rimozione d’urgenza e ha condannato la madre a pagare 50 euro per ogni giorno di avvenuta violazione e di ritardo nell’esecuzione del provvedimento giudiziario, con la richiesta che il denaro fosse versato su un conto corrente intestato alla minore.

Il Codacons, Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, sottolinea che in Italia le norme che vietano di pubblicare sui social le foto dei minori esistono già, ma nessuno le applica. E’ lo stesso autore dello studio sopra citato, il professor Ferrara, a precisare che «nel nostro ordinamento l’immagine della persona è tutelata da diverse norme: la legge sul diritto d’autore che prevede che nessun ritratto di una persona possa essere esposto senza il consenso di quest’ultima; l’articolo 10 del codice civile, che consente la richiesta di rimozione di un’immagine che leda la dignità di un soggetto con conseguente possibilità di risarcimento danni. Va, però, anche evidenziata un’ambiguità delle normative che proteggono l’immagine in quanto si parla di ‘consenso dell’interessato’ che, nel caso di minore, deve essere offerto dal suo rappresentante legale (articolo 316 del Codice Civile), cioè proprio il genitore».

Sharenting: cosa ne pensa l’esperto?

«I pediatri sono figure centrali per sensibilizzare i genitori sui pericoli associati alla condivisione online. Per proteggere la privacy dei bambini, alle famiglie può essere spiegato quali siano le possibili strategie difensive. È importante supportare le mamme e i papà, bilanciando la naturale inclinazione a condividere con orgoglio i progressi dei figli con l’informazione sui rischi connessi alla pratica dello sharenting» afferma la presidente SIP, dottoressa Annamaria Staiano. Proprio per questo la SIP propone cinque consigli che possono essere d’aiuto ai genitori per garantire a bambini e adulti un ambiente digitale sicuro.

  1. Essere consapevoli che lo sharenting è una pratica sempre più diffusa, ma non per questo bisogna sottovalutarne i potenziali pericoli. Condividere immagini, video e qualsiasi tipo di contenuto che abbia come protagonisti i bambini significa, infatti, costruire il “dossier digitale” di un bambino senza il suo consenso e senza che lui ne sia a conoscenza.
  2. La condivisione sui social media di materiali e informazioni riguardanti i propri figli deve prevedere una certa cautela e, in molte occasioni, l’anonimato, perché quanto condiviso in maniera dettagliata e personale, come la localizzazione o il nome completo, potrebbe esporre pericolosamente i bambini ad una serie di rischi, primo fra tutti il furto di identità.
  3. Non condividere immagini dei propri figli in qualsiasi stato di nudità. Queste immagini dovrebbero rimanere sempre private per il rischio potenziale che possano essere impropriamente utilizzate da altri.
  4. Attivare notifiche che avvisino i genitori quando il nome dei loro figli appare nei motori di ricerca.
  5. Rispettare il consenso e il diritto alla privacy dei minorenni, quindi familiarizzare con la policy relativa alla privacy dei siti sui quali si condividono contenuti. L’articolo 31 della Costituzione “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo” e la Convenzione Internazionale su diritti dell’infanzia e dell’adolescenza sottolinea come debba necessariamente essere data preminenza agli interessi e alla dignità del minorenne

Dal canto suo anche il Garante Privacy, l’autorità di controllo designata ai fini dell’attuazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali, ha stilato un vademecum per i genitori nel momento in cui decidano di pubblicare foto dei figli:

  • rendere irriconoscibile il viso del minore (ad esempio, utilizzando programmi di grafica per “pixellare” i volti, disponibili anche gratuitamente online)
  • coprire semplicemente i volti con una “faccina” emoticon
  •  limitare le impostazioni di visibilità delle immagini sui social network solo alle persone che si conoscono o che siano affidabili e non le condividano senza permesso nel caso di invio su programma di messagistica istantanea
  • evitare la creazione di un account social dedicato al minore
  •  leggere e comprendere le informative sulla privacy dei social network su cui si caricano le fotografie
 
 
 

In breve

Con il termine di sharenting si indica l’abitudine, sempre più diffusa e non solo tra i personaggi famosi, di postare foto e contenuti sensibili riguardanti i figli. Un fenomeno che comporta una serie di rischi che i genitori spesso non tengono in considerazione nel momento in cui immettono in rete dati che finiscono per essere condivisi da un numero elevato di persone e che possono mettere in pericolo il minore esponendolo a una serie di pericoli, non ultimo quello della pedopornografia. In Italia la nuova proposta di legge fa ben sperare in un cambiamento definitivo.

 

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